La rivoluzione futura e possibile

 di Giovanni Chiambretto *


DALLA RIVOLTA ALLA ALTERNATIVA


Del voto amministrativo quello che non sembrano avere colto opinionisti, istituti di ricerca, sondaggisti vari, è l’elemento di rivolta che si consolida e fa da filo conduttore di tutti gli appuntamenti degli ultimi 4 anni.

- Si conferma che ormai non esiste più una destra od una sinistra che si scontrano, ma che la popolazione è ormai divisa fra chi partecipa del governo a tutti i livelli (statali, parastatali, locali, burocratici, di aiuti pubblici, di posizioni di monopolio od oligopolio) e gode della solidità sociale ed economica conseguente e chi no e quindi paga economicamente, socialmente ed umanamente il privilegio di altri. Singolare che a Roma come a Torino l’unica zona dove ha prevalso il PD è quella ricca o benestante del Centro.

- L’attuale PD di Renzi ed ancora di più il Partito della Nazione progettato non sono altro che l’organica strutturazione di una cooperativa di interessi più o meno forti a mutua tutela ed argine nei confronti di chi è fuori del giro. Quindi si intende una grossa minoranza, spesso coesa ma sempre una minoranza. Ecco perché per il futuro necessitano di una riforma della Costituzione e dell’Italicum: con una elezione proporzionale non avrebbero mai la maggioranza e non disponendo delle leve dello stato si disintegrerebbero in pochi mesi.

 

- E’ ormai percepibile anche nella vita di tutti i giorni che la crisi italiana non è solo economica o di funzionamento dello stato. Ben vengano serie analisi tecniche, ma è ormai una crisi umanistica ed esistenziale con una cappa di oscurità sul futuro, frustrazione, crisi identitarie, crollo culturale e depressione. Il pubblico non riesce ad appassionarsi ad elezioni quando queste servono solo a definire le quote di potere fra le diverse tribù di questa cooperativa di interessi. Quando invece qualche elemento nuovo può dare l’impressione che un risultato elettorale possa fare la differenza in termini di squilibrio degli attuali assetti, la cosa cambia e l’attenzione comincia ad accendersi.


Ci sono stati quattro casi in questo senso: I referendum su acqua e nucleare dove tutti abbiamo avuto l’impressione che un pronunciamento compatto della maggioranza dei cittadini avrebbe dovuto, leggi alla mano, fermare la bieca logica speculativa dell’oligarchia al potere; le regionali siciliane, con la prima discesa in campo organizzata del M5S, che ha fatto da apripista per le successive elezioni politiche dove oltre un quarto degli elettori si sono ricollocati in una scelta che non esisteva prima (il più grosso spostamento di opinione della storia della Repubblica). Infine le ultime elezioni locali recenti in cui, quando il contesto locale suggeriva che un certo risultato avrebbe potuto consentire di voltare pagina rispetto all’attuale vergogna, i cambiamenti ci sono stati, da Napoli a Torino fino al caso di Roma dove addirittura ha cominciato a sciogliersi l’iceberg dell’astensionismo e i votanti sono aumentati.

In conclusione ormai la partita si accende se viene percepita la possibilità di un cambiamento vero. Se viene ricondotta alla solita scena di spartizione la frustrazione e la conseguente astensione hanno la meglio.

Uno snodo decisivo è il referendum costituzionale di ottobre connesso alla legge elettorale Italicum. Se vince Renzi il quadro istituzionale potrebbe bloccarsi per i prossimi venti anni e l’oligarchia avrà tutti gli strumenti legali per impedire rappresentanza ed espressione politica alla maggioranza dei cittadini. Se invece questa viene vissuta dagli elettori come l’occasione credibile per voltare pagina, Renzi perderà e si aprirà uno scenario nuovo. Con due possibili esiti e alcune successive varianti che indico con alcune premesse. La crisi europea dei tradizionali partiti socialisti e conservatori pone problemi simili in tutto il continente e le risposte dei diversi establishments sono simili: si articolano in genere in una sistematica manipolazione dei regolamenti elettorali e in extremis nell’allearsi per contenere nuovi scenari.


