diritti civili

Riforme democratiche o revisione autoritaria ?

Parte seconda: E’ possibile riformare le regole della politica italiana ?

 

di Massimo Marino


Prima di chiederci se è possibile riformare le regole della politica italiana e in quale direzione è bene chiederci: E’ davvero necessario? Perché ? La modifica proposta di un terzo degli articoli della Costituzione, in particolare quello che riguarda il ruolo degli elettori e degli organismi rappresentativi, è una riforma utile al paese o una revisione delle regole imposta da una minoranza che ritiene necessario fuoriuscire dall’attuale sistema democratico di rappresentanza nato con la Costituzione ? La revisione nel suo insieme proposta ( Senato non più eletto dai cittadini, Camera controllata da una minoranza con l’Italicum, competenze svuotate delle Regioni, Province evanescenti, Comuni alla fame), è tecnicamente in grado di permettere l’istituzionalizzazione di un sistema autoritario. La somiglianza con le proposte della P2 di Gelli degli anni ’80 ( il cosiddetto Piano di rinascita nazionale ) è impressionante. Si propongono regole elettorali oligarchiche paragonabili a quella dell’epoca fascista con la legge Acerbo e alla proposta fallita De Gasperi-Tambroni degli anni ’50 respinta dal paese dopo dure proteste di piazza.

 

E’ utile riformare alcuni aspetti della Costituzione ma soprattutto le regole elettorali e istituzionali che negli anni ne hanno distorto le parti più nobili, più semplici e comprensibili. Fare tutto il contrario del renzismo, ultima versione dei tanti revisori ( non riformatori) degli ultimi 20 anni che non ne hanno combinata una giusta. E’ inutile però nascondere che non esiste un dibattito vero e allargato su un percorso riformatore da opporre al renzismo e nella prima parte di questo intervento si è indicato come sono falliti i modesti e maldestri tentativi di avviarlo. Fra i fautori del NO al referendum e i critici dell’Italicum c’è di tutto, compresi vari pericolosi guastatori ( di destra e di sinistra) le cui confuse idee se attuate peggiorerebbero la situazione. Se dovessimo vincere il referendum e respingere la revisione renzista e si confermasse per l’Italicum l’incostituzionalità del Porcellum ci potremmo trovare nella paradossale situazione di non avere proposte. Urge quindi avere delle idee, avere sedi di dibattito serio, riportare democrazia e partecipazione al centro della scena. Insomma: grande unità, grande partecipazione, serrato dibattito. Altrimenti stiamo semplicemente diffondendo illusioni.


Riforme democratiche o revisione autoritaria ?

 Parte prima: La primavera mancata dei referendum e le nebbie dell’autunno istituzionale


di Massimo Marino


Si è’ clamorosamente sgonfiata “la primavera dei referendum” e ci infiliamo in un complicato autunno dove nella nebbia si rischia di non capirci più nulla. In realtà tutto era prevedibile, anzi era già successo. Poiché sbagliare è umano e perseverare non è diabolico ma decisamente sciocco è ora di mettere in fila gli avvenimenti, gli errori, e qualche proposta per uscirne.

L’iniziativa referendaria (12 quesiti), preceduta dall’anomalo avvio del referendum fallito per mancanza di quorum sulle trivelle promosso da varie Regioni (una formula senza raccolta firme che si è mostrata ingestibile) riguardava ben quattro diverse aree d’interesse:

 

Italicum, la partita del 4 ottobre

 di Felice Besostri *


Il 4 ottobre 2016 ci sarà la prova che l’Italicum non è altro che una riedizione raffinata ed ipocrita del Porcellum. Una prova incompleta, non per responsabilità della Corte Costituzionale ma dei giudici aditi con una serie di ricorsi analoghi e in molti casi identici, che hanno investito 20 Tribunali italiani – altri 2 sono stati presentati in questi giorni. Tre giudici hanno ritenuto il ricorso inammissibile, due di essi perché depositato prima del 1° luglio 2016, data ritenuta erroneamente di entrata in vigore della nuova legge elettorale. Uno l’ha respinto perché le censure di costituzionalità erano manifestamente infondate, malgrado che un altro Tribunale, quello di Messina l’avesse già rinviato in Corte per 6 motivi e non pronunciandosi sul primo e principale motivo, la violazione dell’articolo 72 comma 4 della Costituzione, per aver approvato la legge ponendo tre voti di fiducia alla camera e non completando l’iter referente in senato «per insufficienza della documentazione». A Messina si è aggiunto Torino con un’ordinanza di rimessione su 2 motivi: l’attribuzione del premio di maggioranza in seguito a ballottaggio tra le due liste più votate al primo turno e la libertà di scelta del capolista eletto in più collegi.

