
di Angelo Sofo*
prima parte: Lo spirito del luogo
Chi costruisce o restaura edifici, chi progetta centri urbani, chi pianifica un territorio, avrebbe il dovere, prima di ogni altra cosa, di intessere una relazione intima e profonda con il luogo. Dovrebbe porsi, cioè, in una situazione di ascolto, tentare di percepire l’invisibile che sta dietro al visibile per entrare in contatto con l’essenza di quel piccolo frammento di Terra sul quale è chiamato ad intervenire. Già, perché i luoghi chiamano, evocano, ci inseguono e, quando vogliono, sanno farsi scoprire, anche intimamente. Gli antichi avevano compreso l’importanza e la complessità di questo processo al punto che, ad esempio, nel mondo greco classico, la scelta del luogo dove costruire una nuova colonia era affidato all’ecista (nella Grecia antica, era un condottiero scelto da un gruppo di cittadini per guidarli alla colonizzazione di una terra) personaggio a metà strada tra il condottiero, il sacerdote, il filosofo e l’architetto, il quale sapeva interpretare presagi, segni, narrazioni, semiologie dei luoghi, oltre che gli elementi geografici. Ma la precisa identificazione di quest’idea di “essenza interiore” del luogo fu coniata dai latini con il Genius Loci (con le iniziali maiuscole perché trattasi pur sempre di una divinità, anche se secondaria, cioè non olimpica), che con estrema semplificazione potremmo definire come lo spirito, il nume tutelare di ogni singolo luogo. Per uscire subito dalle secche della pura ricerca filologica, possiamo dire che, se volessimo applicare quel concetto oggi a un luogo particolare, sia esso naturale o urbano, potremmo forse dire che quel luogo è “numinoso”, cioè colmo della presenza di un nume, pervaso da un’aura di sacralità. L’idea di Genius Loci, seppur velata dalle nebbie del mito, può tornare utile a chi voglia accostarsi ad una più attenta e rispettosa “scienza dei luoghi” o ad una architettura più consapevole. Tanto è più vero se si pone mente che l’opera moderna più nota col titolo “Genius Loci” è proprio quella (laica e pragmatica) di un architetto, Christian Norberg-Schulz, col sottotitolo “Paesaggio, Ambiente, Architettura”. Ed infatti, sostiene Norberg-Schulz, “Proteggere e conservare il genius loci significa concretizzarne l’essenza in contesti storici sempre nuovi. Si può anche dire che la storia di un luogo dovrebbe essere la sua autorealizzazione”. Come dire che, a saper bene indagare, ogni luogo reca in sé i segni di ciò che esso vuole essere o divenire. Ed esattamente questa dovrebbe essere la prima preoccupazione di chi si appresta ad intervenire su quel luogo, sia esso architetto, ingegnere, pianificatore o quant’altro.
La perdita della capacità di riconoscere l’identità dei luoghi (l’indifferenza) non è diversa dall’incapacità di riconoscere se stessi come individui sociali. La distruzione dei luoghi non è un incidente, un eccesso di voracità di qualcuno, ma un obiettivo intrinseco del sistema economico dominante: recidere le relazioni tra l’individuo, l’ambiente, gli altri da sé.