Esemplare la situazione francese. Hollande vince le elezioni nel 2012 con un programma apparente di sinistra e moderatamente ambientalista, a causa del fumoso accordo con i verdi di Europe Ecologie che lo hanno poi pagato duramente. Una volta eletto, per rassicurare i poteri forti urgono provvedimenti, che si susseguono portando Arnaud Montebourg, ministro dell’economia ed esponente della “sinistra”, ad uscire dal governo (lo troveremo poi in convegni parigini con Varufakis). Successivamente anche i verdi, ridotti a pezzi, escono dal governo. Infine il nuovo ministro dell’economia nel governo Valls 2 sarà Emmanuel Macron, già dirigente della banca d’affari Rothschild & Cie , che ha una storia plurisecolare sulla piazza di Parigi, portando la popolarità di Hollande a crollare fra il 13 ed il 16%. Infine siamo alla Loi Travail (versione d’oltralpe del nostrano Job Act ) che da due mesi blocca la Francia con scioperi e manifestazioni.

In questo contesto il Macron vara un movimento chiamato En marche ! con lo scopo di sondare la possibilità di costruire un fronte di personalità con una base elettorale trasversale sia al centrodestra che al centrosinistra. Senza ideologia, con bizzarre parole d’ordine come ad esempio: « Il y a dans le processus démocratique et dans son fonctionnement un absent. Dans la politique française, cet absent est la figure du roi, dont je pense fondamentalement que le peuple français n'a pas voulu la mort. La Terreur a creusé un vide émotionnel, imaginaire, collectif: le roi n'est plus là!  (“C’è nel processo democratico e nel suo funzionamento un assente. Nella politica francese, questo assente è la figura del re, del quale penso fondamentalmente che il popolo francese non ha voluto la morte. Il Terrore ha creato un vuoto emozionale, immaginario e collettivo: il re non c’è più!”)


È evidente che non si tratta di un movimento strutturato ma di un test per verificare la tenuta mediatica di un’ipotesi di grande coalizione che possa bloccare la Le Pen, che i francesi votano in massa per disperazione e non per convinzione (non c’è un’altra alternativa credibile all’ establishment). Non è un’ipotesi peregrina in quanto in Germania, per esempio, socialisti e conservatori ormai da otto anni governano assieme.


Tornando ai fatti di casa nostra per Renzi vincere ha come precondizione necessaria cambiare la Costituzione e la legge elettorale come punto indispensabile per vincere le successive elezioni. Le cose vanno probabilmente insieme. Se non le cambia non vince. Sono prevedibili comunque due scenari (e due diverse varianti successive).


1) Il partito della nazione si struttura e compatta, riesce a fare qualche scherzetto dell’ultima ora ai 5stelle e vince. L’occasione offerta dagli sponsor di Renzi in effetti ti capita una volta nella vita: fare parte di una cordata che controlla tutto (il potere legislativo, l’esecutivo, la corte costituzionale, la presidenza della repubblica, le casse dello stato, la televisione). Faranno carte false per starne dentro, occupare il centro, fare centro.


2) La marea degli esclusi sale e sommerge Renzi. L’unica struttura oggi in grado di competere con l’establishment per diffusione ed immagine di alternativa è il M5S, per cui in questo caso potremmo avere un governo Di Maio. Tutti gli altri contendenti sono gregari e di scarso peso. A quel punto la cooperativa di interessi di Renzi tenderà a disgregarsi non avendo più una credibile ragione sociale.


In questo caso avremo 2 alternative possibili.

