altra economia

Grecia, quello che vorrebbero farti credere sul debito


 

 

 

Otto false idee sul debito greco solo per far interiorizzare l'ineluttabilità del debito ai greci e ai Sud-Europei. Un audit pubblico svelerebbe il ricatto ...

 

https://ssl.gstatic.com/mail/sprites/newattachmentcards_2x-3f46826991d2d...) -219px -129px / 311px 150px no-repeat;" class="aSK J-J5-Ji aYr"> 
a cura del 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

Nonostante l'ingerenza e la pressione dei dirigenti dell'Unione europea (UE), il popolo greco ha deciso di prendere in mano con coraggio il proprio destino e farla finita con le politiche di austerità, che hanno sprofondato il paese nella miseria e nella recessione. Nei paesi vittime della trojka [ribattezzata ora "Istituzioni europee"], ma anche in numerosi altri paesi europei, la vittoria [elettorale di Syriza] viene sentita come un incoraggiamento formidabile a battersi per porre fine a politiche che avvantaggiano i mercati finanziari e sono invece disastrose per le popolazioni.

 

 

 

I nostri grandi mezzi di comunicazione, invece, non fanno che sostenere uno dopo l'altro l'assurda idea per cui l'annullamento del debito greco "costerebbe 600 euro a ogni singolo contribuente francese". Via via che si inaspriscono le trattative tra la Grecia e la trojka, la propaganda va intensificandosi e il nostro lavoro di educazione popolare sul problema del debito pubblico diventerà sempre più decisivo. Le seguenti risposte alle idee indotte sul debito greco vorrebbero fornire un contributo al riguardo.

 

 

Servizi alle famiglie, il nuovo welfare “fai da te”

 di Antonella Gangemi , Mario Centorrino

( da sbilanciamoci.info )


Tra il 2001 ed il 2011 i lavoratori domestici sono triplicati passando da quota 270 mila ad oltre 881 mila. In aumento anche la percentuale di italiani C’è un aspetto, nelle dinamiche sociali, piuttosto trascurato dalle analisi. Il progressivo sostituirsi di una assistenza, all’interno della famiglia, non più finalizzata solo alla cura della casa ma ora anche e soprattutto alla cura socio-sanitaria dei membri anziani e malati della famiglia stessa. In sostanza, un welfare “fai da te” in assenza di soddisfacenti prestazioni statali o del terzo settore.

 

Lo confermano i dati: tra il 2001 ed il 2011 i lavoratori domestici (donne nell’82,4% dei casi) sono triplicati passando da quota 270 mila ad oltre 881 mila

(1). Il Censis propone una stima più allargata. Il numero effettivo dei collaboratori che, con formule e modalità diverse, prestano la loro attività presso le famiglie è passato da poco più di un milione del 2001 agli attuali 1 milione 655 mila (+53%) con una componente straniera pari al 77,3% del totale. Nel 2011, quasi 2 milioni e 600 mila famiglie (il 10,4% del totale) si sono rivolte al mercato per acquistare servizi di collaborazione, di assistenza ad anziani o altre persone non autosufficienti e di baby sitting

Debito pubblico, chi lo crea stampando moneta e chi lo paga con le tasse

di Loretta Napoleoni *

Nel 2014 diventerà operativo il fiscal compact, per chi voglia rinfrescarsi la memoria ecco la definizione che riporta Wikipedia:

“Il Patto di bilancio europeo o Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell’unione economica e monetaria, conosciuto anche con l’anglicismo Fiscal compact (letteralmente riduzione fiscale), è un accordo approvato con un trattato internazionale il 2 marzo 2012 da 25 dei 27 stati membri dell’Unione europea, entrato in vigore il 1º gennaio 2013.” L’accordo contiene le regole d’oro della gestione fiscale degli stati membri, tra queste c’è l’impegno del nostro paese a ridurre il rapporto tra debito pubblico e Pil al 60 per cento attraverso una maxi manovra finanziaria all’anno per i prossimi 20 anni, la prima avverrà quest’anno. Dato che al momento questo rapporto supera il 132 per cento (equivalente a 2080 miliardi di euro circa) bisogna ridurlo di almeno 900 miliardi di euro, il che equivale a circa 45 miliardi l’anno per due decadi.

