diritti civili

Alle elezioni! Alle elezioni!

C'è una coppia che scoppia dalla voglia di elezioni. I nomi della coppia in fregola li sanno tutti, ma per correttezza di informazione è bene ripeterli, sono Renzie e Berlusconi. Ogni discussione sulle emergenze del Paese, ormai travolto dal debito pubblico e dalla disoccupazione, è passata in cavalleria. Tagli alla spesa non si vedono all'orizzonte, dal finanziamento ai partiti, a quello dei giornali, all'eliminazione delle Province, tutte spese di cui il M5S ha chiesto l'abolizione in Parlamento senza alcuna risposta. Interventi a favore della piccola e media impresa, come l'eliminazione dell'IRAP e la defiscalizzazione degli investimenti, sono assenti dalla discussione politica.

 

Elezioni! Elezioni! Non si parla d'altro, come sempre per non parlar di nulla. Alla spagnola, alla tedesca mista all'inglese, con premio alla finlandese con il triplo turno carpiato. La coppia Berlusconi&Renzie, che sembrano sempre di più padre e figlio, vuole, a parole, fortissimamente vuole le elezioni.

Il parlamento del capo

  di Massimo Villone *

Legge elettorale. A prima lettura, le tre proposte di legge elettorale avanzate da Renzi sono volte a un bipolarismo blindato e al controllo delle camere da parte dell’uomo solo al comando.


Renzi accelera. Ma per andare dove? L’infelice bat­tuta su Fassina è un passo falso del nuovo segretario, e un momento di verità sul PD e sul suo gruppo dirigente. Che mette subito ai blocchi di partenza la legge elettorale. Tre le proposte: un Mattarellum modificato, con il 75% di collegi uninominali maggioritari, 15% di premio di maggioranza, 10% di diritto di tribuna; un sistema similspagnolo, maggioritario con collegi piccoli o piccolissimi e miniliste bloccate.E un modello similsindaci, con elezione sostanzialmente diretta del capo del governo, e conseguente trascinamento della lista o coalizione collegata al premier vincente al 60% (o forse 55%) dei seggi nell’assemblea elettiva.


Bisognerà leggere i testi per una valutazione definitiva. A prima lettura, le proposte, tutte, sono volte a un bipolarismo blindato e alla realizzazione dell’obiettivo di avere dal giorno del voto un vincitore certo non solo nel voto popolare, ma anche, e soprattutto, nei numeri parlamentari. L’uomo solo al comando, eletto con la sua maggioranza per garantirgli di governare per la durata del mandato. Potremmo anzitutto notare che la democrazia di mandato ha già per circa un ventennio dimostrato di non funzionare. Ma soprattutto oggi colpisce l’attenzione che il sistema non sia più bipolare, e che la Corte costituzionale abbia dichiarato l’illegittimità del Porcellum. Di questi, pur decisivi, elementi di novità le proposte avanzate non sembrano tenere alcun conto.

Giovani, la nave affonda ed i topi ballano

 Nicola Cacace persevera per fare breccia nella testa di politici e sindacalisti. Confronta i dati dei paesi europei per quanto riguarda l’occupazione, gli orari, la disoccupazione dei giovani. Nell’ultimo suo articolo “Giovani, la nave affonda e i topi ballano” rilancia quattro proposte per fermare la recessione e la disoccupazione. Verso il termine scrive “..Il mio articolo amaro potrebbe finire qui se non mi sentissi, anch´io, responsabile del disastro in cui abbiamo spinto figli e nipoti. Anche se il motto "quieta non movere" è quello dominante nelle teste di troppi responsabili, politici, sindacalisti ed imprenditori, le vie d´uscita ci sono, quelle seguite dai paesi nordici più Olanda, Germania, Austria e Francia, che spendono più di noi per istruzione e ricerca, hanno ore di lavoro annuo più corte, hanno modernizzato i servizi, che noi colpevolmente trascuriamo ed hanno combattuto le diseguaglianze. Più eguali e più ricchi è stato il loro motto ed il tempo di vita non è da oggi individuato dai saggi come la vera fonte di felicità”. ( da www.sindacalmente.org )


di Nicola Cacace *

Mentre nascite ed occupati continuano a calare, il paese ad invecchiare ed impoverirsi, politici, imprenditori e sindacalisti ballano come gli indiani che invocavano la pioggia ed i passeggeri del Titanic che festeggiavano l´arrivo. Continuano ad invocare "più lavoro", senza un briciolo di idea nuova atta a crearlo. Oggi nei paesi industriali non c´è lavoro per tutti a parità di orari, perché la produzione, il Pil, è destinato mediamente a crescere meno della produttività (spinta dall´elettronica e dai nativi digitali).