Un governo Di Maio (con chi ha ruolo nei 5stelle) trova un compromesso coi poteri forti e gestisce una strategia di progressiva riconfigurazione della vita economica e sociale dell’Italia. Potrebbe essere una via d’uscita anche decente. Teniamo conto che l’Italia è tornata ad essere uno snodo geopolitico (ed in parte economico) di valenza internazionale per cui gli esiti di una svolta istituzionale in casa nostra non hanno solo valenza locale ed altri player (Stati Uniti, Germani, Banche ed Istituti finanziari) se ne interesseranno pesantemente. Non è un caso che Di Maio abbia ufficialmente partecipato ad un pranzo in suo onore presso la sede italiana della Trilaterale (ricordate Kissinger?) che è una struttura paramassonica i cui fili vengono tirati da Washington. Niente di negativo in sé, se si ha le palle per reggere il confronto-scontro. Il nodo consiste nel fatto che l’Italia è inserita in un contesto di legami difensivi (Nato, rapporti con la Russia, frontiera con la Libia), interessi petroliferi (coi paesi arabi e di passaggio di papeline), economici (Euro, debito pubblico, debito bancario), di equilibri politici europei (Brexit, egemonia tedesca) ed altro. E’ chiaro che non ci faranno fare semplicemente quello che vogliamo. E’ evidente che un rinnovamento non devastante dell’Italia ed un consolidamento di un blocco sociale ed elettorale che va nel senso del cambiamento non può che passare attraverso una mediazione con questi player. In alternativa hanno tutti gli strumenti per provare a rovinarci (alla lettera). E’ noto che il debito dello stato è in mano prevalentemente ad enti finanziari ed istituti di credito nazionali ed esteri. Le banche nostre sono virtualmente fallite, per cui il sistema sta in piedi se e fino a quando questi decidono che conviene che stiano in piedi. Un domani Black Rock starnuta e la baracca va in crisi come e più della Grecia.


Quindi l’alternativa di Di Maio e amici sarà fra trovare un compromesso virtuoso, senza finire come Tsipras, o non riuscirci e percorrere la strada piena di spine dell’autonomia. Che richiede grande tenuta e capacità di costruire grandi alleanze con quanto si muove in controcorrente in Europa. Ed anche la possibilità di un inasprimento dello scontro. Vedere più in là ci vuole la sfera di cristallo che non ho.


COME ESSERE UTILI


Quindi ormai è un grande gioco dove, con scelte economiche e legislative, entrano emozioni e suggestioni, ragionamenti e personalità e forse anche un po’ il caso. Ma poi c’entreranno anche i players internazionali. Come si potrà essere utili nei mesi ed anni prossimi nel contribuire ad un processo di cambiamento? E’ evidente ormai che il riscatto italiano passa attraverso questo misterioso e fragile oggetto che è il Movimento 5 Stelle, l’unico che abbia saputo diffondersi a sufficienza e costruire consenso. Chi nega questo aspetto è intellettualmente evanescente. Quello che potrebbe essere in gioco è il passaggio dal rappresentare gli esclusi al gestire i cambiamenti. L’impressione è che manchi ancora sia un gruppo dirigente sufficientemente esteso e consapevole ( ad esempio in parecchie regioni non si capisce se c’è qualcuno all’altezza ), sia una cultura politica abbastanza articolata per condurre in porto i cambiamenti. Conoscere la realtà istituzionale e pratica ed inventarsi le alternative nel contesto di una strategia dinamica non è cosa scontata. È paradossale che alla soglia del potere potrebbero mancare gli strumenti per usare il potere stesso. Manca in generale una compiuta analisi del funzionamento, delle distorsioni, delle potenzialità di comparti strategici della nostra vita sociale, economica ed istituzionale. In conseguenza, almeno ad oggi, manca una sintesi progettuale credibile. Nell’ipotesi migliore (che Renzi perda referendum ed elezioni politiche) si gioca tutto sulla capacità di produrre i cambiamenti necessari a ripristinare democrazia, vita sociale, fiducia nelle istituzioni, equilibrio economico e quant’altro. Praticamente una rivoluzione. Chi ci riesce avrà in mano lo stato per i prossimi 20 anni e il blocco di interessi che sta ibernando la nazione si disintegrerà definitivamente.


Con questo tentativo non possiamo che essere solidali e chiederci che contributo possiamo dare, al di là di un voto nelle urne che arriverà presto. Alcuni esempi per meglio capire.

