Antonio Baylos *
Il giudizio positivo sulle riforme del lavoro in Spagna, assunte dalla Commissione europea come un esempio, è privo di senso. La loro caratteristica è il progressivo smantellamento dei diritti e il deterioramento delle condizioni di vita dei lavoratori.
La politica del governo del Partito popolare in Spagna é propagandato come un esempio da seguire da parte delle autorità europee, dai datori di lavoro e dai gruppi finanziari spagnoli. Tra i leader europei ai quali viene proposto vi è ora Matteo Renzi, il nuovo presidente del Consiglio dei Ministri italiano.
Il giudizio positivo su queste riforme è tuttavia un arcano per chi vive e lavora in Spagna. Esse si basano essenzialmente sulla riduzione dei salari e dell'occupazione e sulla compressione della spesa sociale. E’ stata questa l’essenza delle riforme strutturali del Partito popolare, una volta conquistata la maggioranza assoluta nel Parlamento.
Perché le riforme siano considerate un successo rimane un enigma. Da un punto di vista macroeconomico, abbiamo assistito nel 2012, all’aumento del deficit di bilancio, a dispetto del fatto che con un patto bipartisan, comprendente il Partito Socialista, sia stata inserita nella costituzione la regola suicida del pareggio di bilancio.
Per quanto riguarda i salari, la politica del Partito popolare ha proseguito e intensificato la campagna lanciata dal governo socialista nel 2010, con un generale abbassamento del livello salariale dei lavoratori spagnoli. Il governo del P.P. esalta la diffusa svalutazione dei salari come rimedio contro la precedente " rigidità ", ma è noto che le statistiche sono state manipolate in modo da occultare l’inizio del declino a partire dalle prime riforme del 2010.