Napul’è…. acqua pubblica

di Alex Zanotelli *
 
Il 9 marzo 2015 è una data storica per il movimento Acqua di Napoli perché il Consiglio Comunale di Napoli ha finalmente votato lo Statuto di ABC –Napoli (Acqua Bene Comune) ed ha affidato, con una Convenzione, l’acqua di Napoli ad ABC, Azienda Speciale, che non può lucrare sull’acqua. Per sei lunghe ore in piedi, con i rappresentanti del movimento acqua di Napoli, ho potuto seguire il dibattito delle forze politiche, che per la prima volta hanno votato compatte per la gestione pubblica dell’acqua, incluso il Pd. Astenuti, invece,i Fratelli d’Italia, Nuovo Centro Destra e Forza Italia. Quando il presidente del Consiglio Comunale ha annunciato l’esito del voto, l’assemblea lo ha accolto con un scrosciante applauso. Consiglia Salvio, la coordinatrice del movimento acqua in Campania ha alzato un cartellone con la scritta “Napul’è ….ABC”. Euforia per una vittoria quasi insperata: abbracci, strette di mano, foto e sventolii di bandiere.
 

Energia: quanto consumiamo per scaldare le nostre case?


di Eleonora Bianchini  ( da www.aldenasite.com ) *

Tutti conosciamo l'importanza di isolare la nostra casa per ridurre gli sprechi e risparmiare denaro. Ma quanta energia consumiamo per il riscaldamento delle nostre abitazioni? Rendere efficiente la nostra casa conviene sia all'ambiente che al nostro portafoglio.
Proviamo a considerare alcune cifre, come ci suggerisce Aldeansite (Aldena Serramenti). Uno stabile risalente agli anni Ottanta, molto comune in Italia e quasi sempre caratterizzato da una bassa efficienza, richiede tra i 150 e i 250 kWh/mq per anno. Assumendo un valore di esempio di 180 kWh/mq ed un appartamento da 140 mq questo dato si traduce in un consumo totale di energia pari a 25.200 kWh all'anno: un valore elevatissimo.

La truffa delle leggi regionali

di Andrea Fabozzi *  

Così le norme elettorali per il voto del 10 maggio finiranno alla Consulta. Ad aprile. Super premi e regole su misura. Si rischia il copione del Porcellum: che a elezioni fatte siano dichiarate illegittime.
 
Si vota il 10 mag­gio, si va in tri­bu­nale a metà aprile. Le leggi elet­to­rali regio­nali sono tutte nuove, e non c’è ne è una che non venga sospet­tata di inco­sti­tu­zio­na­lità. Colpa dei super premi di mag­gio­ranza, intro­dotti per assi­cu­rare la gover­na­bi­lità sacri­fi­cando (troppo, pare) la rap­pre­sen­ta­ti­vità. In Veneto, Toscana, Mar­che, Umbria, Cam­pa­nia, Puglia e Ligu­ria, quasi ovun­que le mino­ranze dei con­si­gli regio­nali che non hanno par­te­ci­pato alla scrit­tura delle nuove regole — in qual­che caso le “riforme” non sono nem­meno ter­mi­nate — accu­sano le mag­gio­ranze di aver pro­dotto tanti Por­cel­lum regio­nali. Ma il para­gone più giu­sto è con l’Italicum, la “riforma” made in “patto del Naza­reno” che il governo vuole appro­vare entro l’estate.
 

Spagna: è iniziato l’anno del cambiamento

 

Questo 2015 è un anno chiave per il futuro della Spagna. Gli appuntamenti elettorali si susseguono l’uno all’altro. Non ci sarà mai sosta: il 22 marzo si vota in Andalusia, il 24 maggio si terranno le comunali e le regionali (in 13 regioni su 17), il 27 settembre si vota in Catalogna e, infine, a novembre presumibilmente (ma Rajoy potrebbe cercare di guadagnare qualche mese e convocare le elezioni a gennaio) ci saranno le politiche generali. Il panorama, molto incerto fino a poche settimane fa, sta poco a poco prendendo forma. Vediamo più nel dettaglio che cosa è successo negli ultimi mesi.