1 - La Pubblica Amministrazione


Il passaggio dal Fascismo alla Democrazia ha cambiato le istituzioni politiche, ma ha lasciato inalterata la burocrazia. Quarant’anni di governi democristiani non hanno riformato la Pubblica Amministrazione, hanno semplicemente modificato parzialmente la struttura per adattarla alle dinamiche clientelari dell’epoca. In altre parole non contava tanto l’efficienza, quanto il consenso che si realizzava attraverso assunzioni, gestione “personalizzata” del rapporto con gli utenti, assoluta opacità delle procedure (per ottenere discrezionalità in favore degli uffici e del potere politico), infine il degrado si è completato con la promozione di una generalizzata incompetenza dei politici preposti. Archetipi di questo andazzo l’attuale ministro della Giustizia che è Perito elettricista e la ministra della Difesa che è insegnante di Lettere in un Liceo Classico. Conclusione: si sono sedimentati strati di inefficienze, arcaismi, tutele di privilegi, assurde ridondanze procedurali che a loro volta hanno generato demotivazione e dequalificazione del personale, caos normativo, incertezza dei diritti, arbitri, sovrapposizioni di competenze con conseguenti costi propri dell’Amministrazione (ed indotti sugli utenti) assolutamente sproporzionati alle funzioni ed ai servizi propri delle attività delle singole branche dell’Amministrazione. Partendo dal basso: è nell’esperienza quotidiana di ogni cittadino il confronto con questo aspetto (che ritengo importante) dello Stato con esiti che, se non fossero tragici, sarebbero di un’esilarante comicità.


In tutti gli oltre 8.000 comuni Italiani c’è un modulo di autodichiarazione in cui, sotto pena di una multa e fino a 2 anni di reclusione, si dichiara di essere viventi. I milioni di autoveicoli e motocicli che circolano in Italia sono dotati di due distinti documenti che certificano la proprietà del mezzo (libretto e certificato di proprietà), ciascuno di per sè legalmente insufficiente e prodotti da due enti differenti e non comunicanti, per cui milioni di veicoli dispongono di milioni di documenti doppione inutili. La sicurezza sui cantieri è controllata da cinque enti diversi con regolamenti ed interpretazioni difformi. Una guardia di finanza potrebbe controllare che un becchino, durante un’inumazione, segua il regolamento sulla sicurezza e ne attesti la regolarità, potrebbe poi essere presente un funzionario dell’ASL che invece contesti la regolarità ed appioppi una multa per la stessa procedura. E si potrebbe andare avanti con un catalogo pressoché infinito che esaspera i cittadini, limita le libertà civiche, danneggia le attività economiche, ingenera sfiducia nello stato ed estraneità politica. Da non trascurare che questa situazione crea le condizioni migliori per il diffondersi di un costume ed una abitudine corruttiva spicciola che a sua volta aggrava ancora di più le dinamiche e la percezione che ha il cittadino dello stato.

Per passare ad un livello più alto, assumiamo che l’attuale potere politico guarda alla Pubblica Amministrazione non come una struttura di servizio alla cittadinanza (che la paga) che deve migliorare la performance, essere leale, garantire dei diritti, ma come una enorme macchina che gestisce più di metà del prodotto nazionale e il cui controllo offre enormi opportunità di condizionamento ed irreggimentazione di comportamenti sociali e consensi elettorali.

