economia

Dario Fo contro la delocalizzazione: “Così ci sfracelliamo al suolo, serve una legge”

Il premio Nobel interviene in favore dei 300 lavoratori delle cartiere Burgo di Mantova, che rischiano di essere "buttati per strada senza pietà". Ma ad approfittare delle condizioni di "schiavismo" all'estero sono anche "Geox, Benetton, Bialetti, Fiat". L'appello allo Stato perché intervenga: "Cancellare la possibilità di spostare aziende solo per accumulare più denaro"

di Dario Fo *

Non c’è limite all’ingiustizia e alla prevaricazione che il sistema economico è capace di mettere in atto nei confronti dei lavoratori. Sembra che all’istante l’Italia sia decisa a sbarazzarsi brutalmente di coloro che tengono in piedi i tesori della sua grande tradizione artigiana e produttiva, che tutto il mondo ci ha invidiato per secoli. I lavoratori delle cartiere Burgo di Mantova corrono il rischio di essere mandati a casa senza tanti complimenti, mettendo sul lastrico numerosissime famiglie. In nome di cosa? Solo del denaro, del profitto, della perversa logica secondo cui se mi servi ti tengo e quando non mi servi più ti butto per strada senza pietà. Un disastro non solo per un’azienda, ma per tutta la città di Mantova, che viene a perdere una delle sue più importanti realtà produttive. E dire che stiamo parlando dell’unica cartiera in Italia che produce la carta per i quotidiani! Ciò significa che da questo momento giornali come Il Corriere, La Stampa ed altre centinaia di testate, saranno costrette a comprare all’estero la carta su cui gli italiani leggeranno le ultime notizie. Purtroppo questo è un fenomeno che oggi in Italia sta diventando quasi la norma.

OLTRE - V3DAY: Helena Norberg-Hodge e l'economia della felicità

 Genova 1 dicembre 2013:

Helena Norberg-Hodge e l'economia della felicità


"Sono molto felice di poter parlare con voi perché il MoVimento 5 Stelle é in questo momento uno dei movimenti più interessanti e importanti al mondo. Ho lavorato su questi temi per quasi quarant’anni e in più di dodici nazioni. Quello che voi rappresentate é esattamente il percorso che dobbiamo seguire. É un percorso che sta iniziando a emergere in molte nazioni diverse. Penso quindi che sia fondamentale, perché il M5S si rafforzi, collegarsi ad altri movimenti in tutto il mondo. Esiste un movimento di popolo che sta crescendo, una realtà oltre il mondo globalizzato di cui i media vogliono farci credere. Siamo portati a credere che la cosa più importante nella vita siano pezzi di carta, denaro. Siamo anche portati a credere che per i nostri governi sia più importante rispondere alle necessità delle banche, piuttosto che alle necessità delle persone. È un mondo impazzito, e grazie alle corporazioni dei media è molto difficile capire cosa sta effettivamente succedendo. Mi sento privilegiata, perché ho recentemente passato molto tempo in Cina, ho lavorato in India per molti anni e la mia rete di contatti include tutti i continenti. E' in corso la creazione, a partire dal basso, di un nuovo modello che riconosce che il problema fondamentale che affrontiamo oggi è che l’economia è cresciuta troppo. Non è la natura umana che ci ha portati a questa situazione ridicola, noi non siamo innatamente avidi e aggressivi, non è vero che esiste una qualche ragione evolutiva per cui l’economia diventa naturalmente sempre più grande. No. Il problema centrale è stato che i nostri governi, dai partiti di sinistra a quelli di destra, hanno deregolamentato le corporazioni e le banche internazionali, sovra regolamentando invece le economie locali e nazionali. Questo è stato fatto nel nome del libero scambio e del mercato libero. In realtà questo mercato è formato da enormi monopoli interconnessi, e il grande problema di queste strutture non è legato a una questione di chi è buono e chi è cattivo, ma ha a che fare con la loro scala. Questa struttura interconnessa di trilioni di dollari deregolamentati, flottanti e speculativi, collegata a corporazioni mobili, ha creato una forza, una pressione, che sta premendo su praticamente ogni governo. E praticamente ogni governo sta rispondendo ai bisogni di banche e corporazioni globali, invece che ai bisogni dei loro cittadini, o a quelli della madre terra.

No alle privatizzazioni!

