E ora passaggio a nord-ovest
di Giorgio Nebbia *
Ricordo di essere rimasto incantato, quando ero un ragazzo, dalla lettura del libro “Passaggio a Nord Ovest” dello scrittore americano Kenneth Roberts (1885-1957), pubblicato nel 1937, un romanzone da cui fu anche tratto, nel 1940, un film di King Vidor. Nel film Spencer Tracy interpretava il “maggiore” Roberts, la mitica guida di un gruppo di esploratori inglesi nel Nord America del Settecento, alla ricerca di una strada commerciale, i commerci sono sempre stati i motori delle scoperte umane, che collegasse in qualche modo la costa atlantica a oriente con l’Oceano Pacifico a occidente. Il libro racconta le difficoltà di un ambiente ostile, occupato da bellicosi nativi, e forse è stata la prima volta che sono stato tentato di guardare il mondo attraverso un mappamondo.
L’idea del passaggio dei commerci attraverso l’Oceano Artico, dall’Atlantico al Pacifico, sia al di sopra del Canada, a nord-ovest, sia a nord-est, al di sopra della Russia, è rimasta un sogno a causa dei ghiacci permanenti superabili soltanto con piccole potenti navi rompighiaccio in pochi mesi estivi dell’anno. In questi ultimi anni il riscaldamento del pianeta. dovuto al crescente inquinamento dell’atmosfera, sta provocando la fusione di una parte dei ghiacci che circondano il Polo Nord e rende così più facile percorrere con navi i due passaggi a nord-est e a nord-ovest.
Di recente è stata diffusa la notizia che una grande nave mercantile ha viaggiato dal Canada alla Cina lungo la via marittima di nord-ovest circa 8.000 chilometri più corta di quella attraverso il Canale di Panama, con un molto minore consumo di carburante.
Nel 2016 è previsto il passaggio dall’Atlantico alla Cina addirittura di navi passeggeri, attraverso paesaggi ghiacciati mozzafiato. L’apertura delle due nuove vie d’acqua comporta numerosi problemi tecnici, scientifici, politici ed ecologici. Innanzitutto di chi sono le acque dei mari dell’Oceano Artico percorse dalle navi commerciali? La risposta non è semplice.
Nel caso del passaggio a nord-ovest il Canada rivendica la proprietà di tali acque e anzi il parlamento canadese ha di recente emanato una legge che stabilisce che il percorso deve chiamarsi “Passaggio a nord-ovest canadese”; altri paesi, come Stati Uniti e paesi europei, contestano sostenendo invece che si tratta di acque internazionali. Lo stesso discorso si sta presentando per il passaggio a nord-est al nord della Russia. Il problema non è banale perché le navi che percorrono tali tratti di mare devono informare l’eventuale “proprietario” che li stanno percorrendo, che cosa stanno trasportando e devono pagare un pedaggio. Così ai molti conflitti attuali di carattere economico, che nessuna conferenza internazionale riesce a risolvere, si aggiungono anche le controversie per stabilire chi possiede dei pezzi del mare, quello che sembrerebbe il bene comune per eccellenza.
Vi sono poi problemi tecnici; mentre grandi quantità di soldi vengono spesi per costruire navi di superlusso, alcuni cantieri nel mondo si sono specializzati nella costruzione delle meno poetiche, ma molto più utili e importanti, navi per il trasporto delle merci e delle materie prime nei mari dell’Artico: una sfida per la cantieristica del domani. L’apertura delle vie di comunicazione artiche rende più facilmente accessibili terre che nascondono nel loro sottosuolo roccioso o ghiacciato, incredibili risorse naturali. Non a caso la prima grossa nave partita nei giorni scorsi attraverso il passaggio a nord-ovest portava un pesante carico di concentrati di nichel prodotti nella costa atlantica del Canada e destinati alla Cina.
Vi sono poi aspetti più strettamente ecologici. L’apertura delle due vie di navigazione negli oceani intorno al Polo Nord rappresenta una conferma che il riscaldamento globale non è una ubbia degli ambientalisti ma una realtà destinata a manifestarsi in grado sempre maggiore. Il fatto che possa essere “utile” alla navigazione commerciale non compensa altri inconvenienti. La fusione dei ghiacci polari comporta l’immissione negli oceani di acqua fredda priva di sali che, miscelandosi con l’acqua salina e più calda del mare, altera la circolazione delle acque oceaniche. Tale circolazione governa i cicli di evaporazione e condensazione delle acque nell’atmosfera e quindi la formazione di piogge e cicloni e la sua modificazione ha quindi effetti sui continenti abitati dagli esseri umani. Alcune parti saranno esposte a piogge più intense del passato, altre a periodi di siccità con danni all’agricoltura, diminuzione dei raccolti e aumento del prezzo delle materie prime agricole e della fame nel mondo.
Quando gli ecologi invitano i governi a considerare i problemi delle loro economie su scala globale, non fanno altro che avvertire delle prevedibili conseguenze di fenomeni messi in evidenza dalla ricerca scientifica. Mentre gli stati e i governi litigano su scala internazionale, nazionale o addirittura provinciale sulle cose da fare per aumentare gli affari e la ricchezza, si stanno lentamente verificando fenomeni che vanno in direzione contraria, spingendo diecine di milioni di persone, abitanti dei paesi colpiti dalla siccità e dalla fame, ad emigrare verso paesi più ricchi e fertili. Le migrazioni di “impoveriti per cause climatiche” verso l’Europa, gli Stati Uniti, l’Estremo Oriente, non si fermano con le barriere o con i fili spinati, ma cercando di riconoscere con coraggio e attenuare l’origine di tali fenomeni, ascoltando il crescente urlo di dolore di chi bussa, inascoltato e respinto, alle porte delle “lampeduse” dei paesi opulenti.
* da comune-info.net 8 ottobre 2014
Giorgio Nebbia è un ambientalista, il suo ultimo libro è Dizionario tecnico-ecologico delle merci (Jaka book). L’articolo di questa pagina, inviato a Comune dall’autore, è stato pubblicato anche su La Gazzetta del Mezzogiorno. Altri articoli di Giorgio Nebbia sono qui