diritti civili

Il parco del tramonto: i popoli o le oligarchie?

 

di Sergio Di Cori Modigliani


Il mondo è in subbuglio, ormai dovunque, tranne qualche isola fortunata.
La gente protesta, si indigna, manifesta, in tutto il pianeta.
Vale per gli europei quanto per gli americani, gli africani e gli asiatici.
In ciascuno di questi continenti avviene in maniere diverse perché -apparentemente- le problematiche sono distinte, e quindi localizzate.
Chi (in Africa) se la deve vedere con i terroristi, le guerre civili, la fame e la militarizzazione da parte delle grandi multinazionali dell'energia e dell'alimentazione, chi invece se la deve vedere con la diffusione capillare di un neo-schiavismo e un neo-colonialismo di ritorno (in Asia); non stiamo meglio noi (in Europa) perché ce la dobbiamo vedere con 40 milioni di nuovi poveri, la fine della democrazia, l'austerità e una moneta da strozzini; infine c'è il continente americano, da sempre terra d'assalto e d'occupazione della forza imperiale statunitense che ha sempre imposto le politiche e lo stile di vita che voleva.
Nonostante le diversità culturali, etniche e geografiche, c'è un elemento unificante in tutte le manifestazioni planetarie di opposizione.
 

Nelle librerie ''68 volte ti amo'' il romanzo storico che si svolge nei 12 mesi del 1968

Da oggi inizia ad arrivare nelle librerie ''68 volte ti amo''  il romanzo storico che si svolge nei 12 mesi del 1968

 

 I 12 mesi del 1968 visti attraverso le vite di Matteo, Valentina, Giulia, Marta, suor Angela, mentre sullo sfondo si svolgono gli avvenimenti di un anno che è rimasto nella storia come assolutamente speciale.

 
Alla luce degli stessi eventi e circostanze cinque persone incrociano le loro storie e si muovono verso scelte differenti che, anche se apparentemente individuali, si riveleranno presto come impostazioni esistenziali diverse e in parte lontane fra loro che porteranno infine a scelte politiche e di vita assai differenti.
 
Più che un romanzo autobiografico sul '68, l'autore sviluppa una analisi attenta di quelle diversità sul campo, sia umane che culturali, che non trovando il loro punto di sintesi impedirono al '68 italiano di ottenere un cambiamento profondo e radicale della realtà complessa, immobile e in parte tragica dell'Italia. Nelle intenzioni dell'autore 68 Volte ti amo è il primo volume di una trilogia dedicata a questo tema ( ''la saga di Matteo '' ), che continuerà con gli stessi protagonisti nel confronto con una nuova generazione alla fine del secolo e infine con quella dei giorni nostri.
 

Città metropolitane. Nuove istituzioni verticali, contro la democrazia

di Gualtiero Alunni*

Diversamente dalla propaganda del governo sulle riforme degli Enti Locali, il decreto legge Del Rio non prevede l’abolizione delle Province.
Per eliminare completamente le Province ci sarebbe voluta una riforma della Costituzione e non un decreto legge. Leggendo il testo della legge si viene a scoprire che le amministrazioni locali saranno categorizzate in città metropolitane, province, unioni di comuni e comuni.
Le province, non saranno quindi abolite ma avranno funzioni limitate e saranno gestite dai primi cittadini locali, non più da funzionari provinciali e da giunte specifiche. Inoltre, le giunte provinciali rimarranno, ma non saranno più elette direttamente dai cittadini. Le province quindi verranno praticamente svuotate dalla rappresentanza politica, ma rimarranno in capo ad esse ancora numerose attività, soprattutto del settore dei trasporti, della costruzione e gestione delle strade provinciali e insieme ai comuni dell’edilizia scolastica.
Il decreto prevede inoltre, la costituzione delle città metropolitane: Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria. A queste si deve aggiungere, con alcune specificità, Roma capitale. Ricordiamo che sono già state costituite dalle Regioni a statuto speciale: Palermo, Catania, Messina, Cagliari e Trieste.
 
