lavoro

Occupazione e produzione, la ripresa non c’è

 

 L’altalena di dati e numeri degli ultimi giorni non lascia dubbi sull’andamento dell’economia reale del Paese. Nessun segno positivo di cambio di rotta dal mercato del lavoro

  di Valeria Cirillo *


L’altalena di dati e numeri degli ultimi giorni non lascia dubbi sull’andamento dell’economia reale del Paese. Nessun segno positivo di cambio di rotta dal mercato del lavoro, piuttosto tendenziale stabilità nel periodo dicembre-febbraio rispetto ai tre mesi precedenti secondo la nota diffusa dall’Istituto Nazionale di Statistica martedì 31 marzo.

Nel complesso la disoccupazione torna a crescere nel mese di febbraio con un tasso di disoccupazione al 12,7% (14,1% per le donne e 11,7% per gli uomini) e gli occupati diminuiscono di 44 mila unità rispetto a gennaio. Donne (-42 mila unità su gennaio) e giovani tra i 15 e i 24 anni (-34 mila su gennaio) i più colpiti. Anche il tasso di occupazione, pari al 55,7% (46,8% per le donne), cala di 0,1 punti percentuali nell’ultimo mese, a fronte di un aumento dei disoccupati dello 0,7% su base mensile e del 2,1% su base annuale (+67 mila). Il numero di individui inattivi fra i 15 e i 64 anni è lievemente aumentato nell’ultimo mese (+0,1%), sebbene in declino su base annua dell’1,4%.
 

Jobs Act: la legge degli inganni

di Umberto Romagnoli *

Reticenza e ambiguità di un provvedimento destinato ad accrescere precarietà e diseguaglianza nel mondo del lavoro.

 La delega legislativa in materia di lavoro, che esperti della comunicazione hanno denominato Jobs Act aspettandosi (chissà perché) che l’anglicismo ne avrebbe aumentato la popolarità, si compone di circa duecento righe. Soltanto un paio di esse, però, ha polarizzato il dibattito pubblico che ha preceduto l’approvazione parlamentare. Eccole: “previsione, per le nuove assunzioni, del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio” (catuc, secondo  un acronimo che avrà fortuna perché fa risparmiare tempo e spazio). Poiché non permettevano di scrutare le reali intenzioni né del legislatore delegante né del legislatore delegato, è plausibile che le abbia vergate la mano truffaldina di un uomo (o una donna, non si sa) con gli occhi di Bambi convinto che l’art. 76 cost. sia scritto sull’acqua: qual’era l’oggetto della delega legislativa? che uso avrebbe fatto il legislatore delegato (ossia, il governo) della sua discrezionalità decisionale? quali sarebbero state le tutele del lavoratore destinate a crescere col trascorrere degli anni?
 

Pacco di Natale per i lavoratori

  di Massimo Franchi *

 

Jobs act. Il nuovo contratto a tutele crescenti cancella l’articolo 18 e, allargando la normativa ai licenziamenti collettivi, apre la strada alle discriminazioni. Inserito a sorpresa nel decreto il contratto di ricollocazione con cui le agenzie interinali private cercheranno lavoro ai licenziati, incassando un voucher in caso di riassunzione.
  
La «rivo­lu­zione coper­ni­cana» di Mat­teo Renzi è stata un regalo di natale assai sgra­dito per i lavo­ra­tori ita­liani, spe­cie se gio­vani, seb­bene non con­tenga due delle «por­cate» che i pro­fes­so­roni della destra vole­vano inse­rire. Nel primo decreto del Jobs act sul con­tratto a tutele cre­scenti che andrà pro­gres­si­va­mente a sosti­tuire il con­tratto a tempo inde­ter­mi­nato, varato alla vigi­lia di natale dopo un con­si­glio dei mini­stri tutt’altro che sereno, dell’articolo 18 rimane sola­mente un filo fle­bile ed isolato.
 

