economia

Per una nuova Comunità Europea

  In Europa per l’Italia

( dal blog di Beppe Grillo)

A maggio ci saranno le elezioni europee, di fatto sono diventate elezioni nazionali. Non è un mistero che i governi vengono fatti e disfatti a Bruxelles e nelle stanze della BCE. E' successo per la Grecia, per il Portogallo e succede in Italia da Rigor Montis in poi. Tre governi italiani sono stati decisi dalla UE con il beneplacito di Napolitano.
 
Il Parlamento italiano, gli elettori italiani hanno ormai solo una funzione simbolica. Servono come facciata democratica. Bisogna andare in Europa per cambiare l'Italia. I nostri cosiddetti "premier" sono diventati servi dei poteri finanziari e di logiche economiche decise altrove. Le loro "missioni" in Europa a incontrare Hollande o la Merkel con il bacio consueto della pantofola hanno come unico obiettivo quello di legittimarli agli occhi dell'opinione pubblica italiana. Il M5S è visto come un pericolo pubblico da questa Europa che fa di tutto per emarginarlo, minimizzarlo, ignorarlo. Ne ha ben ragione.
 
Se il M5S avrà una forte affermazione elettorale ed entrerà nel Parlamento europeo con 20/30 eurodeputati gli attuali equilibri salteranno. Il M5S non è Eurosì o Eurono. Il M5S vuole il ritorno ai principi di solidarietà e di comunità. L'Europa si chiamava Comunità Europea, oggi si è trasformata in Unione Europea. Il M5S vuole un'Europa solidale o nessuna Europa. Il M5S porrà delle condizioni, tra queste l'eliminazione immediata del Fiscal Compact che impone un taglio di 50 miliardi all'anno per un ventennio alla nostra finanza pubblica per rientrare nei parametri di Maastritcht. Una misura che ci ridurrebbe in miseria e ci consegnerebbe alla Troika con la sottrazione di ogni politica economica, Altra condizione l'emissione di eurobond, di titoli pubblici europei garantiti a livello centrale per evitare che l'Italia finisca rapidamente come la Grecia.
 
Se la UE rifiuterà queste richieste è obbligatorio uscire dall'euro, non c'è scelta, il M5S farà un referendum per ritornare alla lira e per riprenderci la nostra sovranità monetaria.
 

Che fine hanno fatto i sostenitori dell’austerity?

di Francesca Fornario *  

Fateci caso: non ne trovi più uno che difenda l’austerity. È in virtù dello stesso mec­ca­ni­smo per cui oggi tutti si com­pli­men­tano con Sor­ren­tino senza neces­sa­ria­mente aver visto il film (tipo Alfano «Meri­tato Oscar a un film che rac­conta la deca­denza della poli­tica ita­liana»: mi ci sono pro­prio rivi­sto in que­sto «12 anni schiavo»).
 
È così che il nuovo concetto-rifugio dei con­for­mi­sti è diven­tato «Il rigore non basta serve la cre­scita». Lo ripe­tono mec­ca­ni­ca­mente gli stessi che si sper­ti­ca­vano in lodi per il rigo­ri­sta Monti, che tar­tas­sando pen­sio­nati e lavo­ra­tori diede sì impulso alla cre­scita ma delle ban­che (in banca da me quando c’era lui erano così esul­tanti che invece di farti fare la fila ti face­vano fare il tre­nino). Allora andava di moda osser­vare che ave­vamo vis­suto al di sopra delle nostre pos­si­bi­lità e che dove­vamo tagliare la spesa pub­blica, con­vin­zione ali­men­tata dalle inchie­ste sullo sper­pero di denaro da parte di alcuni poli­tici (l’ultima: For­mi­goni ha speso 243 euro di soldi pub­blici per fare cola­zione con Vit­to­rio Fel­tri. Due­cen­to­qua­ranta euro per una cola­zione?! E che cavolo, toglie­tele que­ste slot dai bar!).
 

Arance di Sicilia: l'UE ne determina la fine della coltivazione, prezzi al ribasso

Allarme lanciato da Coldiretti Sicilia dopo l'accordo tra Unione Europea e Marocco. Braccio di ferro tra la Sicilia e l'Unione Europea

di Lady Bit *
 
E' passato l'accordo solo qualche settimana fa e lo stesso entrerà in vigore il prossimo maggio 2014, almeno secondo le previsioni di questa nuova decisione. Per gli agricoltori siciliani la prossima estate potrebbe iniziare con la fine della loro agricoltura, questo almeno è il punto su cui Alessandro Chiarelli, presidente di Coldiretti Sicilia sta lanciando il suo allarme per il settore agricolo siciliano, che a suo dire grazie all'accordo di riduzione del 55% dei dazi doganali, per altro già favoriti per il Marocco, il paese potrà esportare in Italia arance ma anche altri prodotti a prezzi molto più favorevoli del mercato siciliano, con le ovvie ripercussioni economiche.
 