 

Tramonto del Consiglio Superiore della Magistratura

 di Livio Pepino *

 Giu­dici e pub­blici mini­steri hanno votato per il rin­novo del Con­si­glio supe­riore della magi­stra­tura. La cosa è avve­nuta nel pres­so­ché totale disin­te­resse dei media e della poli­tica; scarsa atten­zione sta riscuo­tendo anche l’esito del voto. Non a caso. Il pen­siero unico che per­vade da qual­che tempo tutte le com­po­nenti giu­di­zia­rie rende assai poco signi­fi­ca­tivo l’esito delle ele­zioni, i cui soli dati certi (con­fer­mati dai primi risul­tati, in par­ti­co­lare nella cate­go­ria dei pm) sono il trionfo del cor­po­ra­ti­vi­smo e il dra­stico ridi­men­sio­na­mento di MD.
  

Grecia: Sono iniziati i giochi sulla legge elettorale?

Sembra che il Pasok stia tentando qualche giochetto con la legge elettorale. Nel Direttivo politico del partito, ci si aspetta che Evangelos Venizelos ponga il problema giovedì [della scorsa settimana, ndt] al Primo Ministro Antonis Samaras, proponendo l’eliminazione dei 50 seggi “bonus”per il partito che arriva primo alle elezioni parlamentari.

L’idea è già stata discussa sia nel PASOK che nel governo, prima delle elezioni locali ed europee, anche se non è ancora chiaro se Nuova Democrazia darà seguito alla proposta. Lo scopo di questa mossa, se venisse realizzata, è più che ovvio: restringere il più possibile la possibilità della formazione di un governo intorno a SYRIZA nel caso in cui risulti primo nelle prossime elezioni parlamentari, quando avranno luogo. Infatti, parlando sul canale MEGA TV, il parlamentare del PASOK Andreas Loverdos ha già dichiarato il suo supporto alla trasformazione della legge elettorale.
 

Tablet 4 Africa

di Fabio Pimpinato *
 
A scuola in Africa - La prima volta che andai nella Repubblica Centrafricana fu a Bodà, ove oggi infuria una guerra senza precedenti. Ricordo che in una classe elementare c’era un capannello di bambini attorno al più benestante tutto fiero della sua nuova lavagnetta a gesso con cornice in legno. Gli altri continuavano a seguire le lezioni disegnando col dito sulla terra rossa. Il maestro spiegava e loro scrivevano ripetendo a voce alta la stessa musica: un, deux, trois, quatres, cinques. Finita la lavagnetta a terra cancellavano il tutto e continuavano a copiare dalla lavagna a muro.
 

America Latina: La politica di Pachamama


di Ben Dangl *

Quando lo incontrai di prima mattina, più di un decennio fa, a Cochabamba Evo Morales, l’allora leader dei coltivatori di coca e parlamentare dissidente, stava bevendo del succo d’arancia appena fatto, ignorando i costanti squilli del telefono fisso nell’ufficio del suo sindacato. Solo poche settimane prima del nostro incontro un movimento sociale di livello nazionale aveva richiesto che le riserve di gas naturale della Bolivia fossero poste sotto controllo statale. Tutti pensavano a come la ricchezza sotterranea poteva essere di beneficio alla maggioranza povera sopra di essa.

Per quanto riguardava le sue ambizioni politiche riguardo al gas naturale boliviano Morales voleva che le risorse naturali “costituissero uno strumento politico di liberazione e unità per l’America Latina”. Era diffusamente considerato un candidato popolare alla presidenza ed era chiaro che la politica indigena che egli cercava di mobilitare da leader era legata a una visione di una Bolivia che recuperasse la sua ricchezza naturale a fini di sviluppo nazionale. “Noi, il popolo indigeno, dopo 500 anni di resistenza, ci stiamo riappropriando del potere. La riconquista del potere è orientata al recupero delle nostre ricchezze, delle nostre risorse naturali.” Era il 2003. Due anni dopo fu eletto primo presidente indigeno della Bolivia.
 

