Le elezioni in India
di Toni Ferigo *
Le elezioni in India hanno richiesto ben 35 giorni per l’esercizio del voto, iniziate il 7 aprile sono terminate il 12 maggio
Le elezioni in India, le sedicesime nella storia del paese dopo l’indipendenza, hanno visto una partecipazione record: 815 milioni di elettori erano chiamati alle urne, il 66% hanno votato, (nel 2009 erano stati il 58%). Lo scrutinio è stato presentato da molti commentatori non indiani, come un tornante storico nella politica del paese per la vittoria indiscussa del Bharatiya Jonata Party, ( BJP, partito del popolo indiano) , nazionalista e induista. Mai dopo il 1984 un partito era arrivato ad avere la maggioranza assoluta nella camera bassa del parlamento. Il BJP conta infatti 282 seggi su 543.
Diversi commentatori indiani indicano invece nella sconfitta dello storico Partito del Congresso, la grande novità di queste elezioni: 44 seggi con il 19% dei voti. Sessanta seggi in meno rispetto al 1998, data della sua prima sconfitta contro il BJP, e una perdita del 6% rispetto al 1999, data della sua peggiore performance.
La vittoria netta del PJB deve, aggiungono , essere relativizzata. Il partito è dominante ma non ( ancora ?) egemonico. Vediamo il perché.
Il BJP ha beneficiato in pieno delle distorsioni del sistema elettorale a turno unico; ottenendo il 31% dei voti ha avuto, grazie al premio di maggioranza, il 52% dei seggi al parlamento. La grande maggioranza dei voti sono però concentrati in alcuni stati del nord, la cosiddetta “cintura indiana” . Ben 190 dei 225 parlamentari nazionalisti è stato eletto in questa zona del paese. Il BJP resta largamente assente al Sud, degli stati costieri dell’Est e dei piccoli stati nel nord est. L’assenza in queste zone si spiega con la tenuta dei partiti regionali. Al nord, invece, i partiti regionali sono stati spazzati via. Risultato: la parte dei voti e dei seggi dei partiti regionali non è stata modificata ma si è modificato fortemente l’equilibrio di forze tra partiti nazionali e regionali. IL BJP può fare a meno di alleanze. Una novità politica in assoluto.
Il BJP ha quindi più le caratteristiche di un partito meta nazionale che non nazionale. Inoltre il suo sostegno si caratterizza come un voto urbano, concentrato nelle grandi città del nord dove ha avuto 84% dei suffragi contro il 64% delle zone rurali. E’ stato per questo definito “partito della classe media”.
Chi è la classe media in India? Cosa si intende con questa definizione ? Sulla base di diversi criteri, (scolarizzazione, il possesso di elettrodomestici e auto, abitazione in cemento o mattoni, un impiego impiegatizio) centri studi hanno stabilito che il 20% della popolazione indiana gode di questa situazione. Classe media è forse un termine improprio se si tiene conto che sono le élite del paese, le caste superiori e intermedie che godono dei criteri prima descritti. Si tratta in effetti della fascia sociale che si trova subito sotto alla pellicola dei super ricchi al vertice della piramide.
La classe media, da alcuni anche definita classe benestante, ha in gran parte votato contro il Partito del Congresso, per diverse ragioni. La riduzione del tasso di crescita passato sotto il 5% nel 2013, la vetustà dei dirigenti del partito, una vera e propria gerontocrazia, la crescita dell’inflazione, (7% nel 2013), con diminuzione di consumi tipici della classe media, viaggi all’estero ad esempio, un vero e proprio status symbol, le sovvenzioni ai poveri accresciute dal governo di Sonia Gandhi viste come forma di populismo anti economico, la corruzione dinastica.Tutti questi ingredienti hanno attirato l’elettorato urbano ma non spiegano da soli la sconfitta del Partito del Congresso.
