
di Mario Agostinelli e Roberto Meregalli *
Gli amministratori delegati di Enel, Gasterra, Gdf Suez, Iberdrola, Eni, Rwe, E.On, Gas Natural Fenosa alla vigilia del Consiglio europeo del 22 maggio, hanno posto all’attenzione dei leader europei la necessità urgente di modificare la politica energetica comunitaria.
I big del gas hanno chiesto la remunerazione dell’uso delle loro vecchie reti e della potenza inutilizzata delle loro centrali, nonché un mercato delle emissioni di CO2 che favorisca le fonti sporche, disincentivando definitivamente la concorrenza delle rinnovabili.
Si tratta del livello più elevato di pressione a cui le grandi corporation sono giunte, dopo due anni di campagna serrata e martellante sui mezzi di comunicazione e in tutte le occasioni istituzionali possibili (audizioni parlamentari, incontri, conferenze) per bloccare l’avanzata delle fonti rinnovabili. Chicco Testa, formidabile campione di trasformismo, attacca i costi dell’energia, attribuendoli agli incentivi al fotovoltaico e all’eolico, nonostante nel corso del 2013 siano scesi sia il prezzo dell’elettricità che del gas. Mai udito tanto ardore contro i sussidi agli inceneritori o per gli oneri nucleari o gli sconti alle ferrovie e ai grandi consumatori industriali. Viene spontaneo chiedersi perché tutta questa rabbia verso le nuove fonti.