Quali contenuti per un nuovo progetto politico? Come arrivarci?

  di Giovanni Chiambretto *


  1   Mezza Italia, letteralmente mezza Italia (lo dicono i sondaggi) ha ormai capito che abbiamo ormai davanti il disastro. Lento nel suo percorso, ma ormai inesorabile, se non si cambia musica. Se ci fermiamo solo a quello che si legge in questo periodo sui giornali (che devono vendere od ubbidire all’editore) c’è l’articolo 18, la “crisi” del debito pubblico, i politici che rubano e i superbonus ai banchieri. Sarebbe facile fare un piccola lista della spesa (molti gruppetti se la fanno) in cui si chiede di non toccare l’artico 18, di fare pagare ad altri il debito, di non candidare i corrotti, di limitare gli stipendi dei manager ed altri 4 o 5 punti. Anche molto veloce, basta un copia e incolla girando per qualche blog conosciuto.Pensare però che questo risolva la domanda iniziale è per lo meno ingenuo e pensare che questo possa essere la molla che possa fare scattare la riscossa dei cittadini è essere fuori del mondo.


  Stiamo ormai lanciati in una situazione che ricorda gli anni che hanno preceduto il crollo del fascismo. Allora ormai tutto era in crisi: di funzionamento, di consenso, di speranza e di prospettive. Quando poi crollò tutto era da ricostruire: rapporti sociali, regole politiche, istituzioni (oltre che edifici ed infrastrutture). Fu possibile solo attraverso un nuovo patto sociale stretto fra tutte le principali componenti della società italiana e sancito dalla Costituzione Repubblicana. Poteva essere più avanzato? Forse. Troppi compromessi lo sottendevano e l’opera è risultata incompleta? Forse. Fatto sta che la storia è stata questa e che in quell’epoca si potè comunque veramente voltare pagina e guardare al futuro buttando dietro le spalle il disastro che precedeva. Vi fu un concorso di numerose componenti della società italiana che, mettendo (abbastanza) da parte pregiudizi, appartenenze, storie specifiche, contribuirono ad una azione ed ad un dibattito che seppe costruire il futuro. Se il CLN si fosse trovato una sera ed avesse fatto una lista della spesa col copia ed incolla si sarebbe ottenuto un tale risultato? Penso di no. Per due ragioni principalmente: Primo: perché nessuno ci avrebbe creduto, nessuno si sarebbe messo in gioco, nessuno avrebbe rischiato la vita. Secondo: perché si trattava di costruire un diverso approccio non a 7 od 8 “temi”, ma al sistema economico-sociale e politico nel suo insieme. Furono messi in campo coraggio e forza di volontà, ma anche competenze, intelligenze, impegno tenace che, in vario modo, provenivano dal corpo intero della società. E non poteva, né può oggi, essere diversamente, pena costruire qualcosa che non avrebbe retto.


3   Siamo in un tunnel che ci porterà in una situazione non dissimile a quella di allora e gli strumenti devono essere adeguati. Ha detto bene Guido Viale che oggi la Grecia non è molto diversa da uno stato alla fine di una guerra persa. Fabbriche dismesse, code alla mensa della parrocchia, disperazione diffusa, moneta in crisi, crollo dei servizi sociali, dello stato e della sua credibilità. In Italia assistiamo ai prodromi di una situazione simile. Infatti, se non ci fermiamo alla lista della spesa, vediamo che tutto si sta incartando. Dalla produzione ai consumi, dalla scuola alla sanità, dalla giustizia ai servizi sociali, dalle pensioni alla ricerca scientifica, la burocrazia è un’idra impazzita che si autoalimenta, la fiducia nel futuro è al punto più basso che si ricordi, la corruzione e la criminalità dilagano più che ai tempi della “prima repubblica”. Eppure l’Italia sta ancora in piedi perché è ancora piena di cittadini onesti, di persone competenti, di espressioni culturali di alto livello, gruppi locali che sanno dire NO argomentando con consapevolezza, di grandi intelligenze marginalizzate. Purtroppo ciascuno nel suo angolino, senza disporre di strumenti mediatici, marginalizzati nelle istituzioni, privi di collegamenti, impossibilitati ad una elaborazione sinergica che possa porsi ad un livello culturale e politico adeguato.


4   Delle cento espressioni grandi e piccole del radicalismo politico non ce ne è stata una finora che si sia posto il problema in modo adeguato, anzi spesso enfatizzando peculiarità minuscole erigono steccati, non sono disponibili ad ascoltare chi è più competente, hanno leaderini inamovibili, sono impermeabili alla percezione che il momento storico imporrebbe tutt’altra logica. Anzi, il fiorire di mille peculiarità lungi dal creare una somma potente, contribuisce ad una sottrazione continua di energia e fiducia all’enorme potenziale di cambiamento presente oggi in Italia. 5 Una iniziativa nuova e aggregante, che lo sia non solo di nome, può nascere se qualcuno o qualcosa riesce a costruire una rete di comunicazione ed elaborazione ricca di contributi qualificati e competenti che interagiscono fra loro, riesce a mettersi al servizio di lotte esemplari (e non pretendesse il contrario), riesce ad omogeneizzare la comunicazione ed il linguaggio di sensibilità, appartenenze e percorsi i più diversi senza esclusioni misurandosi esclusivamente sui fatti ed i progetti, non sulle etichette.


Nessuno ha la verità in tasca per tutti. Il percorso alla verità va costruito informandosi, capendo, confrontandosi con chi è diverso, studiando ed elaborando assieme tutti. Perché vanno per la maggiore assemblee dove gli interventi sono limitati a 4 minuti e nessuno pensa a costituire gruppi di studio e lavoro stabili, collegati in rete, che favoriscano approfondimenti, collaborazioni qualificate, produzione di cultura alternativa, formazione, elaborazione di proposte organiche, credibili, praticabili? Forse perché è un lavoro lungo e faticoso mentre tutti vogliono qualcosa di facile e subito da giocarsi alla prossima assemblea od alla prossima scadenza elettorale? Se è così Monti (o chi sta dietro di lui), ha già vinto.


* del Gruppo delle Cinque Terre (Lombardia)