mattone e cemento

Il Paese delle scosse chiude i dipartimenti per formare i geologi: erano 29, ne restano 8

 L'Italia del consumo del suolo e dei terremoti taglia le sedi dove non ci sono almeno 40 docenti, per effetto della riforma Gelmini del 2010 che nel frattempo nessuno ha corretto. In 6 anni chiuse 21 strutture. E ora anche Pisa e Firenze sono a rischio. L'esperto: "Così col tempo perderemo la conoscenza diretta del nostro territorio"


È il dipartimento universitario che forma i geologi, ossia coloro che collaborano alla pianificazione territoriale tramite la valutazione dei rischi naturali, come eruzioni vulcaniche, alluvioni, frane e terremoti. Per non parlare del dissesto idrogeologico. Per non parlare del dissesto idrogeologico la geologia è a rischio estinzione. Le sedi di Scienze della Terra in Italia sono passate da 29 (nel 2010) a 8 (nel 2016), per effetto della riforma Gelmini del 2010 che ha imposto il taglio di tutti i dipartimenti che non raggiungano i 40 docenti. Cioè, nel caso di Scienze della Terra, praticamente tutti.

 

Tutti contro lo “Sblocca-Italia”: le associazioni unanimi contestano i contenuti del decreto

Uno strumento anacronistico. Un formulario di vecchi progetti che vengono riesumati in nome di un finto interesse collettivo. Unanimi, le 12 associazioni riunite oggi a Roma da Italia Nostra – CTS – ENPA – FAI – Greenpeace – Legambiente – LIPU – Mountain Wilderness – Pro Natura – Salviamo il Paesaggio – Touring Club Italiano – WWF – per l’esame dello “Sblocca Italia”, chiedono al Parlamento che non converta in legge il decreto.

Le associazioni considerano il testo del decreto inaccettabile nei suoi contenuti per gli effetti devastanti che si prospettano per il territorio, per l’economia stessa del Paese e per i suoi profili di illegittimità costituzionale. Una formulazione che continua a vedere nella cementificazione, nello sviluppo infrastrutturale e nello sfruttamento delle risorse ambientali il solo motore di sviluppo della nazione.
 

Un EXPÒ tira l’altro

di Guido Viale *

L’Expò 2015 galvanizza la casta (“rimetterà in sesto l’economia”) e ammorba i milanesi. Fare l’Expò è una idea stupida: poteva venire in mente solo a una turista della politica come l’ex sindaco Letizia Moratti. Per Pisapia, il sindaco che l’ha ereditato, è una pietra al collo che porterà a fondo lui, la sua giunta e l’intera cittadinanza.

L’Esposizione Universale aveva senso a metà dell’800, quando non c’era altro modo per mostrare al mondo le “meraviglie” della nuova civiltà industriale. Ma adesso c’è Internet, e prima c’erano già TV e stampa in quadricromia: quelle “meraviglie” le conoscono persino i pinguini del Polo Sud, senza bisogno di mettersi in viaggio per Milano. Le ultime Expò (Lisbona, Hannover, Saragozza, Shanghai) sono state bagni di sangue: metà dei visitatori previsti, una montagna di debiti e, soprattutto, cemento e strutture inutilizzabili e inutilizzate. E’ il destino dell’area (pagata a peso d’oro ai proprietari) e delle installazioni progettate per Expò 2015. Un mercato bloccato azzera l’intento originario di fare sul sito, dopo la sua dismissione, una grande speculazione edilizia.

Soggetti a VIA anche i centri commerciali di medie dimensioni

 di Eleonora Santucci *

 

Anche i centri commerciali di medie dimensioni sono soggetti a verifica di assoggettabilità alla valutazione d’impatto ambientale (Via). Lo ricorda la Corte Costituzionale – con sentenza del 28 ottobre 2013, n. 251 – che dichiara incostituzionale le legge del Veneto “Politiche per lo sviluppo del sistema commerciale nella Regione del Veneto” nella parte in cui omette l’inclusione dei centri commerciali di medie dimensioni alla assoggettabilità di Via. Perché in contrasto con le disposizioni nazionali e la Costituzione.

La legge regionale del Veneto, fra l’altro, dispone che l’apertura, i mutamenti di superficie, di settore, la trasformazione, il trasferimento di sede e il subingresso rispettivamente degli esercizi di vicinato e delle strutture di vendita di dimensioni medie e grandi, siano soggetti a segnalazione certificata d’inizio attività (d’ora innanzi Scia) o ad autorizzazione, da presentare o richiedere allo sportello unico per le attività produttive (Suap).

Decreto del FARE: nel silenzio omertoso passa la deregulation totale

 di Sergio Brenna *

 

 L’ennesimo e forse definitivo tentativo di sopprimere le conquiste ottenute alla fine degli anni ’60 in tema di spazi pubblici minimi e distanze tra gli edifici dopo i guasti della stagione liberista degli anni ’50 conclusa con il massacro di molte delle nostre città da parte della speculazione edilizia.