Lo schema è noto. Un'azienda pubblica comunale viene usata, spremuta, per fini elettorali con assunzioni di utili idioti nei posti dirigenziali e un organico gonfiato a fini elettorali. L'azienda va in rosso, entra in crisi. A quel punto gli stessi politici che l'hanno fatta fallire invocano le privatizzazioni. Invece di porre mano ai guasti prodotti mettono all'asta un bene pubblico che non è loro, ma della comunità. L'acquirente privato è di solito contiguo al politico.

Dopo la privatizzazione avvengono regolarmente due fenomeni: licenziamenti e aumenti delle tariffe. L'azienda da pubblica è ora privata, ma non recupera un solo grammo di efficienza e i cittadini hanno in compenso un disservizio peggiore di prima. Invocare la privatizzazione per incapacità manifesta nella gestione della cosa pubblica è spacciato da questi cialtroni con la complicità dei media come un segno di progresso. Distruggono un bene pubblico sotto la loro responsabilità e invece di togliersi dai coglioni lo vendono agli amici degli amici. C'è una variante allo schema a livello nazionale, la vendita di aziende pubbliche in utile fatta dai partiti. In questo caso la vendita serve a coprire temporaneamente i buchi del bilancio causati dagli stessi partiti che quindi, come soluzione, bruciano i mobili di casa per scaldarsi.

Finanziamenti alle fonti fossili: il carbone fa cappotto

 

I Paesi  sviluppati hanno speso più di 59 miliardi di dollari

Forse leggendo alcune cifre che riguardano il carbone, si capisce meglio il perché dell’ennesimo stallo dei negoziati climatici dell’Onu in corso a Varsavia ed abbandonati dalle associazioni ambientaliste. Secondo il Natural Resources Defense Council (Nrdc), dal 2007 al 2012 i governi dei Paesi sviluppati hanno investito quasi 35 miliardi di dollari per costruire centrali a carbone in tutto il mondo. Se ci si mettono anche i finanziamenti alle miniere di carbone ed alle altre attività connesse, il totale arriva a poco più di 59 miliardi dollari. Il flusso di denaro che arriva al carbone è stato diviso tra due fonti principali: le banche di sviluppo internazionali, come la Banca Mondiale, la Banca europea per gli investimenti, Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo e la Banca Asiatica di Sviluppo, e le agenzie di credito per l’esportazione in alcuni Paesi avanzati, come la Export-Import Bank Usa.

I primi tre grandi finanziatori dei King Coal nel periodo 2007 – 2012 sono stati: Japanese Bank for International Cooperation (11,9 miliardi di dollari), U.S. Export Import Bank (7,24 miliardi $), World Bank Group (6.54 miliardi $), seguiti da Nippon Export & Investment Insurance of Japan, Euler Hermes, African Development Bank, Russian Development Bank, Kreditanstalt für Wiederaufbau, Export-Import Bank of Korea.

Produzione Industriale settembre 2013: l’Italia peggio di tutti in Europa

Battuta d’arresto per la produzione industriale in Europa a settembre. Secondo i dati diffusi dall’Eurostat, nell’area euro il calo è di 0,5 punti percentuali, mentre nell’Unione europea la flessione è dello 0,2%. Rispetto a settembre 2012 invece c’è un incremento rispettivamente di 1,1% e 1,2%.


fonte: scenarieconomici.it

Il dato italiano parla di una lieve ripresa a settembre rispetto ad agosto (+0,2%) ma di una caduta di tre punti percentuali rispetto a settembre 2012, un risultato migliore solo di Croazia (-3,9%) e Lussemburgo (-4%). A crescere di maggiormente sono l’Irlanda (+2,9% su mese e +11,7% su anno) e i paesi dell’Europa dell’Est (Romania, Ungheria, Slovacchia, Polonia). Nell’Europa occidentale rallenta la Francia (-0,4% su mese, -0,2% su anno), la Germania frena a settembre (-0,8%) ma guadagna l’1,3% su anno, crescono Regno Unito (+0,9% e +2,4%) e Spagna (+0,4% e +1,4%).