Il leader indiscusso del BJP, Narendra Modi, ha lanciato con grande disposizione di mezzi il “modello Gujarat “, uno slogan che presenta le politiche economiche adottate in questo stato, di cui è stato il presidente negli ultimi 13 anni, come la via ad una crescita del benessere per gli strati sociali superiori. In effetti il Gujarat, ha attirato investimenti stranieri grazie alla costituzione di “zone libere”, tasse basse e nessun diritto sindacale. La crescita non ha giovato alle fasce sociali deboli, i salari rimasti bassi hanno fatto incentivo per investimenti stranieri di notevole dimensione, ma la classe media ha visto in queste politiche uno strumento di tutela dei suoi interessi e di promozione nella scala sociale. E’ stato il trionfo del privato. Nei nuovi quartieri ove risiede i servizi sono stati in molte situazioni privatizzati: scuola, elettricità, salute, persino la polizia.
Altro fattore. La cultura politica e sociale della classe media può essere qualificata come “illiberale” per il suo accento quasi ossessivo sull’autorità e il suo gusto per lo stile di governance delle grandi imprese. Nel 2008 una inchiesta d’opinione ha mostrato che il 51% delle persone intervistate appartenenti alle fasce sociali medio-alte erano del tutto d’accordo con la seguente proposta: “tutte le grandi decisioni riguardanti il paese dovranno essere prese da esperti piuttosto che uomini politici, il 29% erano semplicemente d’accordo (senza il molto). Gli intervistati delle fasce popolari erano invece rispettivamente il 29% e il 22%.
Narendra Madi nei tredici anni di governo dello stato di Gujarat ha non solo fatto prova di autoritarismo, ma, in quanto dirigente del movimento nazionalista indù, ha largamente dedicato il suo impegno allo sviluppo di questa organizzazione, definendosi “apolitico” e presentando uno stile manageriale. Dei grandi industriali indiani lo chiamano l’amministratore delegato del Gujarat.
Questa cultura dell’autorità si accompagna a quella della gerarchia sociale. BJP è sempre stato contrario alle politiche favorevoli alle caste dette inferiori: quote di accesso all’Università, il reddito rurale minimo garantito, le sovvenzioni alimentari.
Questo si spiega con il fatto che i suoi quadri e elettori provengono dalle caste superiori.
Terzo elemento. Il conservatorismo sociale, alla frenesia consumistica all’occidentale si unisce, paradossalmente, un conservatorismo sui temi della famiglia tradizionale, compresi i matrimoni combinati, il ripudio, la dote etc…
Il BJP si oppone a qualsiasi politica sui temi etico sociali. Considera la omosessualità un reato e fa eco alla religiosità crescente che caratterizza le fasce arrivate al benessere recentemente. Rinascono sette fondamentaliste indù il cui tipo di devozione permette ad una classe media sempre più occidentalizzata e tesa al consumo di farsi paladina delle radici culturali del paese in risonanza con il nazionalismo indù del BJP che cerca di erigere la cultura della comunità maggioritaria come fondamento dell’identità del paese.
Se il successo del BJP va relativizzato è, comunque, segno di una svolta critica: la etnicizzazione della politica. L’ideologia nazionalista del BJP stabilisce un’equazione tra la cultura della comunità maggioritaria (gli indù sono circa 80% della popolazione) e l’identità nazionale. Certo i cristiani (2%) e i mussulmani (14%) possono praticare la loro religione nella sfera privata, ma nello spazio pubblico, devono prestare obbedienza ai simboli induisti.
I mussulmani sono considerati dai nazionalisti come una minaccia, una quinta colonna del Pakistan. Non ci sono mussulmani nei ranghi del partito e nel parlamento. E’ la prima volta che nel partito vincitore non vi sono rappresentati di questa comunità.
L’atmosfera pre elettorale creata dal BJP ha fatto sì che diventasse controproducente per altri partiti la presentazione di candidati mussulmani, con il risultato che vi sono solo 23 eletti mussulmani alla camera bassa.
