L’inquinamento luminoso: il buio e l’illuminazione sono un bene comune
di Giovanni Chiambretto *
Ai tempi i giornali non diedero il giusto risalto ad un fatto che si verificò subito dopo il terremoto Northridge del 1994 in California. Dopo il terremoto si creò un black-out elettrico in vaste zone della regione di Los Angeles. Gli abitanti usciti di casa la notte al buio videro il cielo punteggiato da miriadi di stelle. Moltissimi, forse suggestionati dai film “ The day after” o “Indipendence day”, temettero che stesse succedendo qualcosa di ancora più grave del terremoto ed i centralini della polizia e dei vigili del fuoco furono inondati da telefonate di cittadini spaventati che pretendevano di sapere cosa stava succedendo sulla loro testa. Semplicemente non avevano mai visto un cielo stellato.
Recentemente l’illuminazione è venuta d’attualità in quanto nella Spending Review il governo Monti ha introdotto degli interventi di riduzione dell’illuminazione pubblica per risparmiare.
L’argomento è serio.
Alcuni dati: - Non tutti sanno che negli ultimi 15 anni il flusso totale di luce dell’illuminazione pubblica, in Italia, è raddoppiato e ci situiamo su di un consumo medio pro capite di 107 kWh per abitante mentre la Germania è a 50 la nordica Gran Bretagna a 42; ci batte la Spagna con 116.
L’esposizione alla luce notturna (in particolare per la luce bianca con forte componente blu, come quella prodotta dai LED normalmente usati oggi, tende a ridurre la produzione di melatonina ed a modificare i ritmi circadiani. Non mi dilungo su dati medico-statistici che si possono trovare in rete specie partendo dai link di CieloBuio, sito dell’omonima associazione che da anni si batte contro l’inquinamento luminoso. In altre parole ci stiamo sballando di luce per niente e non ce ne accorgiamo.
Nessuno sa con esattezza, ma forse neanche con approssimazione, quante siano le lampade accese all’aperto tutta la notte in Italia. Considerate che oltre ai classici lampioni stradali ci sono l'illuminazione di monumenti, punti luce sulle ciclabili, nei giardini pubblici e privati, all’esterno dei condomini, lampade votive nei cimiteri, insegne luminose, etc. Parecchi italiani, quando vanno a dormire, per diverse ragioni, esempio la paura del buio, hanno il loro lampioncino privato acceso tutta notte che illumina se stesso e basta. Come non si sa con certezza quanti siano, così non si sa con certezza quanto costino all’anno fra consumi di energia elettrica e manutenzioni. Prudenti stime parlano di 8/10 milioni di lampioni solo per quanto riguarda l’illuminazione pubblica stradale. Chi ha tentato di estrapolare da Comuni campione ritiene che il numero di lumini votivi potrebbe essere compreso in una forbice che va da 6 a 12 milioni accesi in aree (i cimiteri) chiuse al pubblico di notte ad esclusivo beneficio dei defunti là residenti.
Nonostante che dal 2000 alcune Regioni si siano dotate di normative che tentano di regolamentare la materia, i risultati appaiono poco incoraggianti tanti e tali sono gli interessi costituiti che su questo far west affondano da decenni le loro radici. Si può concludere che l’insieme del nostro sistema di illuminazione all’aperto è mal disposto, sovradimensionato, in gran parte obsoleto e di conseguenza inutilmente energivoro e mal gestito. Eppure si parla di un comparto produttivo e di servizi abbastanza significativo. I consumi, solo di energia elettrica consumata per la sola illuminazione pubblica, sono di circa 6300 milioni di kWh. Mentre i costi energetici si superano il miliardo di euro con i continui aumenti del costo dell'energia elettrica per i comuni (+140% negli ultimi 7 anni). Il consumo si attesta attorno al 2% del consumo elettrico complessivo, in pratica due grandi centrali elettriche funzionano solo per questo, tralasciando tutto quanto non è illuminazione pubblica.
Non esiste una regolamentazione nazionale, né studi per la razionalizzazione del disastro esistente, né una politica industriale, nemmeno una seria consapevolezza né nella pubblica amministrazione, né nel mondo politico, né nei media, né nel pubblico, dei problemi sociali ed economici che questo comparto rappresenta. Eppure proprio per il suo sfacelo, l’argomento potrebbe essere l’occasione di una straordinaria opportunità.
Proviamo ad analizzare più in dettaglio le cifre. Dei quasi 10 milioni di lampioni per l’illuminazione pubblica si stima che circa 3 milioni siano ancora ai vapori di mercurio (per intenderci sono ad alto consumo) e fanno parte di impianti sicuramente obsoleti. Bisogna cambiarli. Per l’esattezza non basta sostituire la lampadina ma bisogna cambiare anche il 'lampadario'. Senza pretendere di fare rivoluzioni dall’ oggi al domani e simuliamo di impostare un programma decennale di sostituzioni per passare al sodio (meno energivora) si può calcolare che si sostituiranno 300.000 apparecchi all’anno. Al costo di 200 Euro cadauno, parliamo di un investimento di circa 60 milioni di Euro all’anno.
