Il silenzio sui massacri in Eritrea

 di Enrico Calamai *

La ter­ri­bile vicenda dei 13 ragaz­zini eri­trei mas­sa­crati al con­fine con il Sudan, di cui «il mani­fe­sto», unico tra i gior­nali ita­liani, ha meri­te­vol­mente rife­rito nell’articolo «Strage di bam­bini in fuga dal loro paese», pub­bli­cato nel numero del 2 gen­naio, dimo­stra in maniera elo­quente a che punto di nega­zione totale dei diritti umani fon­da­men­tali, incluso quello alla vita stessa, sia arri­vata la dit­ta­tura di Asmara. Si tratta di cri­mini di cui gli espo­nenti e i com­plici del regime, a tutti i livelli, dovranno prima o poi essere chia­mati a rispon­dere, in base al diritto inter­na­zio­nale, oltre che alla Giu­sti­zia del loro stesso Paese, una volta abbat­tuta la dit­ta­tura e ricon­qui­stata la libertà.
 


Pro­prio per que­sto mi per­metto di ricor­dare le sen­tenze penali con cui, nella Ger­ma­nia riu­ni­fi­cata, ven­nero con­dan­nati alti diri­genti dell’apparato sta­tale della Ddr, gene­rali e coman­danti mili­tari che ave­vano dato l’ordine di aprire il fuoco e, infine, le guar­die di fron­tiera che ave­vano spa­rato su fug­gia­schi che ten­ta­vano di pas­sare il con­fine con la Ger­ma­nia occi­den­tale, ucci­den­doli . L’operato della poli­zia di fron­tiera eri­trea rien­tra nella stessa fat­ti­spe­cie di cri­mine con­tro l’umanità, reso par­ti­co­lar­mente spre­ge­vole dal fatto di trat­tarsi di minori.

Ai mini­stri degli Esteri, Paolo Gen­ti­loni, e dell’Interno, Ange­lino Alfano, che non più di un mese fa pre­sie­de­vano a Roma la Con­fe­renza inter­mi­ni­ste­riale per il varo del cosid­detto Pro­cesso di Khar­toum, defi­nito, nella pub­bli­ci­stica uffi­ciale, momento qua­li­fi­cante della Pre­si­denza ita­liana all’Unione Euro­pea, con­ver­rebbe doman­dare inol­tre se riten­gano che i tre­dici ragazzi fuci­lati e fatti spa­rire fos­sero dei migranti e se sia que­sta la «più effi­cace gestione dei flussi migra­tori» che l’iniziativa diplo­ma­tica ita­liana intende per­se­guire. E se non sen­tano disa­gio alcuno, per non dire pro­blemi di coscienza, nel man­te­nere rap­porti di coo­pe­ra­zione, che potreb­bero un giorno venir defi­niti di com­pli­cità, con una dit­ta­tura che insieme alla Corea del Nord è con­si­de­rata tra le più feroci al mondo, oltre che con governi come quello somalo, etiope o, soprat­tutto, suda­nese, sul cui pre­si­dente Al Bashir pende un man­dato di cat­tura da parte della Corte Penale Inter­na­zio­nale. Il tutto, per sof­fo­care all’origine quelli che ven­gono defi­niti flussi migra­tori e che tali non sono, dato che di rifu­giati e richie­denti asilo si tratta.

*  por­ta­voce del Comi­tato «Giu­sti­zia per i Nuovi Desaparecidos»
da ilmanifesto.info, 7 gennaio 2015