 

Da Madrid a New York

La corsa di Podemos, il cui obiettivo dichiarato è la vittoria alle politiche generali, è iniziata il 31 gennaio con una grande manifestazione – la Marcha por el cambio – nel centro di Madrid. Tra le 158 mila (secondo “El País”) e le 300 mila (secondo gli organizzatori) persone hanno riempito la Plaza de Cibeles fino alla Puerta del Sol, dove hanno preso la parola Luis Alegre, Carolina Bescansa, Juan Carlos Monedero, Iñigo Errejón e Pablo Iglesias. La scelta della piazza non è stata casuale: nel maggio del 2011 migliaia di persone avevano occupato la Puerta del Sol e lì era nato il movimento del 15 M, ribattezzato internazionalmente come movimento degli indignados. Senza gli indignados non ci sarebbe mai stato Podemos. Iniziare quello che i dirigenti di Podemos definiscono “l’anno del cambiamento” proprio dalla Puerta del Sol è stata una scelta simbolica non casuale.
 

Quando le lobby scrivono le leggi

di Gabriele Mandolesi *

Il governo si appresta a mettere mano all’articolo 14 della delega fiscale ( legge con cui il parlamento aveva rimandato al governo il compito di intervenire sul sistema fiscale, ndr), che dovrebbe portare a un riordino del settore dell’azzardo. È molto interessante analizzare bene sia i contenuti che il processo di consultazioni che si sta svolgendo per capire il peso delle lobby su questo settore.
Il sottosegretario con la delega ai giochi Pier Paolo Baretta ha incontrato in prima battuta i rappresentanti dell’industria (per gli amici Lobby). Fino a qua tutto bene, nel senso che sono una delle parti direttamente interessate e quindi ha senso incontrarli… il problema è che oltre a essere un primo incontro, sembrava avere anche l’aria di essere l’unica consultazione nei piani del governo, perché né i parlamentari dell’intergruppo contro il gioco d’azzardo, né i movimenti che rappresentano la società civile sono mai stati convocati e non hanno avuto modo di visionare la bozza dell’articolo 14.
 

Lo Yemen nel caos

di Lorenzo Piccoli *

 

Da gennaio, quando i ribelli del movimento Houthi hanno attaccato il palazzo di governo e hanno sciolto il Parlamento, nello Yemen regna il caos. Durante le ultime settimane la situazione è precipitata: i ribelli, storicamente collegati al Al Qaeda, hanno preso il controllo delle principali città del Paese. All’origine del conflitto ci sono storiche divisioni confessionali, rivendicazioni indipendentiste e attentati compiuti da gruppi considerati dagli Stati Uniti tra i più sanguinari e pericolosi al mondo.
 
Il 15 febbraio il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato all’unanimità una risoluzione in cui si esortano i ribelli Houti a cedere immediatamente il potere conquistato in maniera “illegittima”. I ribelli Houthi sono sciiti originariamente provenienti dalla regione settentrionale di Saada. Rappresentano un terzo della popolazione e sono stati al potere nello Yemen del Nord fino al 1962. Hanno preso il nome dal leader Hussein Badr al-Din al-Houthi, che guidò la prima rivolta del 2004, quando il gruppo da lui formato cercò di prendere il controllo della provincia di Saada per proteggere le tradizioni religiose e culturali minacciate dai sunniti islamisti. In quella circostanza Houti fu ucciso e da allora la sua famiglia ha continuato la lotta. Nel 2014 i ribelli si sono infine impadroniti della capitale Sanaa e nelle settimane successive avrebbero abbandonato Al Qaida giurando fedeltà all’Isis: “Abbiamo deciso di rompere l’alleanza con lo sceicco, guerriero santo e autorità Al Zawahiri (…) Diamo la nostra lealtà al califfo Ibrahim bin Awad Al Baghdadi, lo ascoltiamo e obbediamo… Annunciamo la formazione di brigate specializzate a combattere a San’a e Dhamar”. Nella risoluzione delle Nazioni Unite, tuttavia, si sottolineano e stigmatizzano ancora i legami del gruppo con Al Quaida, senza fare esplicita menzione dell’Isis.
 