«L’Europa indebitata ripete i nostri errori»

 

*di Rafael Correa, Presidente della Repubblica dell’Ecuador, dottore in economia. (Traduzione dal francese di José F. Padova)

In occasione di una conferenza tenuta alla Sorbona il 6 novembre scorso, il presidente dell’Ecuador Rafael Correa si è rivolto ai suoi omologhi europei a proposito della gestione della crisi del debito pubblico. Qui troviamo una sintesi della sua riflessione.

 

Giovani, la nave affonda ed i topi ballano

 Nicola Cacace persevera per fare breccia nella testa di politici e sindacalisti. Confronta i dati dei paesi europei per quanto riguarda l’occupazione, gli orari, la disoccupazione dei giovani. Nell’ultimo suo articolo “Giovani, la nave affonda e i topi ballano” rilancia quattro proposte per fermare la recessione e la disoccupazione. Verso il termine scrive “..Il mio articolo amaro potrebbe finire qui se non mi sentissi, anch´io, responsabile del disastro in cui abbiamo spinto figli e nipoti. Anche se il motto "quieta non movere" è quello dominante nelle teste di troppi responsabili, politici, sindacalisti ed imprenditori, le vie d´uscita ci sono, quelle seguite dai paesi nordici più Olanda, Germania, Austria e Francia, che spendono più di noi per istruzione e ricerca, hanno ore di lavoro annuo più corte, hanno modernizzato i servizi, che noi colpevolmente trascuriamo ed hanno combattuto le diseguaglianze. Più eguali e più ricchi è stato il loro motto ed il tempo di vita non è da oggi individuato dai saggi come la vera fonte di felicità”. ( da www.sindacalmente.org )


di Nicola Cacace *

Mentre nascite ed occupati continuano a calare, il paese ad invecchiare ed impoverirsi, politici, imprenditori e sindacalisti ballano come gli indiani che invocavano la pioggia ed i passeggeri del Titanic che festeggiavano l´arrivo. Continuano ad invocare "più lavoro", senza un briciolo di idea nuova atta a crearlo. Oggi nei paesi industriali non c´è lavoro per tutti a parità di orari, perché la produzione, il Pil, è destinato mediamente a crescere meno della produttività (spinta dall´elettronica e dai nativi digitali).

Dario Fo contro la delocalizzazione: “Così ci sfracelliamo al suolo, serve una legge”

Il premio Nobel interviene in favore dei 300 lavoratori delle cartiere Burgo di Mantova, che rischiano di essere "buttati per strada senza pietà". Ma ad approfittare delle condizioni di "schiavismo" all'estero sono anche "Geox, Benetton, Bialetti, Fiat". L'appello allo Stato perché intervenga: "Cancellare la possibilità di spostare aziende solo per accumulare più denaro"

di Dario Fo *

Non c’è limite all’ingiustizia e alla prevaricazione che il sistema economico è capace di mettere in atto nei confronti dei lavoratori. Sembra che all’istante l’Italia sia decisa a sbarazzarsi brutalmente di coloro che tengono in piedi i tesori della sua grande tradizione artigiana e produttiva, che tutto il mondo ci ha invidiato per secoli. I lavoratori delle cartiere Burgo di Mantova corrono il rischio di essere mandati a casa senza tanti complimenti, mettendo sul lastrico numerosissime famiglie. In nome di cosa? Solo del denaro, del profitto, della perversa logica secondo cui se mi servi ti tengo e quando non mi servi più ti butto per strada senza pietà. Un disastro non solo per un’azienda, ma per tutta la città di Mantova, che viene a perdere una delle sue più importanti realtà produttive. E dire che stiamo parlando dell’unica cartiera in Italia che produce la carta per i quotidiani! Ciò significa che da questo momento giornali come Il Corriere, La Stampa ed altre centinaia di testate, saranno costrette a comprare all’estero la carta su cui gli italiani leggeranno le ultime notizie. Purtroppo questo è un fenomeno che oggi in Italia sta diventando quasi la norma.