Ancora: Avete mai pensato cosa si potrebbe risparmiare sostituendo tutte le lampadine dei semafori con LED? Io ci ho pensato, ma dal momento che non si riesce a sapere quanti sono i semafori in Italia, non azzardo una stima. Si sappia solo che i semafori usano le tradizionali lampade ad incandescenza, le meno efficienti, ma le uniche che fino all'avvento dei LED potevano essere accese e spente istantaneamente. Si può passare da una lampada da 70 W ad una a LED da 15 W.
Altro argomento: In generale la rete di illuminazione pubblica si accende ad una certa ora e si spegne ad un'altra indipendentemente dall’utilità di questa illuminazione. Per cui vediamo ciclabili in aperta campagna illuminate a giorno nelle notti d’inverno, immensi parcheggi di supermercati, di enti pubblici, di ospedali , completamente vuoti di notte ed illuminati in una fantasmagoria di lampioni che illuminano nessuno. Vediamo anche che la quasi totalità delle vie urbane ed extraurbane da una certa ora in poi sono deserte.
Ci sono esperimenti riusciti (anche in Italia) per rendere più intelligente questa rete di illuminazione. Certi lampioni possono essere spenti, altri possono essere spenti uno sì, uno no, in altre zone può essere disposta una significativa attenuazione del flusso luminoso da una certa ora in poi. Di rado sono collocati sensori che determinano l’accensione in presenza di oggetti o persone in movimento. Senza pretendere di esaurire l’elencazione delle tecnologie già ora disponibili, si può osservare come una generale revisione delle modalità di gestione degli impianti possano condurre oltre che a importanti risparmi energetici ed economici, anche a grossi vantaggi sul piano dell’inquinamento luminoso, non solo quello astronomico, che pur è culturalmente importante, ma l'inquinamento luminoso ambientale. Da qui ne discende una percezione diversa che gli esseri umani (e gli animali) hanno della notte, un miglioramento anche in termini di salute. Questa revisione generale comporterebbe la ridefinizione degli scopi dell’illuminazione ed una riprogettazione di tutti i comparti in ragione delle accertate necessità di ciascuno in termini di intensità, orari, tipo di illuminazione. Si tratterebbe quindi di una riprogettazione e conseguentemente di una ristrutturazione delle reti introducendo tecnologie più raffinate con riduttori di flusso, temporizzatori, diverse configurazioni dei tratti di rete, sostituzione di lampade etc..
Si dovrebbe promuovere formazione di tecnici dell’illuminazione ed ingegneri che padroneggino la materia, si dovrebbero utilizzare queste competenze già dove esistono. In altre parole la progettazione di impianti abbastanza complessi non dovrebbe essere più un aspetto residuale della predisposizione di un impianto di illuminazione, ma dovrebbe essere il cardine della predisposizione di quello che è un servizio pubblico ed un bene comune. Ma anche si dovrebbero affinare le capacità degli artigiani del settore, coinvolgere i produttori di materiale elettrico, qualificare i funzionari pubblici preposti ai controlli.
Sento già chi dice: ma con che soldi? Ho fatto un sogno (finora per l’Italia di sogno si tratta). Il governo predispone un piano decennale di razionalizzazione dell’illuminazione pubblica che presupponga progressivamente la sostituzione di tutte le lampade energivore, la riprogettazione delle reti e la ristrutturazione delle stesse sulla base di poche regole chiare valide su tutto il territorio nazionale. (Poche chiacchiere: il federalismo come non si può applicare al calcolo dei cementi armati, ai principi della fisica, non si può applicare neanche all’illuminotecnica: è così e basta) La cosa si finanzia da sé. Si potrebbe definire un fondo a rotazione cui enti o società che hanno in carico l’illuminazione pubblica accedono, secondo ragionevoli graduatorie, e che verrebbero rimpinguate coi proventi dei risparmi conseguiti, consentendo nuovi giri di ristrutturazione. Potrebbero essere convenzioni con le banche garantite dallo stato, potrebbe essere un ritorno della Cassa Depositi e Prestiti alle sue originarie vocazioni. Non bisogna trascurare poi come anche le grosse aziende del settore, di fronte ad un piano decennale garantito dallo stato di un valore stimato diciamo di 300/400 milioni annui (che fanno 3-4 miliardi in 10 anni) sarebbero stimolate ad investire ed assumere per strutturarsi in modo adeguato alla sfida. Ciò magari scommettendo anche sul qualificare meglio e rendere più concorrenziali le possibili esportazioni di prodotti, know-how e tecnologie. Un patto produttivo di qualità che potrebbe legare produttori, enti locali, aziende di credito, cittadini (rappresentati da associazioni) per promuovere, finalmente nella pratica, un modello di sviluppo virtuoso, almeno di una filiera produttiva e di servizi. Il fatto curioso poi è che una volta a regime questo sviluppo, portando ad un consistente risparmio energetico, comporterà una riduzione del PIL.