Jobs Act: la legge degli inganni

di Umberto Romagnoli *

Reticenza e ambiguità di un provvedimento destinato ad accrescere precarietà e diseguaglianza nel mondo del lavoro.

 La delega legislativa in materia di lavoro, che esperti della comunicazione hanno denominato Jobs Act aspettandosi (chissà perché) che l’anglicismo ne avrebbe aumentato la popolarità, si compone di circa duecento righe. Soltanto un paio di esse, però, ha polarizzato il dibattito pubblico che ha preceduto l’approvazione parlamentare. Eccole: “previsione, per le nuove assunzioni, del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio” (catuc, secondo  un acronimo che avrà fortuna perché fa risparmiare tempo e spazio). Poiché non permettevano di scrutare le reali intenzioni né del legislatore delegante né del legislatore delegato, è plausibile che le abbia vergate la mano truffaldina di un uomo (o una donna, non si sa) con gli occhi di Bambi convinto che l’art. 76 cost. sia scritto sull’acqua: qual’era l’oggetto della delega legislativa? che uso avrebbe fatto il legislatore delegato (ossia, il governo) della sua discrezionalità decisionale? quali sarebbero state le tutele del lavoratore destinate a crescere col trascorrere degli anni?
 

ECOLETTERA 59 del Gruppo Cinque Terre

 

La foto del giorno: Di notte, in un’aula semivuota, il percorso delle'' riforme'' con cui si modifica la Costituzione prosegue così, con l’Aventino dell’opposizione. Se il nuovo Presidente della Repubblica e la Corte Costituzionale ( con due seggi vuoti da rinnovare) non interverranno, in mancanza della maggioranza richiesta saranno gli italiani, come indica la Costituzione, a decidere con il referendum

editoriale 1: Agricoltura urbana e paesaggio

Chi costruisce o restaura edifici, chi progetta centri urbani, chi pianifica un territorio, avrebbe il dovere, prima di ogni altra cosa, di intessere una relazione intima e profonda con il luogo. Dovrebbe porsi, cioè, in una situazione di ascolto, tentare di percepire l’invisibile che sta dietro al visibile per entrare in contatto con l’essenza di quel piccolo frammento di Terra sul quale è chiamato ad intervenire.. La distruzione del paesaggio è la inevitabile conseguenza della preminenza dell’interesse economico su ogni altro valore, del dogma della crescita economica che ha soppiantato ogni altra visione del mondo. Dobbiamo sapere che è la stessa logica che travolge ogni campo del vivere umano: nel lavoro, de-umanizzato, alienato; e nel territorio, ridotto a supporto inerte.. Le aree agricole alla periferia delle grandi città sono state considerate per molto tempo come ambiti in attesa di essere edificati, come semplici vuoti in attesa di trasformazione.
 

 

Chi decide in Italia? Chi decide in Europa ?

di Giovanni Chiambretto *
 
terza parte: I Manifesti della Nuova Aristocrazia
 
1- Per comprendere chi decide
 
E' utile una ripassata su alcuni documenti della Loggia P2 e della Commissione Trilaterale. Troviamo sorprendenti coincidenze.
Ripetiamolo. Le Ur Lodges non sono un comando unificato che funziona come uno stato maggiore militare con chi ordina e chi ubbidisce, ma un ambito di confronto, mediazione, sintesi. Le diverse logge si aggregano e disaggregano su programmi e progetti. Lo scopo comunque è quello di condizionare e plasmare un ordine mondiale confacente all’ideologia ed agli interessi di questa nuova aristocrazia. Per rendersi conto che poche cose avvengono per caso, può essere utile ripassare alcuni punti del Piano di Rinascita Democratica di Gelli. Si tratta sicuramente di un  work in progress dove i diversi punti sono stati sviluppati in maniera diseguale, segnale che quando la Procura di Milano lo fermò, l’elaborazione non era ancora stata organicamente sviluppata. C’era già, comunque un bel po’ d’arrosto. Segnalo, peraltro, che la seguente analisi ha carattere archeologico in quanto il documento risale a prima del ritrovamento delle liste a Castiglion Fibocchi che avvenne il 17 Marzo 1981 (quasi 34 anni fa). Infatti quello che era il progetto piduista si è poi sviluppato articolandosi in maniera differente da quanto previsto adeguandosi ai grandi cambiamenti globali nel frattempo intercorsi. Quello che è significativo è l’attenzione ad alcuni temi ed alcune soluzioni allora proposte che non hanno perso mordente dopo oltre 30 anni.
Qui di seguito alcune suggestive citazioni sparse dal documento. Il titolo è mio, l’estratto dal documento è in corsivo.