Lavoro "a tutele crescenti": ma cos’è che cresce?

di Lorenzo Zoppoli *

Il nuovo contratto a "tutele crescenti" riduce le garanzie e, invece di semplificare, complica ancor di più il panorama normativo del mondo del lavoro.
 
1.    Con l'approvazione delle legge delega sul c.d. Jobs Act pare imminente il varo di un nuovo tipo contrattuale per l'assunzione dei lavoratori, il contratto a tutele crescenti (di seguito: Catuc).  A tale contratto dovrebbe essere dedicato, in tutto o in parte, il primo dei decreti legislativi ai quali è affidato il completamento di una riforma dai tratti ancora generici, nonostante le precisazioni introdotte nella norma di delega, dovute al travagliato iter parlamentare e all'inquietudine sociale e politica manifestata in vari modi  (tre letture in Parlamento; due voti di fiducia richiesti dal Governo; dibattiti infuocati sui mass media; una paio di importanti scioperi nazionali, di cui uno generale; astensionismo alle stelle nelle elezioni regionali calabresi ed emiliane).

Gli effetti nefasti del Jobs Act

di Luciano Gallino *


Uno dei principali esiti del Jobs Act, a danno dei lavoratori, sarà la liquidazione di fatto del contratto nazionale di lavoro (cnl), in attesa di una legge — di cui il governo parlerà, sembra, a gennaio — che ne sancisca anche sul piano formale la definitiva insignificanza rispetto alla contrattazione aziendale e territoriale.

D’altra parte la strada verso tale esito nefasto era già stata tracciata dagli accordi interconfederali del giugno 2011 e del novembre 2012 (non firmato dalla Cgil). In essi venivano assegnate al cnl dei compiti del tutto marginali rispetto alla sua funzione storica: che sta nel difendere la quota salari sul Pil, cioè la parte di reddito che va ai lavoratori rispetto a quella che va ai profitti e alle rendite finanziarie e immobiliari. Grazie al progressivo indebolimento del cnl, dal 1990 al 2013 tale quota è diminuita in Italia di circa 7 punti, dal 62 per cento al 55. Si tratta di oltre 100 miliardi che invece di andare ai lavoratori vanno ora ogni anno ai possessori di patrimoni, dando un contributo di peso all’aumento delle disuguaglianze di reddito e di ricchezza.

 

Già 300 i morti sul lavoro nei primi sei mesi del 2014

di Carlo Soricelli *

Nei primi 6 mesi del 2014 sono morti sui luo­ghi di lavoro 300 lavo­ra­tori, tutti docu­men­tati in appo­siti file. Se si aggiun­gono i morti sulle strade e in iti­nere si supe­rano i 600 morti. L’aumento dei morti sui luo­ghi di lavoro rispetto ai primi 6 mesi del 2013 è del 12%.La cosa che sgo­menta di più è che par­lano sem­pre di cali incre­di­bili tutti gli anni, men­tre non è affatto vero, se si pren­dono in con­si­de­ra­zione tutte le morti sul lavoro regi­striamo un aumento anche rispetto ai primi sei mesi del 2008, anno in cui è stato aperto l’Osservatorio. Un aumento pic­colo ma signi­fi­ca­tivo del 2,4%. Rispetto all’anno scorso, un aumento incre­di­bile che non suscita però nes­suna emo­zione in chi ci governa.
Pra­ti­ca­mente nono­stante l’opinione pub­blica pensi il con­tra­rio a causa della pro­pa­ganda, anche gover­na­tiva di chi si è suc­ce­duto nel corso di que­sti sette anni, i morti sul lavoro non sono mai calati e que­sto nono­stante si siano persi milioni di posti di lavoro. In que­sto momento del 2014 l’agricoltura col 42% del totale ha un picco incre­di­bile delle morti.
 
 

Riforme del lavoro: Il cattivo esempio spagnolo

Antonio Baylos *

  Il giudizio positivo sulle riforme del lavoro in Spagna, assunte dalla Commissione europea come un esempio, è privo di senso. La loro caratteristica è il progressivo smantellamento dei diritti e il deterioramento delle condizioni di vita dei lavoratori.