“Reddito di cittadinanza”, l’ipotesi dei 5 stelle

di Roberto Ciccarelli *

Dopo sette mesi di elaborazione, il Movimento 5 Stelle ha formulato una proposta di legge sul «reddito di cittadinanza» che sarà sottoposta alle valutazioni dei 90 mila iscritti al portale del movimento entro il 30 giugno 2013 tramite una piattaforma online attiva da due settimane. La bozza sottoscritta dai deputati 5 Stelle è composta da 19 articoli e due allegati e prevede una soglia per il «reddito di cittadinanza» pari a 7200 euro annui, 600 euro netti mensili.

Le risorse per finanziare il provvedimento ammonterebbero a 20 miliardi di euro all’anno (qualcuno dice anche 30), reperibili dai tagli alle spese militari e alle pensioni d’oro, dal pagamento dell’Imu da parte della Chiesa cattolica e da una maggiore tassazione del gioco d’azzardo. In un video diffuso sul blog di Beppe Grillo, i deputati Marco Baldassarri, Daniele Pesco, insieme alla senatrice Nunzia Catalfo, si sono mostrati particolarmente soddisfatti. «Finalmente ce l’abbiamo fatta – ha detto Baldassarri – dopo mesi di confronto con cittadini, esperti, associazioni». «Il singolo avrà a disposizione 600 euro – ha affermato Pesco – dopo aver dato la propria disponibilità a lavorare al centro dell’impiego». Il confronto con le «associazioni» e gli «esperti» è avvenuto, come dimostra la bozza della proposta di legge. Lo si vede dall’importo complessivo della misura, 600 euro mensili e non mille come preannunciato da Grillo in campagna elettorale. Questa cifra corrisponde al 60% del reddito mediano come previsto dalla risoluzione del Parlamento europeo del 10 ottobre 2010.

Pussy Riot, la leader Nadia spedita in un campo di lavoro in Siberia

 Nadezhda Tolokonnikova, una delle due componenti in carcere della band punk femminista russa Pussy Riot, è sulla strada di un penitenziario in Siberia. L'ha affermato oggi il marito Pyotr Verzilov con un post su Twitter, dopo due settimane di incertezza su quale fosse la sua nuova destinazione.

 

Tolokonnikova due settimane fa aveva ottenuto il trasferimento dal carcere delle Mordovia in cui si trovava a seguito di un lungo sciopero della fame, che l'aveva portata in ospedale, e della denuncia della minacce ricevute in cella. Ma di lei nel corso del trasferimento si erano perse le tracce. Ora secondo Verzilov «essenzialmente viene trasferita a 4.500 km dalla Russia centrale, nel cuore della Siberia, come punizione per la diffusione della lettera» nella quale ha denunciato gli abusi nella prigione dove era detenuta. Verzilov ha rivelato che la 24enne Nadja è in corso di trasferimento in una colonia penale, la numero 50, nella remota regione di Krasnoyarsk, nella cittadina di Nizhny Ingash, a circa 300 km dal capoluogo, a quattro ore di fuso orario da Mosca, lungo la famosa ferrovia transiberiana. Tolokonnikova sconta come un'altra delle tre componenti del gruppo una condanna a due anni di carcere per aver inscenato a febbraio 2012 una preghiera anti-Putin della cattedrale di Cristo salvatore a Mosca.

Il dramma dei minatori-bambini

 di Valentina Spotti *


Indossano solo una maglietta e dei sottili pantaloni di cotone, ai piedi soltanto dei semplici stivaletti di gomma. Niente elmetti, niente cuffie di protezione, riescono a farsi strada con una piccola torcia tenuta ferma con uno straccio sulla fronte. In India, il lavoro minorile nelle miniere è proibito dalla legge e ragazzini di quell’età dovrebbero essere a scuola. Invece eccoli qui, mentre sfidano la morte ogni minuto della loro giornata.


NELLE VISCERE DELLA TERRA - È il New York Times a compiere il viaggio dell’orrore nelle miniere di carbone di Khliehriat, nello stato del Meghalaya, nella parte più orientale del paese: una distesa isolata e schiacciata tra Cina, Bhutan, Bangladesh e Myanmar, dove gli abitanti sono culturalmente ed etnicamente più vicini alla Cina che all’India. Il sottosuolo è ricco e le persone che vivono a Khliehriat sono così povere che, per sopravvivere, affrontano ogni giorno la discesa nelle viscere della terra.

I No Tav di Gezi Park

di Guido Viale


Non era passato un giorno dalla trasmissione, a Ballarò, di un filmato sul rinnovamento urbanistico di Istanbul (un terzo ponte sul Bosforo, un tunnel che lo attraversa sotto il mare, un nuovo canale che lo duplica, case di lusso, alberghi a cinque stelle, immensi centri commerciali) e di un duetto tra Giovanni Floris e Alessandro Sallusti che deprecavano che in Turchia le cose si potessero fare “in sei mesi” mentre in Italia non si riesce a fare una galleria tra Torino e Lione da ventitré anni per l’ideologia retrograda degli abitanti della valle di Susa, quando è scoppiata la rivolta di Gezi Park: tantissima gente, soprattutto giovani, abitanti della nuova Istanbul, che al grido “No a una città come Dubai”‘, si oppongono al taglio degli alberi del parco e alla demolizione del vecchio bazar per costruire al suo posto un immenso centro commerciale e un grande hotel.