 

Molte, e a ragione, sono state le preoccupate osservazioni manifestatesi circa le norme del c. d. “Decreto Fare” che introducono nuove deregolazioni nelle ristrutturazioni degli edifici esistenti anche in zone di pregio storico-artistico, consentendo alterazioni alla loro sagoma, in precedenza vietate. Ė invece passato quasi inosservato un emendamento introdotto dal Senato al testo governativo che consente a Regioni e province autonome di approvare con proprie leggi e regolamenti disposizioni derogatorie al D.M. n. 1444/68, dettando “disposizioni sugli spazi da destinare agli insediamenti residenziali, a quelli produttivi, a quelli riservati alle attivitá collettive, al verde e ai parcheggi, nell’ambito della definizione o revisione di strumenti urbanistici comunque funzionali a un assetto complessivo e unitario o di specifiche aree territoriali.”

Salviamo il paesaggio, mozione di Bologna

 Forum Italiano dei Movimenti per la Terra e il Paesaggio

MOZIONE APPROVATA IL 4 maggio 2013 A BOLOGNA DALL’ASSEMBLEA NAZIONALE DEL FORUM SALVIAMO IL PAESAGGIO


Gli effetti della crisi ambientale, sociale, economica e finanziaria si sono esasperati nel corso dell'ultimo anno e mezzo, rendendo ancor più attuale e necessario il messaggio che abbiamo scelto di racchiudere nel nome stesso della rete cui abbiamo dato vita nell'ottobre dell’anno 2011: “Salviamo il paesaggio, difendiamo i territori”. Per questo, le 911 organizzazioni aderenti al Forum italiano dei movimenti per la terra e il paesaggio, che si è riunito a Bologna sabato 4 maggio 2013 per celebrare la sua terza assemblea nazionale:


VOGLIONO ribadire con forza – chiedendo di condividere a tutti i livelli (politico, istituzionale, associazionistico, privato) – il concetto che il suolo libero e il suolo fertile sono beni comuni degli italiani, fondamento di tutte le funzioni ecosistemiche che stanno alla base della vita di ognuno, dai quali si ricavano prima di tutto cibo, salute, sicurezza ambientale e bellezza, un immenso patrimonio culturale collettivo e condiviso, di questi tempi la più grande opportunità economica per la Nazione. Una risorsa insostituibile e non rinnovabile, sulla quale si può costruire il futuro del Paese e si possono creare tante opportunità di lavoro per le nuove generazioni;


Il Ponte non finisce mai

 di Gino Sturniolo  *

 

Pubblichiamo in anteprima un saggio di Luigi “Gino” Sturniolo, portavoce del movimento messinese No-Ponte, pubblicato nel volume, a sua cura, “Il Ponte sullo Stretto nell’economia del debito” (edizioni Sicilia Punto L, 2013).  Il volume costituisce uno snodo cruciale del percorso di riflessione sui “beni comuni” che porterà il movimento dello Stretto a scendere in piazza, il 16 marzo prossimo, contro la ripresentazione di una partita, quella del Ponte sullo Stretto, che sembrava chiusa e che ritorna invece oggi al centro della scena.
 

Una colata di cemento ci seppellirà

di Paolo Berdini *

 

Otto metri quadrati di terreni vergini vengono ricoperti di cemento e asfalto ogni secondo. Ogni cinque mesi viene cementificata un’area pari a quella di Napoli; ogni anno una superficie uguale all’estensione di Milano e Firenze.

Sono questi i dati impressionanti che l’Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ha presentato ieri in un affollato e qualificatissimo convegno. L’Ispra ha avuto lo straordinario merito di aver sistematizzato tutti gli studi e le ricerche che negli ultimi anni avevano riguardato il fenomeno e di aver ricostruito per la prima volta l’andamento del consumo di suolo in Italia dal 1956 al 2010. Cinquantatré anni fa era urbanizzato il 2,8% del territorio, contro la media europea del 2,3%. Al 2010 il consumo di suolo italiano è pari al 6,9% e manteniamo il triste record europeo.

 

Riqualificare il nostro patrimonio edilizio

Fillea Cgil e Legambiente presentano il primo rapporto dell’Osservatorio edilizio: Innovazione e sostenibilità nel settore edilizio: 600 mila nuovi posti di lavoro puntando su riqualificazione energetica e messa in sicurezza. Oltre 2 milioni di abitazioni risultano vuote; 6 milioni di italiani vivono in zone ad alto rischio idrogeologico e 3 milioni di persone abitano in zone ad alto rischio sismico. Il patrimonio edilizio esistente è costituito in massima parte da case costruite male, nelle quali fa freddo d’inverno e caldo d’estate malgrado la spesa energetica delle famiglie sia cresciuta del 52% in 10 anni.

Olimpiadi moderne, un affare solo sulla carta

 

di Luca Pisapia *

Da Barcellona ’92 a Pechino 2008. Secondo uno studio della East London University, i Giochi della quarta fase dell'era moderna sono presentati come opportunità di rigenerazione per la città che li ospita, ma finiscono col diventare uno spreco di risorse pubbliche e un ottimo affare solo per le speculazioni private.