Legge elettorale e riforma del Senato? In linea con la tenace tradizione ‘italica’

 

di Alberto Mario Banti *

Nel 1923 Giacomo Acerbo, sottosegretario alla presidenza del consiglio del governo presieduto da Benito Mussolini, propone una legge di riforma elettorale per la Camera (il Senato – come disposto dallo Statuto Albertino – è di nomina regia), che prevede un premio di maggioranza di 2/3 alla lista che raccolga almeno il 25% dei voti sul piano nazionale. Gli altri seggi vengono divisi secondo un criterio proporzionale. Non ci sono sbarramenti e vige il voto di preferenza. Il suffragio è universale maschile. Il Parlamento approva.
 
Nel 1928 una nuova legge prevede che si possa votare una sola lista di «candidati», scelti dal Gran Consiglio del Fascismo: un elettore può esprimersi solo con un sì o con un no. Nel 1939 la Camera dei Deputati viene definitivamente abolita e sostituita dalla Camera dei Fasci e delle Corporazioni.

 

Lettera di Luigi Di Maio al Corriere della Sera

 Caro Direttore,

da quando sono stato eletto deputato ho potuto comprendere che troppo spesso, in Italia, l’agenda delle riforme non è dettata da razionali obiettivi riformatori, ma da luoghi comuni dei quali l’opinione pubblica viene progressivamente convinta con il sapiente ausilio di una “informazione” compiacente. Con superficialità, da anni viene dato per scontato che il problema dei problemi che affligge il nostro sistema istituzionale è il bicameralismo perfetto, ovvero la assoluta parità tra Camera e Senato nel procedimento legislativo, sancita dall’articolo 72 della Costituzione. Questa argomentazione scarica ingiustamente sul sistema istituzionale le inefficienze di una classe politica frammentata. Il bicameralismo perfetto rappresenta invece un virtuoso meccanismo tramite il quale il Parlamento è in grado di ponderare adeguatamente le scelte complesse e delicate che si trova ogni giorno ad affrontare.

Renzi, Berlusconi e la deriva autoritaria

di Andrea Scanzi *

Stiamo assistendo impotenti al progetto di stravolgere la nostra Costituzione da parte di un Parlamento esplicitamente delegittimato dalla sentenza della Corte costituzionale n.1 del 2014, per creare un sistema autoritario che dà al presidente del Consiglio poteri padronali. Con la prospettiva di un monocameralismo e la semplificazione accentratrice dell’ordine amministrativo, l’Italia di Matteo Renzi e di Silvio Berlusconi cambia faccia mentre la stampa, i partiti e i cittadini stanno attoniti (o accondiscendenti) a guardare. La responsabilità del PD è enorme poiché sta consentendo l’attuazione del piano che era di Berlusconi, un piano persistentemente osteggiato in passato a parole e ora in sordina accolto. Il fatto che non sia Berlusconi ma il leader del Pd a prendere in mano il testimone della svolta autoritaria è ancora più grave perché neutralizza l’opinione di opposizione. Bisogna fermare subito questo progetto, e farlo con la stessa determinazione con la quale si riuscì a fermarlo quando Berlusconi lo ispirava. Non è l’appartenenza a un partita che vale a rendere giusto ciò che è sbagliato. Una democrazia plebiscitaria non è scritta nella nostra Costituzione e non è cosa che nessun cittadino che ha rispetto per la sua libertà politica e civile può desiderare. Quale che sia il leader che la propone“.

Questo appello, pubblicato ieri da Libertà e Giustizia e stamani in prima pagina da il Fatto Quotidiano, è stato redatto e firmato da un gruppo di eminenti costituzionalisti: da Nadia Urbinati a Sandra Bonsanti, da Lorenza Carlassarre ad Alessandro Pace, da Gaetano Azzariti a Roberta De Monticelli. Ci sono anche, tra i firmatari, Rodotà, Settis e Zagrebelsky: i famosi tre nomi che M5S aveva in tasca quando andò al secondo giro di consultazioni con Napolitano dopo il fallimento di Bersani.