economia

Il Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF) e il Meccanismo europeo di stabilità (MES) contro i popoli di Europa

di Damien Millet, Éric Toussaint, François Sana


In reazione alla crisi greca e di fronte al rischio rappresentato dal contagio delle crisi del debito sovrano, gli Stati membri dell’Eurozona, invece di aggredire il problema alle sue radici, nel maggio 2010 hanno istituito con grande urgenza il Fondo europeo di stabilità finanziaria(FESF). Costituito in Lussemburgo, questo Fondo temporaneo (era previsto che doveva vedere la sua fine nel luglio 2013) [1], è stato concepito per rassicurare i mercati finanziari.

Il Fondo ha come obiettivo quello di assicurare la stabilità finanziaria dell’Eurozona, fornendo l’aiuto di urgenza a quei paesi della zona euro in preda a difficoltà finanziarie.

I salvatori dell' Italia

  di Aldo Barba e Giancarlo de Vivo*

Il governo Monti ha iniziato lo scorso dicembre una manovra economica i cui primi due tempi ha modestamente chiamato “Salva Italia” e “Cresci Italia”. Ci sembra utile tornare brevemente sia sul “salvataggio” che sulla “crescita”.

Breve storia della crisi

 

di Andrea Baranese *

Pubblichiamo parte del testo scritto da Andrea Baranes come appendice al Manifesto degli economisti sgomenti. Capire e superare la crisi, un volume pubblicato dalla casa editrice Minimum Fax in collaborazione con Sbilanciamoci

Troppo debito?  Nella prima metà degli anni Novanta il governo Berlusconi annunciava un nuovo miracolo italiano fondato sulla crescita e lo sviluppo, prometteva tagli delle tasse per cittadini e imprese, investimenti pubblici per trasformare il paese. A novembre 2011 il governo si dimette sotto il peso degli interessi da pagare, tra conti pubblici che non quadrano e nubi sempre più minacciose di possibili default. La pressione fiscale aumenta, a partire dall’Iva, assistiamo a tagli generalizzati di tutte le spese pubbliche mentre i soldi per gli investimenti e lo «sviluppo» sono un miraggio sempre più distante. Il nostro paese è uno dei principali problemi dell’Unione Europea. Cos’è successo allora in questi diciotto anni? Perché nel 1994 l’Italia era sì un paese con un forte debito e diversi problemi, ma, così ci veniva raccontato, con ottime prospettive, mentre ci ritroviamo nel 2011 con l’acqua alla gola e in balia delle tempeste finanziarie? L’argomento che ci viene ripetuto è che l’Italia del 2011 è schiacciata da un rapporto tra debito e prodotto interno lordo che sfiora il 120% e sta strangolando la nostra economia. Bene. Qual era allora la situazione nella prima metà degli anni Novanta? Tra il 1993 e il 1995 il rapporto tra debito e Pil in Italia superava il 120%. Occorre quindi analizzare meglio le cause politiche, sociali, industriali ed economiche che contribuiscono all’attuale rapido declino del nostro paese.

Il pericolo di una dittatura finanziaria

Lidia Undiemi è una studiosa di economia e diritto all'università di Palermo. A margine dell'evento mediatico attuale, e cioè dell'incontro tra Monti e Obama, intervistata al TG3 Linea Notte questa giovane economista traccia il percorso fallimentare dei due governi oggetto dell'incontro.


La mancanza di misure adeguate contro la finanza speculativa, cioè la causa principale della crisi economica mondiale hanno in pratica lasciato inalterata la crisi anzi, non farà altro che acuirla ulteriormente.

L’economista Serge Latouche a Servizio Pubblico di Santoro

    “ Da tempo non si deve parlare di democrazia ma di postdemocrazia, una democrazia dominata dai media e dalle lobby che manipolano; il vero potere è delle imprese trasnazionali. 

" Crescitalia", ossessione suicida

       di Paolo Cacciari*

Come possiamo «realizzare il benessere economico senza dover sottostare alle logiche incrementali imposte dal mercato finanziario attraverso il debito»?


Insistere nell'obiettivo della crescita economica è voler perseverare in una direzione ingannevole, perversa e catastrofica. La vera risposta alla crisi della crescita sarebbe quella di fare a meno della crescita: realizzare il benessere economico senza dover sottostare alle logiche incrementali imposte dal mercato finanziario attraverso il debito Ci mancava "Crescitalia", il nuovo slogan coniato dal professor Monti per la "fase due" del suo governo. Forse persino un nuovo brand destinato a prendere il posto nel mercato della politica di quello consunto di Forza Italia.

La cura dell'acqua contro la BCE

    di Marco Bersani *

La battaglia per la riappropriazione dei beni comuni confligge con il patto di stabilità europeo. Per questo bisogna pensare a un suo superamento. La vittoria al referendum insegna che vincere è possibile.
C'entra la battaglia per la ripubblicizzazione dell'acqua con la crisi e con le politiche monetariste della Bce? Moltissimo e per diversi motivi.

Ciao ciao Berlusconi, ma non è il momento di festeggiare

     di Andrea Degl'Innocenti *

Berlusconi e Monti, il passato ed il futuro dell'Italia, il primo responsabile di uno dei capitoli più bui del nostro paese, il secondo emissario di forze internazionali che mirano a depredarlo delle proprie risorse
Certo, dopo 17 anni ce lo saremmo immaginati in un altro modo. Non mancano le feste e i caroselli, le grida di giubilio per le strade, le piazze gremite di gente e di bandiere. Ma la sensazione di fondo è quella di una gioia che non riesce ad esplodere. Quello che con ogni probabilità è l'addio definitivo di Silvio Berlusconi alla politica merita oggi giusto un melanconico brindisi, un'alzata di calici alla fine di un'era buia del nostro paese, con la felicità uccisa sul nascere dalla mancanza di prospettive future confortanti.

L'oro della Banca d'Italia

  "Di chi è l'oro della Banca d'Italia?". A questa domanda un qualunque cittadino risponderebbe subito "Quell'oro appartiene allo Stato perché la Banca d'Italia è dello Stato". Lo dice la parola stessa, la banca in questione dovrebbe appartenere all'Italia. Gli azionisti della Banca d'Italia non sono però gli italiani, ma le banche private.

Quali? IntesaSanpaolo con il 30,3%, UniCredit con il 22,1% e con quote minori Assicurazioni Generali, Cassa di Risparmio in Bologna, Carige, BNL, Monte dei Paschi, Cassa di Risparmio di Biella e Vercelli, Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza.

Debiti pubblici, crisi economica e decrescita felice

  Sentinella, quanto resta della notte?
  Isaia 21,11

     di Maurizio Pallante

Le speculazioni sui titoli pubblici degli Stati più indebitati e i successivi crolli delle borse, trascinate al ribasso dalle perdite delle banche che ne hanno sottoscritto grandi quantità, avrebbero dovuto suscitare istintivamente una domanda che tuttavia non è stata mai posta: come mai negli ultimi anni tutti i paesi industrializzati hanno accumulato debiti pubblici sempre più consistenti, fino a raggiungere nel 2010 valori che vanno da un minimo dell’80 per cento del prodotto interno lordo nel Regno Unito al 225,8 in Giappone? Tra i paesi dell’Unione europea, in Francia il debito pubblico ha raggiunto l’81,7 per cento, in Germania l’83,2, in Portogallo il 93, in Irlanda il 96,2, in Belgio il 96,8, in Italia il 119, in Grecia il 142.