 

Note stonate della revisione costituzionale

Rocco Artifoni e Gian Gabriele Vertova su www.liberainformazione.org -30 giugno 2016

 

Il progetto di revisione costituzionale approvato dal Parlamento e che verrà sottoposto al referendum popolare modifica 47 dei 134 articoli della Costituzione. Gli argomenti oggetto del cambiamento sono anche molto differenti tra loro, il che suscita già non poche perplessità dal punto di vista metodologico. Nel merito ci sono alcuni aspetti – talvolta considerati a torto secondari – che necessitano di qualche approfondimento.

Quello che sta avvenendo in Francia...

Quello che sta avvenendo in Francia, nel silenzio dei media, è qualcosa che al governo demagogico di Renzi si adatta ben poco: l'invito al non voto per il referendum sulle trivelle è l'ennesimo esempio che ci ha mostrato come Renzi, in verità, alla democrazia non ci è abituato. Il Job's Act e la sua politica antisociale avevano già reso chiaro questo scenario.

 

Se vogliamo parlare in termini di terrorismo il Job's Act non è stato poi così diverso da un attentato e non è stato diverso dalle innumerevoli manovre di austerità che l'Unione Europea continua a perpetrare al fine di promuovere la crescita economica rivelandosi poi, al contrario, fonte di disparità e di concentrazione sempre più ristretta delle ricchezze nelle mani di pochi. La Francia, con la Legge Lavoro del ministro El Khomri e del governo Hollande-Valls, un invito alla precarietà, al licenziamento abusivo e un affronto nei confronti del Codice del Lavoro francese, non è stata risparmiata dal potere oligarchico della UE e dal tentativo spudorato di amplificazione dei privilegi del patronato da parte di un Partito Socialista che, di socialista, ha ben poco. La legge Macron, con l'estensione del tempo lavorativo domenicale, aveva già innescato la scintilla, ma chiedere ai giovani flessibilità e precarietà a vita costituisce una proposta indicibile, perversa, tutt'altro che dignitosa.

 

IL DOCUMENTO DI 5O COSTITUZIONALISTI SULLA RIFORMA COSTITUZIONALE

Di fronte alla prospettiva che la legge costituzionale di riforma della Costituzione sia sottoposta a referendum nel prossimo autunno, i sottoscritti, docenti, studiosi e studiose di diritto costituzionale, ritengono doveroso esprimere alcune valutazioni critiche. Non siamo fra coloro che indicano questa riforma come l’anticamera di uno stravolgimento totale dei principi della nostra Costituzione e di una sorta di nuovo autoritarismo. Siamo però preoccupati che un processo di riforma, pur originato da condivisibili intenti di miglioramento della funzionalità delle nostre istituzioni, si sia tradotto infine, per i contenuti ad esso dati e per le modalità del suo esame e della sua approvazione parlamentare, nonché della sua presentazione al pubblico in vista del voto popolare, in una potenziale fonte di nuove disfunzioni del sistema istituzionale e nell’appannamento di alcuni dei criteri portanti dell’impianto e dello spirito della Costituzione.

 

1. Siamo anzitutto preoccupati per il fatto che il testo della riforma – ascritto ad una iniziativa del Governo – si presenti ora come risultato raggiunto da una maggioranza (peraltro variabile e ondeggiante) prevalsa nel voto parlamentare (“abbiamo i numeri”) anziché come frutto di un consenso maturato fra le forze politiche; e che ora addirittura la sua approvazione referendaria sia presentata agli elettori come decisione determinante ai fini della permanenza o meno in carica di un Governo. La Costituzione, e così la sua riforma, sono e debbono essere patrimonio comune il più possibile condiviso, non espressione di un indirizzo di governo e risultato del prevalere contingente di alcune forze politiche su altre. La Costituzione non è una legge qualsiasi, che persegue obiettivi politici contingenti, legittimamente voluti dalla maggioranza del momento, ma esprime le basi comuni della convivenza civile e politica.

 

Riforme e diritti, l’inevitabile unione

di Massimo Villone *

 

Si è tenuta a Roma un’assemblea, affollata e partecipata, dei comitati referendari, per il lancio della campagna per la raccolta delle firme. Un passaggio importante, soprattutto per aver visto insieme i promotori dei referendum istituzionali e di quelli sociali. Perché un forte iniziativa referendaria?