Se facciamo nostro questo assunto, appaiono chiari fatti altrimenti incomprensibili. Sul piano economico la trasformazione delle municipalizzate in S.P.A. ha consentito il legale saccheggio di risorse pubbliche, così come le privatizzazioni, e non è un caso che nonostante i referendum sull’acqua nulla si muova nel senso esplicitamente richiesto dalla maggioranza dei cittadini italiani. Emblematico il percorso delle ferrovie con l’alta velocità dove la Torino Lione è solo un tassello di un più ampio disegno di massacro del pubblico interesse attraverso normative ad hoc e finanziamenti pubblici mascherati. La gestione delle grandi opere è un gigantesco bancomat a disposizione di banche e gruppi industriali con forti connessioni con certi centri di potere politico. Non è previsto valutarne utilità e priorità. Sul piano della manipolazione sociale il controllo della pubblica amministrazione offre numerose opportunità che vediamo dispiegate tutti i giorni in modo esplicito od in via surrettizia. Si veda le storie sadomasochiste degli 80 euro, del buono cultura a professori e giovani che compiono i 18 anni nel 2016, l’abolizione dell’IMU (che era già ridotta) sulla prima casa. Tutti provvedimenti che hanno mosso ingenti risorse, che nulla hanno modificato dell’agonia strutturale di interi ceti sociali, ma che hanno in qualche modo suggerito l’opzione di un voto di scambio (da poveri). E’ evidente che una alternativa di governo non può prescindere da immediati provvedimenti nel merito delle logiche, delle finalità e del funzionamento delle pubbliche amministrazioni. Il problema è gigantesco perché bisogna prevedere un capovolgimento integrale di un sistema che si è incancrenito oltre ogni livello di controllabilità. Non esiste in Italia un riferimento culturale o disciplinare per orientarsi. Tutto il sistema di progettualità amministrativa, interna allo stato, ai ministeri o alle regioni è parte integrante del problema, non della sua soluzione perché costruito funzionalmente alle aberrazioni che si intendono invece distruggere. Per non parlare dei riferimenti culturali esterni allo stato come centri accademici (come l’università Bocconi) o società di consulenza internazionali (in prevalenza americane ed inglesi) che, oltre ad essere parti in causa ed a volte causa delle aberrazioni stesse, hanno anche dimostrato anche al cittadino più sprovveduto, una insipienza, una mancanza di preveggenza ed una incompetenza addirittura comica. Ci stiamo tutti chiedendo se lo sono o se lo fanno. Per cui si deve selezionare e formare una cultura ed un personale in grado di fornire ad una nuova classe politica la analisi, gli strumenti ed i progetti da cui si possano dedurre le strategie, la tempistica, le alleanze ed i contenuti da agire nell’attività di governo. Esistono ancora in Italia le intelligenze e le competenze necessarie anche se troppo spesso represse ed emarginate in questi anni.


2 - La Politica estera


Logiche simili presiedono agli indirizzi ed alla gestione della politica estera. Paese di confine, da sempre l’Italia ha dovuto fare i conti con pressioni ed interferenze internazionali che troppo spesso hanno cancellato l’interesse nazionale in favore del consolidamento di gruppi di potere contigui a poteri esteri. Anche qui non appaiono chiari né la natura degli interessi nazionali, né la strumentazione diplomatica, militare e politica che ne dovrebbero discendere. L’informazione poi che giunge al pubblico assomiglia più a favole per bambini che ad una consapevole esplicitazione di una dottrina o di un progetto politico. C’è da ricostruire tutto di fronte alla frana del progetto europeo, ai costi insostenibili delle dinamiche di globalizzazione finanziaria, alla nuova frontiera mediterranea con l’esodo biblico dall’africa e dai paesi arabi in disfacimento, alle contradditorie decisioni in termini di difesa militare. Anche qui necessita una analisi accurata e realistica della natura dei nostri interessi e del contesto in cui ci troviamo per estrarre un punto di vista, una strategia, un percorso di alleanze possibili. Anche qui non si può fare conto sull’ intellighenzia dell’establishment burocratico-militare che più probabilmente è parte del problema più che propositore di alternative razionali. È più facile che si possano collezionare analisi attendibili mettendo insieme un medico di MSF, un missionario comboniano, un militare non coinvolto nelle pastette dello stato maggiore ed un giornalista freelance che abbia lungamente vissuto un territorio.


3 - Altri esempi per titoli


Potremmo poi parlare del sistema dell’istruzione, della salute, del paesaggio e del territorio, dell’energia, della giustizia, del sistema del credito e via attraversando tutti i comparti della vita civile e sociale. Tutti in crisi, tutti necessitati di essere rivoltati come guanti, di cui non si dispone di analisi, conoscenze, strategie e strumentazioni per prevedere progetti e percorsi. Fra l’altro il provincialismo italiano non si è mai confrontato con esperienze estere di eccellenza in tutti questi campi e se si sa qualcosa, lo sanno in pochi da libri e pubblicazioni in altre lingue o dalle poche inchieste giornalistiche che hanno tentato di costruire confronti (tipo report). Se andranno in porto parecchi dei 12 referendum oggi in itinere per le firme imporranno una discussione più approfondita.