Agricoltura urbana e paesaggio


di Angelo Sofo*

prima parte: Lo spirito del luogo

Chi costruisce o restaura edifici, chi progetta centri urbani, chi pianifica un territorio, avrebbe il dovere, prima di ogni altra cosa, di intessere una relazione intima e profonda con il luogo. Dovrebbe porsi, cioè, in una situazione di ascolto, tentare di percepire l’invisibile che sta dietro al visibile per entrare in contatto con l’essenza di quel piccolo frammento di Terra sul quale è chiamato ad intervenire. Già, perché i luoghi chiamano, evocano, ci inseguono e, quando vogliono, sanno farsi scoprire, anche intimamente. Gli antichi avevano compreso l’importanza e la complessità di questo processo al punto che, ad esempio, nel mondo greco classico, la scelta del luogo dove costruire una nuova colonia era affidato all’ecista (nella Grecia antica, era un condottiero scelto da un gruppo di cittadini per guidarli alla colonizzazione di una terra) personaggio a metà strada tra il condottiero, il sacerdote, il filosofo e l’architetto, il quale sapeva interpretare presagi, segni, narrazioni, semiologie dei luoghi, oltre che gli elementi geografici. Ma la precisa identificazione di quest’idea di “essenza interiore” del luogo fu coniata dai latini con il Genius Loci (con le iniziali maiuscole perché trattasi pur sempre di una divinità, anche se secondaria, cioè non olimpica), che con estrema semplificazione potremmo definire come lo spirito, il nume tutelare di ogni singolo luogo. Per uscire subito dalle secche della pura ricerca filologica, possiamo dire che, se volessimo applicare quel concetto oggi a un luogo particolare, sia esso naturale o urbano, potremmo forse dire che quel luogo è “numinoso”, cioè colmo della presenza di un nume, pervaso da un’aura di sacralità. L’idea di Genius Loci, seppur velata dalle nebbie del mito, può tornare utile a chi voglia accostarsi ad una più attenta e rispettosa “scienza dei luoghi” o ad una architettura più consapevole. Tanto è più vero se si pone mente che l’opera moderna più nota col titolo “Genius Loci” è proprio quella (laica e pragmatica) di un architetto, Christian Norberg-Schulz, col sottotitolo “Paesaggio, Ambiente, Architettura”. Ed infatti, sostiene Norberg-Schulz, “Proteggere e conservare il genius loci significa concretizzarne l’essenza in contesti storici sempre nuovi. Si può anche dire che la storia di un luogo dovrebbe essere la sua autorealizzazione”. Come dire che, a saper bene indagare, ogni luogo reca in sé i segni di ciò che esso vuole essere o divenire. Ed esattamente questa dovrebbe essere la prima preoccupazione di chi si appresta ad intervenire su quel luogo, sia esso architetto, ingegnere, pianificatore o quant’altro.
La perdita della capacità di riconoscere l’identità dei luoghi (l’indifferenza) non è diversa dall’incapacità di riconoscere se stessi come individui sociali. La distruzione dei luoghi non è un incidente, un eccesso di voracità di qualcuno, ma un obiettivo intrinseco del sistema economico dominante: recidere le relazioni tra l’individuo, l’ambiente, gli altri da sé.