Yahoo sotto ricatto: «O i dati o la multa»

di  Chiara Cruciati * 

Stati Uniti. Nel 2007 la compagnia fu costretta dalla Nsa e dalla guerra al terrore a dare informazioni sui propri utenti dietro la minaccia di una pena pecuniaria di 250mila dollari al giorno
Una multa di 250mila dol­lari al giorno: que­sta la sala­tis­sima pena a cui Washing­ton voleva con­dan­nare il gigante di inter­net Yahoo per essersi rifiu­tato di for­nire infor­ma­zioni sulle comu­ni­ca­zione tra gli utenti.

Il caso risale al 2007, quando alle com­pa­gnie web fu ordi­nato di for­nire dati infor­ma­tici sen­si­bili sugli scambi tra utenti, ma l’apertura del pro­cesso – svolto in gran segreto – è venuta alla luce sol­tanto ieri, dopo che il giu­dice fede­rale ha dese­cre­tato parte degli atti.
 
 
Più di 1.500 pagine nelle quali il governo sta­tu­ni­tense accusa Yahoo di aver osta­co­lato la guerra al ter­rore lan­ciata da Bush e ripresa dal suc­ces­sore Obama: nei docu­menti pre­sen­tati in tri­bu­nale sette anni fa, Mike McCon­nell, diret­tore della Natio­nal Intel­li­gence (uffi­cio fede­rale nato con il fami­ge­rato «Ter­ro­rism Pre­venc­tion Act» del 2004), spie­gava che «i ter­ro­ri­sti usano Yahoo per comu­ni­care su inter­net», per cui «qual­siasi ritardo nella con­se­gna dei dati potrebbe cau­sare gravi danni agli Stati uniti». Ovvero, il colosso inter­net avrebbe dovuto for­nire tutte le infor­ma­zioni rela­tive allo scam­bio di comu­ni­ca­zioni sui siti di mes­sag­gi­stica e via e-mail.

Dagli atti pro­ces­suali, pub­bli­cati ieri dal Washing­ton Post, emer­gono i ten­ta­tivi di Yahoo di difen­dersi dalle accuse, evi­tare le stra­to­sfe­ri­che multe e sal­va­guar­dare la pri­vacy dei pro­pri utenti, secondo quanto det­tato dalla Costi­tu­zione. Yahoo si rivolse anche alla Fisa, la corte di sor­ve­glianza dell’intelligence estera, sia in primo grado che in appello. Ma la bat­ta­glia legale intra­presa fallì mise­ra­mente: Yahoo è stata tra le prime società inter­net a capi­to­lare e ad accet­tare di pas­sare dati infor­ma­tici sen­si­bili al governo sta­tu­ni­tense e al pro­gramma di sor­ve­glianza Prism della Nsa (anche que­sto, figlio della cro­ciata di Bush e del «Pro­tect Ame­rica Act»), reso noto alla stampa di tutto il mondo dalla gola pro­fonda Edward Snowden.
«I docu­menti dese­cre­tati mostrano quanto abbiamo dovuto com­bat­tere ad ogni livello per sfi­dare i ten­ta­tivi di sor­ve­glianza del governo degli Stati uniti», ha com­men­tato Ron Bell, uno dei con­si­glieri gene­rali della com­pa­gnia. Alla fine, come sem­pre accade, a spun­tarla è stata la ragion di Stato. E le neces­sità della guerra al terrore.

·           * da ilmanifesto.it     12 settembre 2014