  La politica del governo del Partito popolare in Spagna é propagandato come un esempio da seguire da parte delle autorità europee, dai datori di lavoro e dai gruppi finanziari spagnoli. Tra i leader europei ai quali viene proposto vi è ora Matteo Renzi, il nuovo presidente del Consiglio dei Ministri italiano.
Il giudizio positivo su queste riforme è tuttavia un arcano per chi vive e lavora in Spagna. Esse si basano essenzialmente sulla riduzione dei salari e dell'occupazione e sulla compressione della spesa sociale. E’ stata questa l’essenza delle riforme strutturali del Partito popolare, una volta conquistata la maggioranza assoluta nel Parlamento.

Perché le riforme siano considerate un successo rimane un enigma. Da un punto di vista macroeconomico, abbiamo assistito nel 2012, all’aumento del deficit di bilancio, a dispetto del fatto che con un patto bipartisan, comprendente il Partito Socialista, sia stata inserita nella costituzione la regola suicida del pareggio di bilancio.
Per quanto riguarda i salari, la politica del Partito popolare ha proseguito e intensificato la campagna lanciata dal governo socialista nel 2010, con un generale abbassamento del livello salariale dei lavoratori spagnoli. Il governo del P.P. esalta la diffusa svalutazione dei salari come rimedio contro la precedente " rigidità ", ma è noto che le statistiche sono state manipolate in modo da occultare l’inizio del declino a partire dalle prime riforme del 2010.
 

Crisi, gli italiani scappano in Germania

 Gli italiani preferiscono la Germania

 

Secondo i dati diffusi da Destatis, l'Istituto federale di statistica, nel 2012 si sono registrate ben 42 mila partenze dal nostro Paese verso quello tedesco. In pratica il flusso di nostri concittadini decisi a trasferirsi in terra di Germania è cresciuto del 40%. Le persone che decidono di emigrare in Germania hanno spesso una caratteristica ben precisa: sono giovani e con un alto livello culturale e professionale, spesso anche in possesso di una laurea. A lasciare il nostro Paese, inoltre , è spesso la manodopera altamente qualificata destinata a colmare le carenze, soprattutto nel settore sanitario e informatico, nel sistema produttivo tedesco. Nel 2011 gli italiani che partirono per la Germania furono poco più di 30 mila. Per trovare un dato alto come quello del 2012, dunque, bisogna tornare al 1996 quando oltre 45 mila nostri connazionali volarono verso Berlino. Da allora il flusso migratorio italiano ha subito forti rallentamenti registrando un'inversione di tendenza solo dal 2007.


Quanti bimbi ha ucciso il mio cellulare?

 "E 'possibile che due bambini siano morti per farti avere l'ultimo modello di cellulare", spiega Jean-Bertin, 34 anni, attivista congolese in un'intervista rilasciata a IPS News.

Jean-Bertin ha un obiettivo: porre fine al silenzio sui crimini commessi nel suo paese nello sfruttamento di materie prime strategiche, materiali come il coltan. Nella Repubblica Democratica del Congo (RDC) s trova oltre il 64 per cento delle riserve mondiali di coltan, il nome colloquiale africano per un materiale nero opaco composto da due minerali, columbite e tantalite.

27 ottobre: NO Monti Day

  di Giorgio Cremaschi *


Dopo l'annuncio della ricandidatura di fatto di Mario Monti il palazzo della politica ha accusato il colpo.
In fondo molti nel centro destra e nel centro sinistra speravano di passare le elezioni facendo finta di niente, presentando il governo dei tecnici come una breve parentesi all'interno delle solite alternanze della seconda repubblica.

Ma la realtà è come sempre più forte. Le controriforme sociali sono tutte passate con voto bipartizan e in più lo stesso schieramento ha già impegnato le prossime legislatura per almeno vent'anni.