Il gioco delle tre carte nelle elezioni in Sardegna
di Massimo Marino
Delle recentissime elezioni in Sardegna si è detto poco o nulla e i media sono rapidamente passati ad altro.
Avrebbe vinto il centrosinistra con Pigliaru (sconosciuto fuori dall’isola ai più fino a 2 mesi fa) ottenendo 36 seggi ( grazie al premio ) e avrebbe perso il centrodestra con Cappellacci (ahimè un po’ più noto ) con 24 seggi. Nessun eletto, neanche uno, nelle coalizioni degli altri 4 candidati a partire dalla scrittrice indipendentista Murgia.
La Sardegna è sul piano economico, sul piano ambientale e sul piano sociale paragonabile ad uno dei suoi tanti poligoni militari quotidianamente bombardati : un disastro. Al quale la alluvione recente ha dato un colpo mortale. I partiti quando va bene sono evanescenti, ma c’è chi sul territorio sardo ha fatto affari per decenni e gli elettori ( 1.480.332 ) sono stati particolarmente intransigenti. Non il 52,2 % come detto dai media ( che “dimenticano” sempre bianche e nulle ) ma solo il 49,9 % degli elettori ( circa 738mila ) ha votato uno dei 6 candidati governatori e solo il 46,2% ( circa 683mila) ha votato una delle 29 liste ( 1500 candidati totali ) presenti nelle sei coalizioni.
I due principali partiti , PD e Forza Italia, hanno avuto un tracollo clamoroso di voti rispetto alle regionali del 2009 ma proprio l’astensionismo di protesta da più parti annunciato contro di loro, è stato la causa inconsapevole del loro trionfale successo.
Vediamo come sia stato possibile questo miracolo al confronto del quale la moltiplicazione di pani e pesci di cristiana memoria è stata una ragazzata.
Con l’avvicinarsi del voto PD e Forza Italia nel Consiglio Regionale, in perfetto accordo fra loro e con l’opposizione di altri, modificano il regolamento elettorale ( un malinteso federalismo consente che di volta in volta si “aggiusti” a proprio favore il sistema elettorale locale ). Atto dovuto la riduzione dei seggi da 80 a 60 ( il che è ottima cosa se il sistema fosse proporzionale) . Ma il gatto e la volpe stabiliscono che le liste in coalizione non abbiano quorum mentre le coalizioni abbiano una soglia al 10% e la coalizione vincente ( c’è un solo turno come sempre) abbia un premio di maggioranza se supera il 25% o se supera il 40% ( in quest’ultimo caso ottiene ben il 60% cioè 36 dei 60 seggi totali, spartiti dentro la coalizione in modo pressoché proporzionale).
E’ ovviamente un colpo basso contro il M5Stelle, che alle politiche dello scorso anno è stato praticamente il primo partito nella regione, prima di PD e PDL, e che però, come è noto, non si allea con nessuno; ma colpo basso anche verso altre liste, più o meno amiche, costrette di fatto senza fiatare a coalizioni anche improprie oppure a scomparire; gli spiritosi la chiamano garantire la governabilità . Ma con un colpo d’artista si inventa qualcosa in più: il quorum del 10% non riguarda il candidato governatore ma la somma delle liste che lo sostengono; particolare che ovviamente sfugge alla gran parte degli elettori, in particolare a quelli che infine decideranno di andare al seggio, con qualche difficoltà a discernere fra 29 liste.
Come è noto il vero e proprio assalto alla lista del M5Stelle, gli scontri e i dissidi fra i vari gruppi locali oltre a varie interferenze esterne, hanno poi portato Grillo , e chi con lui decide, alla scelta ( che io reputo coraggiosa e giusta), di non presentare la lista dei 5stelle considerando rischiosa e non matura la presenza alle regionali. Acquisiva quindi una certa visibilità di “terzo polo” la coalizione di tre liste a sostegno della scrittrice autonomista Michela Murgia alla quale vari sondaggi davano addirittura chance di vittoria.
I due partiti dell’accordo invece devono affrontare qualche problemino di impresentabilità dei candidati. Il PD a 50 giorni dal voto deve inventarsi un diverso candidato governatore trovandolo in Francesco Pigliaru, docente di Economia all’Università di Cagliari. Non è una figura nuova. Dopo essere stato, come chi scrive, scapestrato militante di Lotta Continua in gioventù, ha messo la testa a posto fino a diventare Prorettore, valente esperto in Economia, membro del Consiglio di amministrazione del Banco di Sardegna, poi Assessore alla Programmazione e Bilancio nell’ultima giunta Soru, dimettendosi a inizio 2004 quando Soru lo congedò di fatto e assunse a sé la Programmazione economica regionale. Nota la sua illuminante opinione che “è la burocrazia che uccide la Sardegna”. Aderente al PD e recentemente scopertosi sostenitore del renzismo, nel settembre scorso era intervenuto ad un convegno organizzato dai renziani di “Big Bang Sardegna” dal titolo “La politica è una cosa bella”. Il 6 gennaio 2014 è stato quindi scelto dal Partito Democratico renziano come candidato presidente alle elezioni regionali, in sostituzione della vincitrice delle primarie del settembre 2013 Francesca Barracciu, ritiratasi in seguito all'indagine che l'ha vista coinvolta sull'utilizzo dei fondi ai gruppi consiliari.
Il tracollo elettorale di PD e Forza Italia è stato clamoroso.
Il PD è passato dai già calanti 204mila voti del 2009 a 144mila ( circa il 9,8% del corpo elettorale rispetto al 13,4% del 2009), ma ha ottenuto ben 19 dei 60 seggi, quasi 1 su 3.
