L'amore che non c'è. L'amore di cui tutti abbiamo bisogno
di Sergio Di Cori Modigliani *
L'istituto di sociologia dell'Università di Berkeley, in California, dal 1958 conduce una interessantissima indagine sulla formazione dell'immaginario collettivo degli americani, sulla loro idea di sessualità, di amore, di relazione tra maschio e femmina. La ricerca viene rinnovata ogni dieci anni e pubblicata all'alba della nuova decade per identificare i big data e i megatrends che saranno poi fondamentali nello stabilire che tipo di società sarà quella nella quale noi viviamo. La particolarità di questa ricerca consiste nel fatto che le domande sono sempre le stesse, fisse, il che l'accredita (dopo 50 anni di documentazione acquisita negli archivi) di un indubitabile valore di riferimento sociologico.
Nel 1958, quando ebbe inizio il lavoro scientifico, tra i 55 quesiti scelti, si poneva la seguente domanda: "Una giovane donna dichiara sono in cerca d'amore, secondo lei, che cosa sta cercando?". In quell'anno, la maggioranza delle risposte indicava "un buon marito, fedele e instancabile lavoratore, con il quale costruire una famiglia solida". Nel 1968 la percezione era completamente cambiata. Il 62% delle risposte indicava invece una forte tendenza pacifista "un giovane coetaneo con il quale poter far l'amore senza alcun pregiudizio, sentendosi autonoma, indipendente, libera, senza sensi di colpa, sapendo che lui sceglierà sempre l'amore piuttosto che la guerra o la carriera". Nel 1978, la risposta che andava per la maggiore era "sesso libero senza lacciuoli, senza tante domande e senza condizioni".
Nel 2008 la risposta più allarmante (a mio avviso) tra tutte: "un incontro romantico e appagante con un uomo molto ricco, possibilmente un vip".
Non c'è da stupirsi, quindi, del fatto che dal 2010 a oggi l'umanità abbia accelerato la propria corsa verso la guerra, aumentando le possibilità statistiche di produrre un gigantesco conflitto mondiale, micidiale e sanguinolento, perchè "la voglia di guerra e la spirale dell'odio", secondo tutte le scuole sociologiche accreditate, ha raggiunto il livello più alto in assoluto dal 1946 a oggi, con un'accelerazione in progressione geometrica delle spinte bellicose. Vita dura per i pacifisti e per i fautori dell'amore, come il sottoscritto.
La causa principale di questa preparazione dell'opinione pubblica verso la guerra mondiale (vedi Venezuela, Iraq, Siria, Afghanistan, Libia, Ucraina, Nigeria, e altre 57 nazioni nel mondo, coinvolte in attività belliche operative e una diffusione quotidiana di violenze) consiste nella cancellazione del dibattito, nella soppressione di notizie e informazioni e nella totale censura dei movimenti pacifisti internazionali. Si ascolta, di solito, soltanto la voce di qualche pacifinto o di qualche apparente arbitro. Il pacifista vero, invece, è sempre schierato e non è mai obiettivo, proprio mai. Il pacifista parte dal presupposto che in guerra hanno torto tutti, quindi va evitata a ogni costo. Il lavoro del pacifista è 24 ore al giorno, in tempo di pace, proprio per far sì che la pace rimanga; essa, infatti, va difesa, sostenuta, salvaguardata. Quando scoppia la guerra, il pacifista diventa un intellettuale disoccupato.
Noi viviamo la nostra quotidianità intrisi in un teatro costante di violenza che annuncia futuri scenari raccapriccianti, basta seguire l'uso del linguaggio nello scambio politico in rete, sui social networks. Se lo sommiamo all'assopimento collettivo delle coscienze, alla disinformazione, all'indifferenza, al cinismo corrente, alla mancanza di strumenti culturali, si comprende come stiano prevalendo nel mondo le pulsioni tanatogene che spingono verso la guerra.
