MONTEVEGLIO TRANSITION TOWN IN ITALIA
Il movimento, di origine britannica, prende piede nel nostro Paese. Monteveglio (Bologna), è la prima realtà riconosciuta dalla rete internazionale. Gruppi di acquisto energetico, cibi a chilometro zero, orti pigri e monete locali. Chiudete gli occhi e immaginate un mondo senza petrolio, dove l'energia è pulita, gli orti producono tutta la verdura di cui si ha bisogno e i supermercati vendono solo cibi a zero chilometri (cioè, prodotti in zona).
Poi riapriteli e guardate meglio: un mondo del genere esiste già, è ancora piccolo e imperfetto, ma sta muovendo i primi passi.
Monteveglio, cinquemila anime in provincia di Bologna, è la prima città italiana di transizione. I suoi abitanti si stanno facendo contagiare da un gruppo di ecosognatori che hanno aderito a "Transition town", movimento nato in Irlanda nel 2005 e definito dal Guardian "un esperimento sociale su vasta scala". Oggi in Europa, Giappone, Usa, Canada, Australia, Sud Africa e Nuova Zelanda vivono persone che perseguono lo stesso obiettivo: convertire i centri abitati a un'esistenza ecologica che possa fare a meno del petrolio e dei suoi derivati. Tengono il conto dei barili di greggio estratti, sono certi che la decrescita economica ed energetica sia inevitabile, ma la vedono come un'opportunità. Non alzano la voce e non organizzano azioni dimostrative. Svuotano il mare con un secchiello.
A Monteveglio si praticano quei piccoli accorgimenti che possono migliorare la qualità della vita rispettando l'ambiente: orti in condivisione tra chi ha la terra e chi solo un terrazzo, patate in sacchi di juta per chi non ha spazio, giardini archeologici per specie ormai dimenticate. Chi non ha tempo o voglia di zappare sceglie l'agricoltura sinergica, suda all'inizio e poi guarda crescere, quasi da solo, il suo "orto pigro".
Sono decine le famiglie che aspirando all'autosufficienza alimentare riescono ad evitare i supermercati almeno per frutta e verdura. Altre si uniscono in gruppi di acquisto energetico e installano pannelli solari o impianti fotovoltaici. La vecchia tazza sbeccata, invece di essere buttata, viene affidata al mercatino del riuso che mette in contatto chi cerca e chi offre. L'euro esiste ancora, ma non sarà il solo denaro a circolare: presto potrebbe arrivare anche una moneta locale.
-, ma anche da noi la transizione sta prendendo piede. Abbiamo meno di un anno, ma in questi mesi siamo cresciuti: sempre più persone visitano il nostro sito, partecipano agli incontri, s'inventano nuove pratiche oppure promuovono quelle avviate da realtà diverse, ma con i medesimi obiettivi".
Molti dei transition townies - così si chiamano gli aderenti al movimento - sono iscritti ai Gas, gruppi di acquisto solidale, alle Banche del tempo e ad altre iniziative che considerano in sintonia con il proprio modo di vivere il presente e progettare il futuro. Tra di loro anche Jacopo Fo che, nella sua libera università di Alcatraz, ha ospitato uno dei primi incontri di transizione. D'altronde il padre Nobel si era già immaginato nel libro "L'apocalisse rimandata - ovvero benvenuta catastrofe" una società orfana del petrolio. Lo scambio d'informazioni - sono attivissimi su Internet con un sito wiki, cioè collaborativo - è infatti il primo passo per cambiare le comunità in cui si vive.
Per ora l'unica realtà italiana riconosciuta dalla rete internazionale è Monteveglio, ma gruppi guida sono nati a Granarolo, L'Aquila, Lucca e, ultimo in ordine di fondazione, Carimate in provincia di Bolzano. Altri si stanno organizzando in decine di comuni italiani tra cui Ferrara, Firenze, Mantova, Perugia, Reggio Emilia, Bologna, Bari e anche Palermo, Torino e Roma perché la "Transition town" non è una filosofia adatta solo a piccoli centri. Un esempio? Il quartiere di Brixton a Londra e l'intera città di Bristol.