Forza Italia, da cui mancava la costola di Alfano che non ha presentato la sua nuova creatura, il NCD, ha ottenuto circa 130mila voti contro i 249mila del 2009 ( circa l’8,8% degli elettori rispetto al 16,4% del PDL nel 2009 ) ma comunque 10 seggi .
Sorprendentemente nessun seggio per la Murgia perché, pur avendo superato il 10%, le sue tre liste sono rimaste al di sotto.
Le 10 liste (14 partitini) alleate con il PD hanno avuto tutte degli eletti : dai 4 seggi di SEL ( 5,18% con il particolare successo di Cagliari ) fino a 1 seggio di La BaseSardegna/Arbau ( 0,71%) . Di rilievo il risultato della lista a tre Rifondazione/Comunisti Ita/ Sinistra Sarda ( 2,03% e 2 seggi !) e quello della lista IdV/Verdi , che riscalda i motori per presentarsi alle elezioni europee in rappresentanza dell’ecologismo italiano ( 1 seggio con l’ 1,1%) . I 14 partitini comunque , nel loro insieme hanno portato circa la metà dei voti e 17 dei 36 seggi per Pigliaru. Si conferma anche qui la fine del bipolarismo che resiste alla totale disgregazione soltanto con accordi per leggi truffa fatte in modo da aggirare la volontà degli elettori. La somma dei voti di PD e FI è stata pari al 18,5% del corpo elettorale mentre quella di PD e PDL nel 2009 era pari al 29,8%.
Il capolavoro dei Verdini locali ( qui si intende quello di Berlusconi-Renzi ) ha fatto quindi trionfare il PD, ha dato un momento di ebrezza a una decina di partitini gregari, divisi probabilmente in 10 gruppi consigliari diversi e del tutto irrilevanti, regalato comunque un buon premio di consolazione alla coalizione Forzitalica che prende 24 seggi divisi fra 7 liste ( in tutto avremo quindi 18 gruppi consigliari almeno per cominciare, poi si vedrà ). Se vi interessano altri particolari li trovate qui.
Cosa sarebbe successo se si fossero attribuiti invece i seggi in misura proporzionale ai voti ( cioè alla volontà della parte più virtuosa degli elettori che si è recata ai seggi ) mettendo un ragionevole limite per tutti al 5% ? Si sarebbero presentate ragionevolmente non più di 10 liste ed al massimo 7-8 avrebbero superato il 5% e ottenuto dei seggi ( la Murgia , che ha denunciato l’imbroglio prima del voto, avrebbe ottenuto almeno 6 seggi ) . Da 10 a 12 partitini, alcuni pressoché inventati, avrebbero mancato il risultato invece ottenuto con questo incredibile marchingegno. Con il sistema proporzionale limitato si sarebbe quindi ridotta a metà la frammentazione e garantita molto di più la volontà degli elettori favorendo una maggiore aggregazione, serietà e stabilità delle forze politiche invece di questi marchingegni truffaldini mirati solo a svantaggiare qualcuno e premiare forzosamente altri.
Certo potremmo dirci comunque moderatamente soddisfatti perché Cappellacci e le sue temerarie concezioni dei Piani Paesaggistici e della vocazione dell’isola non ci mancheranno, se sarà così... Costatando però che i nazareni di oggi, inventando meccanismi elettorali che restano oscuri agli elettori, riescono a fare più miracoli di quello di 2000 anni fa …
Ma non è finita qui. Dimenticavo di dirvi della lista Pili ( qui viene il bello.. ).
Mauro Pili (“testa dritta, schiena alta” il suo slogan elettorale pieno di contenuti ) non è uno qualunque ma è stato per almeno 10 anni il riferimento di Berlusconi sull’Isola. Prima sindaco di Sassari, poi famoso come candidato Presidente della regione più volte senza mai riuscire ad avere una maggioranza , infine deputato del PDL nel 2006 e nel 2008, nel novembre scorso ( meno di 4 mesi dal voto) scopre una improvvisa vocazione autonomista, esce dal PDL e fonda nel gruppo misto la componente Unidos. Sorprendentemente alle regionali si presenta per conto suo con 4 listarelle in coalizione e naturalmente, come ampiamente prevedibile, arriva appena sopra il 5% e non elegge nessuno. Non sono in grado , e credo non solo io, di interpretare la sua defezione dell’ultima ora ( qualche idea ce l’ho ma non la dico) ma devo aggiungere che la vittoria di Pigliaru ( 42,45% ) rispetto a Cappellacci ( 39,65 %), con 20.000 voti di scarto ( 313mila contro 293mila) è, come si dice, “ un colpo di culo “ o nel caso specifico una vittoria per un Pilu, non solo perché in realtà le 7 liste del centrodestra hanno preso più voti delle 11 del centrosinistra ( circa 300mila contro 290mila) ma perché senza la defezione di 37.000 voti di Pili e l’assenza di Alfano, il miracolo dei nazareni si sarebbe capovolto nel suo esatto contrario.
Tutto ciò per dire che non si può giocare con i sistemi elettorali a propria convenienza dimenticando che stiamo parlando della democrazia e della volontà degli elettori, che hanno diritto di capire quale probabilità ha il loro voto di andare al partito che hanno immaginato di votare. E che in questi sistemi truffaldini c’è sempre un diavoletto che può metterci la coda.
PS. qualcuno si potrebbe chiedere dove sono finiti alla fine gli elettori del M5Stelle del febbraio 2013. Secondo l’Istituto Cattaneo almeno il 60% si è astenuto dal voto e solo un 30% si è diviso in parti uguali fra l’area PD e quella FI.
Insomma tutti a casa e a suonare la musica sempre gli stessi…..