OLTRE - V3DAY: Helena Norberg-Hodge e l'economia della felicità

 Genova 1 dicembre 2013:

Helena Norberg-Hodge e l'economia della felicità


"Sono molto felice di poter parlare con voi perché il MoVimento 5 Stelle é in questo momento uno dei movimenti più interessanti e importanti al mondo. Ho lavorato su questi temi per quasi quarant’anni e in più di dodici nazioni. Quello che voi rappresentate é esattamente il percorso che dobbiamo seguire. É un percorso che sta iniziando a emergere in molte nazioni diverse. Penso quindi che sia fondamentale, perché il M5S si rafforzi, collegarsi ad altri movimenti in tutto il mondo. Esiste un movimento di popolo che sta crescendo, una realtà oltre il mondo globalizzato di cui i media vogliono farci credere. Siamo portati a credere che la cosa più importante nella vita siano pezzi di carta, denaro. Siamo anche portati a credere che per i nostri governi sia più importante rispondere alle necessità delle banche, piuttosto che alle necessità delle persone. È un mondo impazzito, e grazie alle corporazioni dei media è molto difficile capire cosa sta effettivamente succedendo. Mi sento privilegiata, perché ho recentemente passato molto tempo in Cina, ho lavorato in India per molti anni e la mia rete di contatti include tutti i continenti. E' in corso la creazione, a partire dal basso, di un nuovo modello che riconosce che il problema fondamentale che affrontiamo oggi è che l’economia è cresciuta troppo. Non è la natura umana che ci ha portati a questa situazione ridicola, noi non siamo innatamente avidi e aggressivi, non è vero che esiste una qualche ragione evolutiva per cui l’economia diventa naturalmente sempre più grande. No. Il problema centrale è stato che i nostri governi, dai partiti di sinistra a quelli di destra, hanno deregolamentato le corporazioni e le banche internazionali, sovra regolamentando invece le economie locali e nazionali. Questo è stato fatto nel nome del libero scambio e del mercato libero. In realtà questo mercato è formato da enormi monopoli interconnessi, e il grande problema di queste strutture non è legato a una questione di chi è buono e chi è cattivo, ma ha a che fare con la loro scala. Questa struttura interconnessa di trilioni di dollari deregolamentati, flottanti e speculativi, collegata a corporazioni mobili, ha creato una forza, una pressione, che sta premendo su praticamente ogni governo. E praticamente ogni governo sta rispondendo ai bisogni di banche e corporazioni globali, invece che ai bisogni dei loro cittadini, o a quelli della madre terra.

L'ambiente a perdere

di Guido Viale 

 

Il nuovo paradigma che deve prendere il posto di quello fallimentare imposto dal pensiero unico liberista è la sostenibilità ambientale. La si chiami decrescita, conversione ecologica, giustizia sociale e ambientale o economia dei beni comuni. È l’unica soluzione che può garantire equità nella distribuzione delle risorse e salvaguardia degli equilibri ambientali. Il mondo non è più quello dell’immagine di un universo economico e sociale in espansione che ha consolidato l’idea della crescita destino del pianeta.

 

Nel corso degli ultimi trenta e più anni la globalizzazione è andata sviluppandosi lungo due assi: orizzontale, con l’unificazione del mercato; e verticale, riunificando sotto il comando del capitale finanziario la stragrande maggioranza delle attività produttive. In entrambi i casi, ad aver trasformato radicalmente gli assetti dei processi produttivi e delle politiche dei governi nazionali, locali e sovranazionali è l’economia del debito. Sullo sfondo della crisi economica e sociale e ad essa direttamente connessa c’è la crisi ambientale che ha ormai investito tutto il pianeta e che rischia ogni giorno di più di arrivare a un punto di non ritorno.

Crisi, gli italiani scappano in Germania

 Gli italiani preferiscono la Germania

 

Secondo i dati diffusi da Destatis, l'Istituto federale di statistica, nel 2012 si sono registrate ben 42 mila partenze dal nostro Paese verso quello tedesco. In pratica il flusso di nostri concittadini decisi a trasferirsi in terra di Germania è cresciuto del 40%. Le persone che decidono di emigrare in Germania hanno spesso una caratteristica ben precisa: sono giovani e con un alto livello culturale e professionale, spesso anche in possesso di una laurea. A lasciare il nostro Paese, inoltre , è spesso la manodopera altamente qualificata destinata a colmare le carenze, soprattutto nel settore sanitario e informatico, nel sistema produttivo tedesco. Nel 2011 gli italiani che partirono per la Germania furono poco più di 30 mila. Per trovare un dato alto come quello del 2012, dunque, bisogna tornare al 1996 quando oltre 45 mila nostri connazionali volarono verso Berlino. Da allora il flusso migratorio italiano ha subito forti rallentamenti registrando un'inversione di tendenza solo dal 2007.