La situazione attuale già poco favorevole per i prodotti della Sicilia, con questa nuova batosta concorrenziale potrà solo che aggravare la situazione, già si parla di ulteriori ribassi per effetto della nuova offerta proveniente dal Marocco, la previsione è che si arrivi con prezzi al ribasso per le arance fino ai 18 centesimi il kilo, ed in questa ottica le produzioni locali verrebbero abbandonate per mancanza del margine minimo di guadagno, situazione per altro che vale non solo per le arance ma anche per molti altri prodotti, infatti l'accordo riguarda tutta una serie di prodotti della terra ma anche ittici.
 

Il governo ha fornito dati falsi sullo stato dell'economia. Istat e Confindustria li hanno smascherati

 di Sergio Di Cori Modigliani *

Teatro geo-politico e bugie di regime. Il ministro dell'economia, Fabrizio Saccomanni, e il primo ministro Enrico Letta, hanno fornito cifre non corrispondenti alla realtà. Hanno mentito sapendo di mentire. Apparentemente niente di nuovo. Lo facevano anche Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti, se è per questo. Lo facevano anche Mario Monti e Corrado Passera.

Ma c'è una differenza tra il 2010/11/12/13 e il 2014. E' cambiato il panorama geo-politico globale, è cambiato il teatro di scontro internazionale, e in Italia -ciò che a noi sta a cuore- è completamente cambiato sia il quadro istituzionale che i rapporti tra imprenditoria e politica, da una parte, e classe politica e cittadinanza dall'altra. Basterebbe vedere i grandi networks televisivi del pianeta in questi giorni, per comprendere che cosa sta accadendo nel mondo e capire, fino in fondo, che i record raggiunti dall'Italia non sono soltanto numeri tanto per fare delle classifiche: sono indicatori della buona salute di una nazione oppure del suo stato patologico. (mi riferisco al fatto che siamo al 70esimo posto come libertà di stampa e 28esimi in Europa -cioè ultimi- sia come evasione fiscale, sia come corruzione sia come diffusione di criminalità). Grecia, Spagna e Bulgaria stanno meglio di noi.
 

Distribuzione della ricchezza: iniqua o ancora più iniqua?

da Filippo Ottonieri *

Qualche settimana fa, ho visto un video che in realtà è stato realizzato poco più di un anno fa, e che illustra le disuguaglianze di ricchezza (non reddito, per chiarezza) negli USA. Dato che non è recentissimo, e che peraltro elabora dati provenienti da una ricerca ancora precedente (della Harvard Business School), potreste conoscerne già i contenuti, ma in caso contrario merita di essere visto.
 
Per chi non avesse tempo (ma non ne serve molto) o non capisse l’inglese, il succo è: agli americani è stato chiesto quale pensassero che sia la distribuzione della ricchezza in USA, e se la trovassero giusta o auspicassero una ripartizione diversa. I risultati sono stati in un certo senso sconcertanti: gli americani in genere auspicano una distribuzione della ricchezza piuttosto egualitaria, nella quale idealmente il 20% più ricco dovrebbe possedere circa il 32% della ricchezza totale, circa il triplo di quanto troverebbero giusto che possieda il 20% più povero della popolazione. Un rapporto 3:1 tra “ricchi” e “poveri”, insomma.
 

Imu-Bankitalia: se il governo e le banche diventano soci in affari

 di Loretta Napoleoni *

Questa settimana l’Italia ha regalato al mondo un bellissimo esempio di economia occulta. Il decreto approvato su Bankitalia ed Imu sembra uscito da un manuale di dietrologia economico-finanziaria. Gli elementi ci sono tutti: un accordo tra classi politiche e banche, che viene fatto passare per una manovra per evitare che i cittadini paghino una tassa odiosa, imposta da Bruxelles: la tassa sulla casa; un sistema di informazione al servizio di questi stessi politici, che ha sapientemente insabbiato la verità e divulgato informazioni false; un Parlamento, fatta eccezione per il Movimento 5 Stelle e dei Fratelli d’Italia, che ha fatto gli interessi propri, corporativi e di casta, invece che quelli della popolazione che dovrebbe rappresentare; individui preposti ad istituzioni democratiche che le rendono strumenti di potere nelle proprie mani ed in quelle del governo.
Vediamo di analizzare per una volta tanto i fatti.
 