E' necessario muoversi adesso, di corsa. Di gran corsa. Il tempo è scaduto. Lo dimostra il fatto che l'attenzione relativa all'Ucraina, alla Lybia e più di ogni altro in assoluto (per l'impatto fragoroso che avrà sull'Europa) alla possibile guerra aperta tra arabi e israeliani in Medio Oriente, è molto scarsa, per non dire quasi nulla. Se andate per strada e fermate 100 persone, italiani muniti almeno di un diploma, e chiedete loro:"Scusi lei lo sa chi è Teodoro Moneta?" è molto probabile che la maggioranza risponderà che non ne ha la minima idea. Ma se alle stesse persone chiedete se abbiano una idea di chi sia Dario Fo, Franco Modigliani, Grazia Deledda o Salvatore Quasimodo, troverete un altissimo numero di persone che risponderà: "il vincitore di un premio Nobel". Anche Teodoro Moneta è stato un italiano che ha vinto il Nobel. Ancora di più: è stato l'unico cittadino italiano ad aver mai vinto il premio Nobel per la pace, nel 1907. Presidente del comitato pacifista internazionale, nel 1905 propugnò la nascita degli Stati Uniti d'Europa con la caratteristica di fondare un'unità che avesse la particolarità di dichiarare "per principio" la neutralità dell'intero continente "bandendo la guerra come modalità di risoluzione dei conflitti inter-etnici tra le popolazioni e gli stati". Leone Tolstoij, Mahatma Gandhi e Bertrand Russell dichiaravano un'autentica devozione nei suoi confronti e Gandhi lo definiva "uno dei miei grandi maestri di pensiero dal quale ho appreso i fondamenti del pacifismo integrale". Cancellato dalla Storia d'Italia per volere di Benito Mussolini, nessuno ne ha mai più parlato. Troppo pericoloso. Oggi, riprendere il suo pensiero autoctono, geniale eredità per rifondare una grande cultura collettiva della cittadinanza italiana, lo ritengo un atto doveroso. Se siete veri pacifisti. Si fa presto a saperlo.
Osservate con attenzione l'immagine riprodotta in bacheca: se nel guardarla pensate "che bello" oppure "sì sì, questo è ciò che voglio", e vi sentite esteticamente e sentimentalmente commossi, allora siete sulla buona strada. Se invece, la vostra pulsione istintiva vi spinge verso gli israeliani o verso i palestinesi, eliminando inevitabilmente l'altro, allora voi siete dei guerrafondai a vostra insaputa.
Il M5s che si sta distinguendo in questo momento per la quantità, e per la qualità, delle occasioni politiche perse, ha qui un'occasione d'oro per manifestare a pieni polmoni la propria posizione anomala, originale, pacifista al 100% compiendo un atto che nessuna forza politica italiana, in questo momento, ha il coraggio di fare: esprimere fortemente la propria posizione nei confronti del conflitto in corso in Medio Oriente. Come pentastellato europeo, l'unica soluzione accettabile, pensabile, per la quale valga la pena di battersi, ritengo che sia quella che consente a una giovane mussulmana palestinese e a un giovane rabbino ebreo israeliano di baciarsi, di abbracciarsi, di far l'amore tra di loro, di sposarsi, senza che nessuno osi romper loro i coglioni. Come nella fotografia che vedete.
Consiglio vivamente ai responsabili della comunicazione del gruppo parlamentare europeo a Bruxelles di prendere questa immagine e farla propria. Subito. Di farsi latore, come movimento politico organizzato, di una proposta di pace, con l'effigie in bacheca come simbolo e sintomo, a nome anche di Teodoro Moneta, dall'alto della nostra grande tradizione culturale italiana di cui troppo poco (e non a caso) si parla in Europa. Così facendo si lancia nell'agone politico l'idea che sia l'Europa a tentare di coinvolgere le parti evitando la guerra. L'Europa deve scendere in campo subito, in prima fila, in prima linea e deve guidare il piano di pace, visto che sia Obama che Putin hanno gettato la spugna sostenendo "con questi qui non si riesce proprio a combinare un bel nulla". Altrimenti, a che cosa serve il parlamento europeo? A che cosa serve andare in Europa?
E' bene che sappiate che l'Italia è già parte in causa: mettetevelo bene in testa e non fate gli struzzi, è pericoloso.