Jul 28 12:00

LARGHE INTESE CONTRO L'ACQUA PUBBLICA

*di Corrado Oddi

1. L'allarme lanciato venerdì dal manifesto sull'intenzione politica di far tornare l'acqua di Napoli in mano ai privati è più che giustificato. La proposta di legge della giunta Caldoro, nel ridisegnare i confini degli ambiti territoriali ottimali in cui è suddiviso il servizio idrico in Campania e quindi l'affidamento dello stesso, appare esattamente congegnata per provare ad affossare la prima esperienza di ripubblicizzazione definitivamente completata dopo i referendum di 2 anni fa, quella che si è costruita attorno alla nuova Azienda speciale Abc di Napoli.

Quello che però va rimarcato non è solo la gravità di questo disegno, ma che esso è ben lungi dall'essere un fatto isolato ed estemporaneo. In realtà, dopo il periodo che va dalla fine dell'anno scorso alla primavera di questo, in cui l'esempio di Napoli stava contagiando altre importanti realtà territoriali del Paese, da Reggio Emilia a Vicenza, da Palermo a Torino e altre ancora e si stava delineando un quadro che faceva balenare come possibile la ripubblicizzazione del servizio idrico nel Paese procedendo per progressive "conquiste" territoriali, da un po' di tempo in qua ( da quando è nato il governo Letta, potrebbe pensare qualche persona maliziosa come il sottoscritto) l'aria sembra improvvisamente cambiata.
 
C'è in corso un tentativo di isolamento del percorso di Reggio Emilia in quella regione, dove assistiamo ad una sempre più marcata titubanza del comune di Piacenza ad incamminarsi sulla strada della ripubblicizzazione, cosa che pareva assodata qualche mese fa e che ora, invece, sembra nuovamente propendere per la ricerca di un partner privato e dove il comune di Rimini, altra situazione dove la concessione è scaduta e dove la ripubblicizzazione è possibile, pare orientarsi per costituire una società mista con l'ingresso di un soggetto privato.
 
In Sicilia il governo Crocetta ha deciso di mettere da parte la proposta di legge di iniziativa popolare promossa a suo tempo dal Forum siciliano per l'acqua, sostenuto da più di 135 amministrazioni locali e da 35.000 siciliani, per approdare ad una soluzione "gattopardesca" che, nella sostanza, lascerebbe inalterato il quadro di gestione privatistica lì esistente. A Mantova da lungo tempo, ancora da prima del referendum, era iniziata e poi si era fermata la procedura di gara per la scelta di un socio privato nella gestione del servizio idrico e ora, invece, proprio in questi giorni, siamo in presenza di una fortissima accelerazione per giungere a quell'esito. Potrei continuare ancora in quest'elenco che inizia ad essere troppo lungo per essere considerato un fatto casuale. 
 
 
L'ultima citazione, però, se la merita la vicenda torinese: lì il Consiglio comunale, all'inizio di marzo, aveva approvato una delibera, non del tutto convincente, ma che comunque apriva la strada alla possibilità di trasformare il soggetto gestore Smat, SpA a totale capitale pubblico, in Azienda speciale. Qualche giorno fa la Provincia di Torino, con una delibera sostenuta da uno schieramento di larghe intese, sbarra la strada a quest'ipotesi, con una serie di motivazioni inconsistenti e addirittura tenendo a precisare nel testo della stessa delibera (sic!) che " l'approvazione delle presenti linee di indirizzo si pongono in naturale contraddizione con l'approvazione della proposta del Comitato Acqua Pubblica ( noi e il comitato torinese l'avevamo capito bene, ma forse bisognava spiegarlo a qualche consigliere provinciale !). Siamo in "trepida" attesa di conoscere l'intendimento del sindaco Fassino e del Consiglio comunale, con la curiosità di capire se esso confermerà la delibera approvata a suo tempo oppure se si piegherà al diktat dell'Amministrazione provinciale.