Narendra Modi, il modernizzatore dell’economia, è anche percepito da una gran parte degli indiani come l’uomo che ha presidiato le violenze antimusulmane nel Guajrat nel 2002. Pogrom che hanno contribuito al suo successo elettorale. Il BJP ha rimesso in atto questa strategia di divisione etnica nella campagna del 2014 nello stato dell’Uttar Pradesh. Slogans come “mendicanti non indù divenuti milionari da un giorno all’altro ammazzando le vacche” e simili hanno caratterizzato la campagna in questo stato condotta da un luogotenente di Modi che da parte sua si è presentato nell’Uttar come campione dell’induismo come ha fatto a Ayodhia, la città dove i nazionalisti hanno distrutto una moschea costruita secondo loro nel luogo di nascita del dio Ram. Modi si è anche candidato a Benares la città santa degli indù dove ha celebrato la sua vittoria con una cerimonia religiosa sulle rive del Gange.
Questo comportamento da parte di candidato alla presidenza del paese contrasta con il secolarismo indiano. Nessuno in passato ha avuto atteggiamenti simili. Il leader del BJP ha di fatto portato su scala nazionale quanto già sperimentato nel suo stato del Gujrat. Dove non solo ha rifiutato di organizzare la festa tradizionale dedicata ai mussulmani al termine del ramadan ma rifiutato di assegnare agli studenti mussulmani le borse di studio che il governo centrale aveva sbloccato. Il suo argomento non è stato di carattere economico: ha detto di voler evitare la discriminazione nei confronti dei non mussulmani quando il provvedimento si ispirava al principio della discriminazione positiva giustificata nel caso dal ritardo socio-educativo dei mussulmani e della loro povertà di risorse.
Se Narendra Modi governerà l’India come ha governato il Gujrat potrà ben avviare il paese sulla strada di una democrazia etnica, categoria usata dal politologo israeliano Sammy Smooha nel suo saggio, “Democrazia etnica: Israele come un archetipo” ( Israel Studies, 1997 ). Smooha elenca una serie di paesi ove vi sono istituzioni democratiche e si tengono regolarmente elezioni politiche, ma ove le minoranze etnico-religiose sono considerate cittadini di secondo rango. Nel caso israeliano o dello Sri Lanka, il carattere etnico dello stato è iscritto nella legge costituzionale , in altri casi, la etnicizzazione può restare ufficiosa, come in Turchia, ove il partito al potere conduce una politica di islamizzazione. Diversi commentatori non nascondono la possibilità, e la preoccupazione, che il regno del BJP possa seguire questa strada.
Oggi non si può definire, come detto, il BJP un partito egemonico, l’egemonia è anche un fatto culturale, ma la le risorse materiali che ha a disposizione e la possibilità di occupare lo spazio pubblico con uso massiccio di internet e canali Tv fa ritenere che questo sarà l'obbiettivo principale del nuovo governo. Si è calcolato che il costo della campagna elettorale sia stato dell’ordine dei 7 miliardi di dollari. La più cara del mondo dopo quella che ha permesso la rielezione di Obama nel 2012.
L’avvenire della democrazia indiana è inoltre oscurata dal progressivo controllo del mondo dei grandi affari sulla stampa. Durante la campagna ove la maggior parte dei giornali nazionali controllati da grossi conglomerati ha sostenuto Modi, si sono avuti casi di censura. Un certo numero di giornalisti politici conosciuti è stato zittito dai padroni dei giornali, vi sono stati licenziamenti di giornalisti scomodi. Alcuni hanno annunciato il loro ritiro in segno di protesta. Le ideologie saranno pure morte ma il nazionalismo identitario e il suo usa politico non lo è di sicuro. Anzi. L’India non è certo sola a correre il pericolo.
- da sindacalmente.org 8 agosto 2014