In fondo ci sarebbe urgenza che si costituissero dei brain trusts un po’ particolari che setacciassero queste problematiche da un punto di vista differente. Ogni cambiamento politico sostanziale ha avuto sempre come substrato un dibattito culturale e tecnico competente, onesto e condiviso, che ha costituito le fondamenta di costruzioni istituzionali e politiche. Questo oggi, in Italia manca. Tante intelligenza si sprecano parlando a sè stesse in blog, libri, convegnini, a volte interessantissimi, che pochi seguono, e non riescono a fare opinione, né, per il loro isolamento, a completare credibili e verificabili proposte o progetti. Non esiste oggi in Italia un ambito unificante di confronto culturale, scientifico  e tecnico indipendente ed orientato al rinnovamento necessario.


UN MODELLO POSSIBILE DI DISCUSSIONE


Il probabile crollo del renzismo ed il probabile successo dell’unica alternativa visibile che sono i 5 stelle non risolvono tutto, ma probabilmente apriranno o comunque evidenzieranno l’assenza di uno spazio di dibattito e di proposta culturale che non nascerà da solo, ma va costruito consapevoli del vuoto di un pensiero riformatore che trova alimento ma non le forme di lavoro nei movimenti sociali. Gli schemi del passato sono tutti da gettare:

1) Proposte sempre in termini di elenchi della spesa, striminziti, non verificati ed intercambiabili;

2) Momenti di dibattito che confondevano suggestioni politiche e propagandistiche con realistiche e concrete analisi e progetti;

3) Dibattiti all’insegna del “3 minuti per intervento”. (comico)

4) Troviamoci tutti domenica a Pinco Palla dalle 10 del mattino alle 17 (che dopo partono i treni per tornare a casa) dove hanno 3 minuti il competente, ma anche il turista per caso o il pericoloso mitomane.

5) Conclusioni approssimate e delega a 2 temerari per tirare delle somme (i giorni seguenti) che poi nessuno legge rimanendo ciascuno sui suoi pregiudizi come se nessuno avesse ascoltato o capito il pensiero degli altri.

Cacciate chi solo vi propone questo metodo: è di sicuro un esperto in fallimenti.


In realtà quello che manca è una sede stabile ed autorevole di studio, elaborazione e confronto che sia in grado di produrre risultati praticabili, scientifici e basati su dati veri. Non è qui il momento di ipotizzare un modello di lavoro che richiede certo tempo e impegno. E riguarda l’intera riforma del nostro sistema sociale: Istituzioni e regole, tutele universali nel lavoro e nel reddito di sopravvivenza, istruzione e contrasto all’analfabetismo di ritorno, salute e strutture sanitarie etc..

Solo un esempio per indicare cosa si intende:

Caso di studio: L’uso dell’energia in Italia; stato dell’arte e proposta di un Piano energetico nazionale.

1) Raccogliere la partecipazione qualificata di tecnici professionisti del settore, appartenenti ad enti e centri universitari che si occupano del ramo, utenti con specifiche esperienze.

2) Intrattenere rapporti soprattutto informativi con operatori economici del settore.

3) Reperire dati e documentazione necessaria.

4) Predisporre proposte specifiche.

5) Prefigurare un’inchiesta pubblica fra gli stakeholders.

6) Riaggiornare e rivedere le conclusioni.


Un lavoro monumentale. Ma necessario. E scientifico, non il solito blà blà. E’ ragionevole supporre che ci vogliano mesi, forse anni; che l’impegno di chi si occupa del caso non possa essere saltuario ed occasionale, che ci siano dei costi in termini di impegno di studio, ma anche economici, significativi.

In Italia ci sono molte persone, gruppi, associazioni che si occupano in maniera settoriale dei più disparati tronconi di queste realtà. Il problema sarebbe di ricomporli in un ambito riconoscibile. Questa è una delle sfide per poter veramente voltare pagina.


• Gruppo Cinque Terre  ( Lombardia  - luglio 2016 )