L'Italia è un paese molto ricco e il sistema finanziario industriale italiano, in questo momento (perché questa è la realtà di cui nessuno osa parlare) è nelle mani di un consociativismo economico tra la finanza anglo-americana supportata dai sionisti, da una parte, e la finanza arabo mussulmana radicale sunnita dall'altra. Insieme, con l'obiettivo, a mio parere dichiarato, di espoliare la nostra nazione usando la questione Medio-Orientale come valvola di sfogo e scambio finanziario. E il Vaticano fa da convitato di pietra e da intercapedine, essendo lo Ior amministrato dal barone Von Freyburg, il più importante mercante di armi tedesco attivo sul mercato internazionale.
Il nostro paese è pieno di finanzieri ebrei e finanzieri arabi mussulmani radicali che gestiscono (insieme) le nostre esistenze. Se esplode un conflitto molto virulento in Medio Oriente, il nostro paese -neppure verranno a dircelo- si troverà dentro un mega conflitto tra colossi finanziari internazionali che useranno le loro strategie e il loro strapotere economico per far pencolare la bilancia da una parte o dall'altra. L'Europa deve chiamarsi fuori, senza prendere parte se non come furiosa forza pacifista.
Lo deve fare il parlamento europeo. Lo dovrebbe gestire il M5s in prima persona, essendo l'unica forza politica europea che non ha interessi finanziari con i mercanti d'armi, che non fa affari con i sionisti israeliani, che non fa affari con la finanza arabo mussulmana. E' un'occasione d'oro da non perdere.
Shalom.
Di seguito, vi propongo alla lettura un bellissimo articolo che era uscito sei anni fa, nel 2007 su un piccolo quotidiano locale italiano "Il Messaggero Veneto", firmato da un cattolico pacifista convinto, Giampaolo Carbonetto. Eccone un breve estratto e il link per andare a leggervelo tutto. Non c'è altro, in rete, di autentico materiale pacifista. Si trova soltanto roba che spinge per le ragioni dell'uno o dell'altro, e non è ciò di cui abbiamo bisogno.
http://ricerca.gelocal.it/messaggeroveneto/archivio/messaggeroveneto/200...
Il Messaggero Veneto: articolo di Giampalo Carbonetto. 31 Dicembre 2007.
........Provate a pensarci: quanti sanno che nel 1907 è stato un italiano, Teodoro Moneta, a ottenere il Nobel per la pace? Quasi nessuno e questo la dice lunga sull’opposizione sotterranea, ma durissima, al pacifismo in Italia, un opposizione che, se poteva essere scontata sotto il fascismo, dal 1945 a oggi non avrebbe dovuto avere più ragione di esistere, mentre, invece, non ha allentato minimamente la presa. E non soltanto a causa della lobby dei fabbricanti di armi e di mine. Provate a sentire questo elenco di nomi: Giulio Natta per la chimica, Guglielmo Marconi, Enrico Fermi, Emilio Segrè, Carlo Rubbia e Riccardo Giacconi per la fisica, Camillo Golgi, Daniel Bovet, Salvatore Luria, Renato Dulbecco, Rita Levi Montalcini e Mario Capecchi per la medicina, Giosuè Carducci, Grazia Deledda, Luigi Pirandello, Salvatore Quasimodo, Eugenio Montale e Dario Fo per la letteratura, Franco Modigliani per l’economia. Sono 19 vincitori italiani di premi Nobel e per quasi tutti sul loro nome si sono costruiti epinici e monumenti di orgoglio nazionale; su di loro ci si è diffusi con articoli, biografie, documentari, interviste. Sul ventesimo, Teodoro Moneta, l’unico italiano mai premiato con il Nobel per la Pace, è calato un assoluto silenzio: praticamente nessuno ne ha mai parlato; di lui è quasi scomparso addirittura il nome. Difficile che possa essere una casualità.
Come è difficile che possa essere una casualità il fatto che l’unico dei Papi del Novecento per il quale non sia mai cominciato neppure un processo di beatificazione sia Benedetto XV, proprio quello che ha condannato severamente la prima guerra mondiale, l’«inutile strage» e i governi che decisero di scatenarla. Perché questa esclusione? E perché tante altre persone pacifiste e di grande pensiero, anche eroiche (don Primo Mazzolari, Aldo Capitini, Danilo Dolci, Hedi Vaccaro, Ernesto Balducci, Alexander Langer, Lidia Menapace, Luisa Morgantini, tanto per citarne alcuni) sono rimaste quasi del tutto sconosciute?...........