 

 Rodotà ha scritto (su Repubblica) di come le nostre istituzioni siano diventate indisponibili all’ascolto, traendo anche da questo la spiegazione del drammatico calo di fiducia degli italiani. Ha ragione. Perché e come fidarsi di istituzioni indifferenti?

L’agonia dei diritti umani in Messico

  ( Michela Giovannini da unimondo.org )

 

Il 26 settembre scorso si è celebrato l’anniversario della scomparsa dei 43 studenti della scuola rural normal di Ayotzinapa. E’ passato infatti un anno da quando vennero attaccati i due autobus su cui viaggiavano gli studenti che raccoglievano fondi per partecipare alla manifestazione di città del Messico in memoria di altri studenti, quelli che nel 1968 vennero massacrati da polizia ed esercito mentre manifestavano.

In occasione dell’anniversario, una moltitudine di manifestazioni sono state organizzate in tutto il Messico ed in centinaia di città del mondo, dove messicani e non si sono riuniti nelle piazze, nelle strade, o davanti alle ambasciate per chiedere giustizia e per denunciare lo stato drammatico in cui versano i diritti umani nel paese. Giustizia infatti non è ancora stata fatta e, peggio ancora, la dinamica dei fatti non è ancora chiara, mentre appare evidente la reticenza da parte del governo federale nel fornire una spiegazione plausibile dei fatti avvenuti il 26 settembre 2014.

 

La peggiore riforma

Questo testo firmato da sei tra i più autorevoli costituzionalisti italiani ( Gaetano Azzariti, Lorenza Carlassare, Gianni Ferrara, Alessandro Pace, Stefano Rodotà, Massimo Villone ) può essere sottoscritto scrivendo a costituzione@ilmanifesto.info.

 

Nelle prime ore del 13 ottobre hanno deciso di sottoscrivere molti giuristi e costituzionalisti, tra cui Mauro Volpi, Domenico Gallo, Claudio De Fiores, Fabrizio Amato, Laura Ronchetti, Alfonso Di Giovine e altri, i cui nomi pubblicheremo nei prossimi giorni assieme a quelli dei tanti che ci stanno scrivendo a costituzione@ilmanifesto.info

 


La pro­po­sta di legge costi­tu­zio­nale che il senato voterà oggi dis­solve l’identità della Repub­blica nata dalla Resi­stenza. È inac­cet­ta­bile per il metodo e i con­te­nuti; lo è ancor di più in rap­porto alla legge elet­to­rale già approvata. Nel metodo: è costruita per la soprav­vi­venza di un governo e di una mag­gio­ranza privi di qual­siasi legit­ti­ma­zione sostan­ziale dopo la sen­tenza con la quale la Corte costi­tu­zio­nale ha dichia­rato l’illegittimità del «Por­cel­lum». 

La Cina è molto, davvero molto lontana. Quest’uomo, invece, è molto molto vicino a noi.

(di Sergio Di Cori Modigliani )

Non possiamo essere la classe dirigente ricca in un paese povero. Se esiste una nazione in cui i politici al potere sono ricchi e privilegiati mentre invece il popolo e i cittadini soffrono la fame e la disoccupazione, ebbene, allora vuol dire che quella nazione è marcia e quel tipo di classe politica altro non è che la nuova modalità attuale di gestire, imporre e pianificare il colonialismo sfruttatore. Di questo passo, entro 25 anni, l’intero continente africano, ridotto al collasso, esploderà. E non sarà piacevole vederlo, per nessuno, né in America, né in Europa, né in Asia, né in Oceania. Dobbiamo muoverci adesso, ora, subito. E se non siete capaci di farlo per gli altri, per il bene, per un’idea di giustizia, e per amore dell’umanità, abbiate la compiacenza di farlo almeno per intelligenza, dimostrando che anche voi volete sopravvivere. Se non ci muoviamo immediatamente, tutti insieme, verremo spazzati via. Tutti insieme”.
          Joseph Thomas Sankara. 10 ottobre 1987, dal discorso all’Onu, a New York.
 
 L’Onu, con sede a Manhattan, New York, è considerata da molte persone una organizzazione deludente, per non dire addirittura inutile. Non è così. Per molti aspetti spesso impacciata, imbrigliata nella burocrazia governativa planetaria, e più di una volta in ritardo perché, inevitabilmente, soggetta allo strapotere di Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna e Francia, rispetto a tutte le altre nazioni, ha tre grandiosi punti di forza.