Quale futuro per l'Europa?

 Per rifondare l'Europa su basi più democratiche sono necessarie rotture decisive.


L'introduzione all'ultimo libro degli Economistes Atterrés, "Cambiare l'Europa" Cosa rimane dell’ideale europeo? Cosa sono diventate le speranze dei popoli europei? L’Europa sta morendo, l’Europa è morta!


A metà 2013 la situazione economica dell’Europa è più che preoccupante: crescita zero nel 2012 e nel 2013, tasso di disoccupazione superiore al 12%. L’Europa non è in grado di mettere in moto né una strategia di breve termine per uscire dalla depressione né una strategia di lungo termine per definire un nuovo sentiero di crescita che possa avviare le necessarie transizioni economiche, ambientali e sociali. L’Euro, il più bel successo europeo secondo i suoi promotori, è fragile, minacciato dalle disparità della zona, dalla speculazione finanziaria, dall’assenza di solidarietà tra Paesi membri e di una via di uscita coerente dalla crisi.

Debito pubblico, chi lo crea stampando moneta e chi lo paga con le tasse

di Loretta Napoleoni *

Nel 2014 diventerà operativo il fiscal compact, per chi voglia rinfrescarsi la memoria ecco la definizione che riporta Wikipedia:

“Il Patto di bilancio europeo o Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell’unione economica e monetaria, conosciuto anche con l’anglicismo Fiscal compact (letteralmente riduzione fiscale), è un accordo approvato con un trattato internazionale il 2 marzo 2012 da 25 dei 27 stati membri dell’Unione europea, entrato in vigore il 1º gennaio 2013.” L’accordo contiene le regole d’oro della gestione fiscale degli stati membri, tra queste c’è l’impegno del nostro paese a ridurre il rapporto tra debito pubblico e Pil al 60 per cento attraverso una maxi manovra finanziaria all’anno per i prossimi 20 anni, la prima avverrà quest’anno. Dato che al momento questo rapporto supera il 132 per cento (equivalente a 2080 miliardi di euro circa) bisogna ridurlo di almeno 900 miliardi di euro, il che equivale a circa 45 miliardi l’anno per due decadi.

«L’Europa indebitata ripete i nostri errori»

 

*di Rafael Correa, Presidente della Repubblica dell’Ecuador, dottore in economia. (Traduzione dal francese di José F. Padova)

In occasione di una conferenza tenuta alla Sorbona il 6 novembre scorso, il presidente dell’Ecuador Rafael Correa si è rivolto ai suoi omologhi europei a proposito della gestione della crisi del debito pubblico. Qui troviamo una sintesi della sua riflessione.

 

Un quarto dei cittadini dell’Unione europea a rischio povertà. Peggio in Italia

 I dati Eurostat indicano per il Bel Paese una sofferenza maggiore della media Ue. I più poveri bulgari, romeni, lettoni e greci

Secondo un rapporto pubblicato oggi da Eurostat, «nel 2012, 124,5 milioni di persone, che rappresentano il 24,8% della popolazione, erano minacciati di povertà o di esclusione sociale nell’Ue, contro il 24,3% nel 2011 e il 23,7% nel 2008. Queste persone si sono così confrontate con almeno una delle tre seguenti forme di esclusione: rischio di povertà, situazione di privazione materiale severa, vivere in famiglie ad intensità di lavoro molto bassa».

Anche la politica europea si sta accorgengo che la crisi sta devastando le strutture economiche e sociali di interi Paesi e la riduzione del numero di persone che sono a rischio povertà o esclusione sociale nella ricca Ue è uno dei principali obiettivi della strategia Europa 2023. Quello di Eurostat è un bollettino di guerra dal fronte della povertà europea e le Caporetto del neocapitalismo e delle mancate promesse delle democrazie post-comuniste sono la Bulgaria, con il 49% dei suoi cittadini minacciati di povertà ed esclusione sociale), la Romania (42%), la Lettonia (37%) che precedono addirittura la disastrata Grecia (35%). I Paesi dell’Ue con meno poveri ed esclusi sono l’Olanda e la Repubblica Ceca (15%), la Finlandia (17%), la Svezia e il Lussemburgo (18%).