Questo sogno non può esaurirsi in un articolo in una newsletter. Questo è solo un’ipotesi di come ci si potrebbe porre nei confronti di queste problematiche che riassumono le problematiche anche di altri settori. Mi limiterò ad accennare a due aspetti da approfondire. Uno è la tecnologia LED. L’altro il ruolo della cittadinanza. I LED E’ indiscutibilmente la tecnologia del futuro. Non credo però che sia già matura né che abbia dato tutto quello che potrebbe dare. C’è ancora molto da fare sia in termini di qualità della luce, sia di affidabilità, sia di costi, sia di ciclo produttivo. Gli Stati che per primi arriveranno nella ricerca avranno in mano una tecnologia ed un know-how con una marcia in più non solo sul mercato domestico, ma a livello globale. Perché non associare ad un piano decennale della luce anche un progetto di ricerca che coinvolga lo stato, le università e le aziende per promuovere un centro di eccellenza in materia? Il ruolo della cittadinanza Siamo abituati a che in Italia anche la migliore idea, quando viene messa i pratica, si decompone nei meandri dell’inefficienza, dell’incompetenza, della corruzione. Il tutto avviene alle spalle dei cittadini.
Le scelte amministrative sono pubbliche solo di nome; chi può interloquire deve dimostrare un interesse specifico diretto (e questo restringe da subito la platea degli aventi diritto) per cui decidono in pochi e controlla nessuno ed alla fine si scoprono casi che nemmeno Totò aveva avuto il coraggio di mettere in scena. Allora perché non mettere in campo i cittadini. Ad esempio potrebbe essere inserito nella legge del piano decennale dell’illuminazione che qualsiasi cittadino in quanto contribuente alle spese ed utente dell’illuminazione pubblica ha diritto sia all’accesso a tutte le informazioni gratuitamente, sia ad adire a giudizio in tribunale nel caso che egli verifichi la mancata rispondenza pratica in termini illuminotecnici, energetici ed economici delle realizzazioni completate. Inoltre si dovrebbe sancire la responsabilità in solido (cioè pagano di tasca loro) di amministratori, tecnici e funzionari che gestiscono questo piano decennale in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati. Il discorso porta lontano, ma è solo l’inizio. Adesso la parola dovrebbe passare ai protagonisti di questo possibile patto per definire un progetto credibile e praticabile. Nel mentre si scriveva questo articolo,alla camera, la commissione ambiente prima e la commissione bilancio poi, hanno bocciato ( e archiviato ) gli articoli del decreto chiamato , “ cieli bui “ . Complici anche i commenti demenziali su vari media secondo cui l’idea di “ spegnere le luci “ poteva danneggiare l’immagine del governo Monti . Che per la verità ha ben altre e consistenti motivazioni per essere archiviato.
La proposta cieli bui, fra l’altro ispirata al lavoro di un gruppo ecologista è una delle poche, forse l’unica iniziativa di un anno di Monti positiva e auspicabile. Nella generale indifferenza i partiti montiani la hanno archiviata. Ripassando gli atti parlamentari della riunione della Commissione Ambiente della Camera del 24 Ottobre scorso, si evince che fra tutti gli argomenti trattati si è parlato di questo progetto nelle sessioni che vanno dalle 10,05 e le 10,45 dalle 14,05 alle 15,00. Sull’argomento si sono espressi in tutto tre parlamentari con argomenti assolutamente superficiali ed infine i tre quarti della norma sono stati cassati. (all’ultimo quarto ha poi provveduto la commissione bilancio).
Riporto qui sotto la sintesi dell’intervento dell’Onorevole Realacci che, come ex presidente di Legambiente, forse ha espresso il livello più alto di consapevolezza di tutta la compagnia: << Ermete Realacci (PD), nell’associarsi a quanto appena detto dalla collega Mariani, sottolinea l’importanza ………. Conclude, quindi, esprimendo forti perplessità per le previste misure in tema di spegnimento dell’illuminazione pubblica a fini di risparmio energetico, soprattutto nelle città, ritenendo ben più efficaci e adeguate misure dirette ad agevolare e promuovere investimenti, pubblici e privati, in nuove tecnologie capaci di coniugare al meglio l’obiettivo della riduzione delle spese con quello della garanzia di una moderna e sicura vita quotidiana per i cittadini e per le famiglie….>>. Non faccio commenti. Con questa gente non ne veniamo più fuori.
Dovremo aspettare le prossime elezioni e , si spera, una bella ripulita nelle due Camere ammuffite e buie che dovrebbero esprimere il governo del paese; poi la questione andrà riproposta con più vigore.
Giovanni Chiambretto (Gruppo Cinque Terre – Lombardia )