Guardiamo bene il grafico e le tendenze di medio periodo: - La Germania continua ad avvantaggiarsi (il processo e’ in atto dal 2004) - Francia, Spagna ed Italia continuano a perdere posizioni. Pero’ la Spagna ha da diversi mesi (e con essa Irlanda e Portogallo) un trend migliore di quello dell’Italia, che ormai e’ relegata all’ultimo posto tra i vari paesi. Queste tendenze confermano al 100% le dinamiche relative al CLUP (Costo del Lavoro per unita’ di Prodotto), che e’ indicatore fondamentale di competitivita’:


Il Brasile si fa bello spazzando le favelas

 di Marco Gulisano ( da comune-info.net ) *


Dopo le impetuose proteste di giugno, il Brasile non fa più notizia ma le ragioni di quella ribellione sono ancora vive e quasi ogni settimana vanno in piazza centomila persone. Intanto Rio de Janeiro si prepara ai grandi eventi mondiali cancellando cento favelas e allontanando la gente che le abita. Le favelas del centro sono state occupate dalla polizia militare, che dovrebbe “pacificarle”. Intervista alla coordinatrice di O cidadão, il giornale comunitario da Maré.

Eurostat, Italia debito da record. È seconda solo alla Grecia

Nel secondo trimestre del 2013, il debito del nostro Paese è salito a quota 133,3 per cento. Solo la Grecia ha superato l’Italia nella lista dei Paesi Ue con un debito pubblico da record.

 


Nel secondo trimestre del 2013, il debito del nostro Paese è infatti salito al 133,3 per cento, in crescita di tre punti percentuali rispetto ai primi tre mesi dell’anno quando era al 130,3%. Secondo Eurostat è comunque lo stato ellenico a conquistare il primato con il 169,1% e con uno dei maggiori incrementi tra il primo e il secondo trimestre di quest’anno. Il debito pubblico italiano continua anche in punti percentuali di Pil: nel secondo trimestre 2012 era di 1.982.898 milioni di euro, pari al 125,6 % del Pil, nel primo trimestre di quest’anno era di 2.035.833 milioni, al 130,3%, mentre nel secondo trimestre è arrivato a 2.076.182 milioni, ovvero al 133,3%.

Ilva, l'errore si ripete

 di Guido Viale *

 

Letta ha annunciato che il prossimo impegno del governo, se resterà in piedi, sarà un grande programma di privatizzazioni, cioè di svendita di quote di aziende statali e di misure per costringere i Comuni a disfarsi del loro residuo controllo sui beni comuni e sui servizi pubblici locali. Il tutto, naturalmente, per far quadrare i bilanci, abbattere il debito pubblico e riportare il deficit (che ormai viaggia verso il 3,5% del Pil) entro il margine "prescritto". Tutti obiettivi impossibili: ai prezzi odierni, la svendita anche di tutti i beni pubblici vendibili (un grande affare per chi compra) non porterebbe nelle casse statali che un centinaio di miliardi o poco più; cioè meno di quanto lo Stato pagherà in un anno tra interessi e rateo di rimborso del debito imposto dal fiscal compact. E l'anno dopo ci si ritroverà al punto di prima, ma senza più beni comuni e aziende pubbliche. La realtà è che il debito pubblico italiano è insostenibile e l'unico modo per farvi fronte è congelarlo.

Allarme pensioni: l'Inps chiudera' in perdita per altri 9 miliardi nel 2013, dopo i 9 miliardi gia' persi l'anno scorso

 di Fabio Pavesi *


La voragine si è aperta e difficilmente verrà colmata nei prossimi anni. Dopo la perdita per 9 miliardi subita dall'Inps nel 2012 e resa nota nei giorni scorsi, anche il 2013 dovrebbe chiudere in profondo rosso per l'istituto.

La previsione è contenuta nella prima nota di variazione del preventivo 2013 a cura del Civ (Il Consiglio di vigilanza) dell'Inps approvata poche settimane fa. Ebbene il Civ stima una nuova perdita per 9,2 miliardi. Se queste stime saranno confermate nei prossimi mesi, l'Inps finirà quindi per cumulare una perdita di 18 miliardi nel biennio 2012-2013. Non solo. Questo trend dovrebbe proseguire inalterato anche nei prossimi anni con le stime di perdite per 10 miliardi all'anno anche nel 2014 e 2015.


Di Battista shock !

 Il deputato del Movimento 5 Stelle Alessandro Di Battista ha scritto uno sconvolgente messaggio su Facebook. Invitando tutti a condividerlo. Sono numeri tragici quelli messi nero su bianco dal deputato. Ecco di seguito il messaggio: Facciamo diventare virale questo post ragazzi. Condividiamo come non mai, lo stiamo facendo tutti quanti!

 

Napolitano blinda il governo e nasconde i conti sotto il tappeto. Per la prima volta nel suo mandato, il presidente della Repubblica ha incontrato il ragioniere generale dello Stato. Perché? Ve lo diciamo noi: