internazionali

Nessun accordo su Cipro, il «sultano» punta all’annessione


di Dimitri Deliolanes *

Non ci sono segreti nel progetto politico di Erdogan. Egli stesso lo ha rivelato molte volte pubblicamente: è la «grande Turchia», non in termini ideali ma molto, moltissimo, materiali, cioè territoriali. Al sultano di Ankara non basta l’ambizione di diventare la guida dei musulmani sunniti. Vuole anche ridare alla Turchia quella dimensione imperiale che aveva in epoca ottomana. Per ottenere questo duplice obiettivo egli deve guadagnarsi il titolo di gazi, cioè del conquistatore di terre infedeli.

Ecco perché Erdogan si agita in maniera scomposta alle sue frontiere: ha invaso la Siria e l’Iraq e ora minaccia apertamente le frontiere esistenti con la Grecia. Le frontiere «del nostro cuore», come ha detto, comprendono Mosul, Kirkuk, Aleppo, ma anche Salonicco, la Tracia e un bel po’ di isole dell’Egeo. Erdogan apre un fronte dietro l’altro, convinto di potersi destreggiare nelle pieghe del contrasto tra Mosca e Washington e di ricattare spudoratamente un’Europa incapace di gestire in maniera solidale l’ondata di profughi. Si crede l’unico furbo e potente, circondato da leader confusi e codardi.

 

Usa: La fine dell’illusione democratica

 di Fabrizio Tonello *

 

In un raro momento di sincerità durante la campagna elettorale Hillary Clinton ha detto: «I am not a born politician, like my husband and president Obama», non sono un politico nato, come mio marito e Obama. In effetti è vero: sia Bill Clinton che Barack Obama sono due leader che entrano immediatamente in sintonia con le folle, piccole o grandi, che lo ascoltano: di cosa siano capaci lo abbiamo visto infinite volte. Hillary Clinton non ha questo talento ma è una che ci prova, che non molla mai, che lavora 16 ore al giorno e che, presentandosi come il candidato della continuità in un anno in cui il 53% degli americani voleva il cambiamento, ha comunque preso più voti del suo avversario. Solo l’antidemocratico sistema elettorale, non la volontà della maggioranza degli elettori, ha consegnato la presidenza a Trump sottraendola a lei.

 

Checché ne dicano molti commentatori, il problema non era il candidato ma il partito. E il partito, oggi, non ha leader, non ha programma, non ha una visione del mondo su cui riconquistare la maggioranza degli americani.

 

Il Kurdistan iracheno e lo scenario di un vero Stato curdo

di Fernando D'Aniello - Mideast Flashpoints *

La guerra contro lo Stato Islamico procede su più fronti: se quello più noto per il mondo occidentale è il conflitto localizzato in Siria, da diversi mesi i miliziani del Califfato vengono respinti anche nel loro confine orientale; nei prossimi mesi la battaglia per la città irachena di Mosul, localizzata nel nord- ovest del paese, verso il confine siriano, sarà decisiva per la sopravvivenza stessa del Califfato.


Il grosso delle forze che sta conducendo gli attacchi contro lo Stato Islamico lungo il confine orientale è costituito dai Peshmerga della Regione autonoma del Kurdistan (per i curdi, il Kurdistan meridionale). Nel 1991, dopo la fine della Prima guerra del Golfo, la parte settentrionale dell’Iraq si liberò della presenza dell’esercito iracheno e cominciò ad autogovernarsi: si tratta della regione intorno alle città di Arbil, Dohuk e Sulaymaniyya e abitata in prevalenza da curdi, che costituivano circa un quinto della popolazione irachena e che erano stati al centro di attacchi brutali dell’esercito di Saddam (tra cui la strage di Halabja del 1988). Fu quello, secondo alcuni osservatori, il tentativo meglio riuscito di costruzione di uno Stato curdo in tempi moderni: nel 1992 fu eletto un Parlamento e le milizie Peshmerga furono trasformate in forze di difesa regionale.

Settembre elettorale in Germania. Si vota a Berlino

 

Due scadenze elettorali: nel Land Mecleburgo-Pomerania (4 settembre) poi il doppio voto di Berlino (come Città-Stato e come Comune) due settimane dopo (18 settembre). Si avvicina un test decisivo su come cambierà la Germania di fronte alla crisi dell’Europa degli ultimi sei mesi. Il Mecklenburg-Vorpommern ha 1,6 milioni di abitanti, l’intera Berlino metropolitana circa 5,8. In totale il 9.2% della popolazione tedesca di 81,8 milioni di abitanti va al voto. I risultati in tre Lander a metà marzo sono stati una scossa per il paese, mostrando che i due attori della alleanza nazionale del 2013 (SPD e CDU-CSU) forse non reggono più la crisi e sarà difficile prevedere cosa succederà nell’autunno del 2017 con le nuove elezioni politiche.

 

di Massimo Marino

 

La Turchia invade Rojava, l’Isis si ritira

 La città di frontiera di Jarabulus strappata in poche ore agli islamisti che fuggono senza combattere. Operazione coperta dalle bombe Usa. Incursione pianificata da tempo: 5mila "ribelli" siriani erano già pronti.


Erdogan ha aspettato che il riavvicinamento a Mosca eliminasse la minaccia russa. La guerra del sultano Erdogan a Rojava è iniziata alle 4 di mercoledì notte sotto i vessilli dell’operazione “Scudo dell’Eufrate”. Unità speciali turche sono penetrate in territorio siriano dalla città di frontiera di Karkamis, insieme a 5mila “ribelli” siriani (l’Esercito Libero, i turkmeni della Brigata al-Sultan Murat, i salafiti di Ahrar al-Sham e gruppi laici e islamisti della composita federazione Fronte del Levante, attiva ad Aleppo). In cielo, a proteggere l’invasione di Jarabulus, volavano gli F16 turchi e la coalizione a guida Usa.


Primarie USA: La convinzione di Sanders

 Sanderistas/Clintonistas. La lotta che continua e il nuovo peso della sinistra.Il candidato "socialista" oltre la convention democratica


di Guido Moltedo *


Bernie Sanders, che è del ’41, ha mangiato pane e politica fin dagli anni Sessanta, prima nei movimenti, poi mettendosi in gioco molte volte come candidato a cariche istituzionali, la prima nel 1972. È un politico di lungo corso che, da socialista e fiero di esserlo, ha conseguito risultati di grande rilievo in un’America allergica al termine stesso «socialista», fino a essere eletto senatore del Vermont. Conservando per tutto il percorso un’integrità etica che tutti gli riconoscono e uno spirito indipendente (fino al 2015 non era neppure membro del Partito democratico) più unico che raro nella politica americana. E mantenendo un costante rapporto con la sua «base» elettorale di sinistra e un’attenzione instancabile verso la classe lavoratrice. Sanders ha sempre saputo tenere insieme e mettere in relazione tra loro idealità, passione e realismo. Bernie, insomma, è movimentismo dentro una solida cultura di governo. Per questo non stupisce, chi l’ha seguito nel corso della sua lunga carriera politica, l’atteggiamento tenuto lunedì nella convention di Filadelfia, quando ha sostenuto la candidatura di Hillary Clinton senza se e senza ma e non come semplice rassegnazione al minore dei mali. Ha citato Hillary quindici volte, dichiarando che «Hillary Clinton deve diventare la prossima presidente degli Stati Uniti». Politico di vecchio stampo, Sanders ha un acuto senso dei rapporti di forza, ha una lucida visione del campo di gioco in cui si svolge la partita del momento, e possiede una considerevole capacità di influenzare gli eventi nel loro svolgersi dinamico. Sa combinare tattica e strategia. Altrimenti come sarebbe potuto arrivare fin dove è arrivato, avendo vissuto un’intera vita politica in minoranza?


«Manuale di istruzioni» per comprendere Podemos

Da Vistalegre a oggi. Nelle società capitalistiche il dissenso viene gestito e controllato. In Spagna la piazza trovò la ferma posizione dei due partiti al potere. Il messaggio nei confronti degli indignados fu: «queste cose si risolvono in parlamento». Podemos ha preso la palla al balzo, provando a veicolare il malcontento in un partito con una chiara aspirazione maggioritaria.

 

di Simone Pieranni *

 

In un cinema multisala di Madrid nei pressi della Puerta del Sol, il centro della capitale spagnola, viene proiettato da qualche giorno un documentario di due ore dal titolo «Política, manual de instrucciones». È la storia di Podemos: dal 2014, con il congresso di Vistalegre che sancì la leadership di Pablo Iglesias (non senza una battaglia contro chi rifiutava un «maschio alfa» alla guida di un movimento che si pretendeva orizzontale nella guida) fino alle elezioni del dicembre 2015 quando Podemos entrò per la prima volta nel parlamento spagnolo come terzo partito dopo Pp e Psoe. Per due anni il regista Fernando León de Aranoa (già autore di «A perfect day» e «I lunedì al sole») ha puntato le sue telecamere su tutto quanto avveniva nel partito: dalle discussioni su come impostare gli interventi, alle diatribe teoriche, fino alle spaccature più gravi.

 

USA: Nei movimenti tutte le strade portano a Bernie Sanders

 

di Marina Catucci *

Primarie Usa. Occupy e Black Lives Matter, la sinistra Usa scende in piazza e ha scelto il proprio candidato per la Casa bianca. La lotta all’«1%» non è più uno slogan per pochi «radical» ma è il vero punto della campagna democratica.


Un matrimonio scritto in cielo, questo è l’incontro tra Bernie Sanders, il «socialista» in corsa per la Casa Bianca e Occupy Wall Street, il movimento nato nel 2011 sui temi della diseguaglianza sociale ed economica; OWS, che nel 2012 non aveva pubblicamente sostenuto Obama (anche se di certo non ha remato contro), ora sta attivamente collaborando all’ascesa di Sanders, che da parte sua ha abbracciato gli slogan del movimento e non manca di citare «l’1%» in ogni comizio. Sabato scorso a New York, città natale di Sanders, c’è stato un corteo di qualche migliaio di persone dal percorso a dir poco simbolico: partenza da Union Square (la piazza del sindacato) e arrivo a Zuccotti Park, da dove Occupy aveva cominciato. Nella piazza, che non era così piena da tanto tempo, gli slogan di Occupy e a quelli sostegno di Sanders si mischiano, anche perché sono stati creati dalle stesse persone. OWS ha mostrato dal primo giorno la propria capacità di comunicazione, tratto distintivo di un movimento che in pochissimo tempo ha acquisito un’identità immediatamente riconoscibile e che ha marcato un prima e un dopo nelle modalità di protesta.


Corbyn non scontenta le Unions: sommergibili ma senza bombe

 di Leonardo Clausi *

 

Londra - Ancora una volta nell’occhio del ciclone mediatico, il leader laburista Jeremy Corbyn è stato preso di mira dalla stampa mainstream britannica per aver osato suggerire una soluzione di compromesso sulla questione del rinnovo dell’arsenale nucleare nazionale. Incalzato dal decano opinionista della Bbc Andrew Marr nel suo programma televisivo della domenica mattina, Corbyn ha concesso un teorico via libera suo e del partito al programma di rinnovo dei sottomarini nucleari, ma senza testate atomiche, così da salvaguardare l’occupazione di migliaia di lavoratori impiegati nell’industria bellica nazionale, un comparto che vale migliaia di posti di lavoro, soprattutto in Scozia e Cumbria.

 

Primarie Usa, Sanders dice no ai soldi delle “big oil”. Si infiamma la sfida con Clinton

 di Raffaele Lupoli *

La corsa delle primarie democratiche per la Casa Bianca si gioca anche sul “green”. E la contesa Hillary Clinton e Bernie Sanders si riaccende in prossimità del confronto diretto tra i due previsto per il 17 gennaio a Charleston.

Gli ultimi sondaggi danno l’outsider Sanders a una manciata di voti da Clinton in Iowa, dove le primarie Dem prenderanno il via il primo febbraio. L’ex segretario di Stato, stando ai rilevamenti di Nbc News, Wall Street Journal e Marist Colleg, supera di tre punti il senatore socialista (48 contro 45), mentre le previsioni per il voto del 10 febbraio nel New Hampshire vedono davanti Sanders al 50% e a seguire Clinton al 45.