 

Sembra che le Grandi Opere non siano più popolari neanche là. Infatti la rivolta si è subito estesa a tutto il paese: mentre scrivo le città coinvolte sono oltre settanta; i morti cinque; i feriti – dalla polizia – migliaia e altrettanti gli arrestati. Il tumulto non accenna a placarsi. I media si consolano spiegando che si tratta di una rivolta contro Erdogan e la deriva islamica del suo regime tirannico; e in parte è vero. Ma resta il fatto che gli occupanti di Gezi Park non vogliono che gli alberi vengano abbattuti; non vogliono che al posto del parco venga costruito un centro commerciale; non vogliono vivere in una città come Dubai, invidia dei modernizzatori a suon di cemento e asfalto di tutto il mondo.

 

Le elezioni e il miracolo di San Gennaro

L’Italia procede un passo per volta, apparentemente in modo inesorabile, verso il superamento del regime democratico, repubblicano e costituzionale, a favore di una diversa società dove la democrazia rappresentativa diventa un rituale truccato in cui una specie di nuovo “partito unico” (l’oligarchia collusiva) esercita il pieno controllo dei media, assolve se stesso da qualunque responsabilità sui disastri passati e futuri, concentra il fuoco su qualunque possibile forma di dissenso e di cambiamento; nelle elezioni come nel territorio, nella società come nei luoghi di lavoro, dove a diritti e doveri si sostituiscono subalternità e precarietà.

La postdemocrazia nella versione italiana della crisi ha caratteristiche speciali rispetto ad altri paesi del sud-europa. In Grecia si sbaracca la TV pubblica, ultimo modesto baluardo dell’ informazione che diventa una merce privata, in Turchia la difesa di un parco destinato alla speculazione mostra il vecchio autoritarismo nascosto dietro un islamismo moderato di facciata. In Italia l’astensionismo elettorale, come il miracolo di San Gennaro, dà nuova linfa a partiti boccheggianti che, quasi increduli, hanno “ vinto” una partita disperata, dove si perde milioni di voti e si vince migliaia di seggi,

La Francia istituisce il reato di “schiavitù moderna”

 di Anna Maria Merlo *

Attraverso il voto di un emendamento presentato dal Ps – e votato anche a destra – l’Assemblea nazionale francese ha introdotto nel codice penale il reato di “schiavitù moderna”.

Sarà punibile fino a 15 anni di carcere, 20 se ci sono aggravanti, il “fatto di esercitare su una persona gli attributi del diritto di proprietà o di mettere una persona in uno stato di assoggettamento continuo, costringendola a prestazioni di lavoro o sessuali o alla mendicità o a qualsiasi prestazione non remunerata”. Tra le circostanze aggravanti c’è il fatto che la vittima sia minorenne o vulnerabile. Con questo voto (che non è ancora definitivo, perché deve passare ancora al Senato), la Francia si mette in conformità con una sentenza della corte europea dei diritti dell’uomo dell’11 ottobre 2012.

Legge elettorale, Cassazione boccia il premio di maggioranza del Porcellum

La Cassazione boccia il premio di maggioranza del Porcellum

 

La Suprema Corte ha chiamato in causa la Consulta sulla legittimità costituzionale della legge elettorale Calderoli istituita nel 2005. E ha accolto il ricorso di 27 ricorrenti che hanno sollevato dubbi sulla sua costituzionalità, dicendo a chiare lettere che “è dubbio che l’opzione seguita dal legislatore costituisca il risultato di un bilanciamento ragionevole e costituzionalmente accettabile tra i diversi valori in gioco”.

Piazza Cavour definisce “rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di costituzionalità sollevate in giudizio, tutte incidenti sulle modalità di esercizio della sovranità popolare” garantite dagli art. 1, comma 2, e il 67 della Costituzione. E bacchetta poi il premio di maggioranza. “Si tratta – scrive piazza Cavour – di un meccanismo premiale che, da un lato, incentivando il raggiungimento di accordi tra le liste al fine di accedere al premio, contraddice l’esigenza di assicurare la governabilità, stante la possibilità che, anche immediatamente dopo le elezioni, la coalizione beneficiaria del premio si sciolga o i partiti che ne facevano parte ne escano”. “Dall’altro – scrive ancora la Suprema Corte – esso provoca una alterazione degli equilibri istituzionali, tenuto conto che la maggioranza beneficiaria del premio è in grado di eleggere gli organi di garanzia che, tra l’altro, restano in carica per un tempo più lungo della legislatura”. Da qui la sua manifesta “irragionevolezza” in base all’art. 3 della Costituzione nonché la lesione “dei principi di uguaglianza del voto e di rappresentanza democratica”.